editoriale

Piero Angela ci ha lasciati oggi. Non c’è molto, in realtà, per cui essere tristi.

Piero Angela ci ha lasciati oggi.

Non c’è molto, in realtà, per cui essere tristi.

La vita che ha vissuto è una vita che possiamo solo invidiare, che possiamo solo augurarci di vivere.

Non è stato un miliardario, non è stato un grande uomo politico.

In quanto a potere economico o politico, non si può dire che ne abbia mai maneggiato molto.

Il potere che l’ha reso un gigante, in questo nostro Paese sempre più abituato a mezze figure senza né arte né parte, è stato quello della mente.

Per oltre mezzo secolo, Piero Angela ha dominato la vita culturale italiana, non tanto per propri meriti scientifici o letterari (sebbene fosse senz’altro intelligente come pochi), quanto per il suo talento nel “coltivare” la cultura.

Guardando Piero, ascoltando Piero, ci sentivamo tutti invogliati ad essere migliori, più curiosi, meno faciloni.

Favorire il degrado intellettuale è facile e può anche essere divertente.

Combatterlo è uno sforzo ingrato, che Piero si è addossato e che ha portato avanti con successo.

Nella morte, non lascia solo un figlio che ha già reso onore al suo nome, e che certo continuerà a farlo in futuro.

Lascia anche noi, il suo pubblico, noi ventenni, trentenni, quarantenni, perfino cinquantenni e sessantenni!

Noi che siamo cresciuti con la sua voce, che anche grazie a lui abbiamo scoperto in noi stessi le doti morali ed intellettuali che lui possedeva in massimo grado.

Noi che oggi ci siamo tutti fermati un attimo per guardarci intorno.

Noi che oggi gli diciamo addio, e grazie.

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