Archeologia e storia del territorio gelese

LA “SPERANZA” É L’ULTIMA A MORIRE, A MENO CHE NON SIA GIÀ MORTA

Tra gli avvenimenti, escludendo gli spiacevoli fatti di cronaca, che con una certa frequenza si ripetono e in misura diversa coinvolgono la realtà gelese, si possono annoverare le scoperte archeologiche. Il fenomeno, vissuto in maniera trasversale da diverse generazioni di gelesi, non dovrebbe destare tanta meraviglia discorso diverso per le scoperte davvero di carattere eccezionale come i relitti antichi dai fondali di Bulala o le arule e gli ambienti rinvenuti a Bosco Littorio.

Nonostante la cosa non rappresenti né una rarità né una novità, ad ogni rinvenimento di contesti archeologici, in città si registrano quasi sempre reazioni di grande entusiasmo. Spesso gli organi di informazione locale, seguiti a ruota da ciò che si produce attraverso i social, condiscono le più comuni scoperte archeologiche e il semplicissimo lavoro svolto in un cantiere di scavo, routine comune per gli addetti ai lavori, con epiteti superlativi e sensazionalismo .

Non si contano più riferimenti a misteri che riguardano il ritrovamento di tombe, mezzi sarcofagi definiti intatti , scarabeo egizo palesemente falso fatto passare per straordinaria scoperta , buchi nella pietra definiti come improbabili calendari astronomici, cosa smentita da professori in relazioni molto dettagliate e da esperti archeologi che hanno definito la “scoperta” solo una tomba sfondata, come se ne trovano tante sia nel territorio che nel resto della Sicilia.

In tutti questi anni le innumerevoli scoperte hanno restituito ingenti quantità di materiali. In città non si è mai visto organizzare una mostra, tante le promesse, mai un convegno per illustrare tanta attività scientifica.

Gli ultimi reperti da scavo contestualizzati all’interno del museo risalgono agli inizi del nuovo millennio, da allora nulla, senza contare tutti i reperti prelevati dai depositi e  dalle collezioni poi trasferiti in altre sedi, Caltanissetta in primis. Gli unici materiali acquisiti dal museo sono quelli di provenienza subacquea provenienti dai fondali di Bulala, reperti consegnati, dopo studio e restauro, alla fruizione nel museo di Gela dalla Soprintendenza del Mare .

Poco altro si può aggiungere, un cratere laconico a volute recuperato in Svizzera, reperti da qualche sequestro di materiali archeologici, non da tutti, operato in città ,qualche donazione e pochi ,ma importanti reperti, di una stipe con materiali di VII e VI secolo a.C rinvenuta sull’acropoli piu un cratere attico proveniente da Bosco Littorio, reperti questi recuperati dal museo grazie all’interessamento dell’associazione Salviamo la bellezza.

Come giustificare e spiegare tanto entusiasmo e tanto sensazionalismo allora ? Un quadro così desolante della situazione come fa a non produrre indignazione? Con quale coraggio si parla di turismo e di promozione culturale quando non si riesce a garantire nemmeno per la comunità locale un livello decente di accesso alla cultura, diritto garantito dalla Costituzione.

Continuare a ripetere che tutto è sensazionale, eccezionale, mai visto prima e di fama internazionale , somiglia più alla promozione di uno spettacolo al circo che ad un reale desiderio di riscatto culturale. I proclami e le belle parole a poco servono, nella realtà tutti i limiti si manifestano con disarmante evidenza.

Come dimenticare le grandi manifestazioni organizzate presso le “Mura di Moleontei” o alle “Mura di Timoleontee” , come non apprezzare l’impegno di un rappresentante dell’attuale amministrazione recatosi a Palermo per sollecitare la riapertura del “Mercato etrusco ” di Gela (sic.).

La situazione è disastrosa ed anche tentare di vedere il bicchiere mezzo pieno diventa un compito arduo. È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesima scoperta. Nel cantiere di scavo di via Di Bartolo è stato ritrovato uno scheletro, qualcuno non ha perso l’occasione per definire anche questa scoperta straordinaria; certo uno scheletro nell’area di un cimitero antico è da annoverare tra le cose fuori dall’ordinario.

Lo scheletro ,dagli scavatori , è stato chiamato Speranza. Il battesimo di uno scheletro rappresenta una cosa inedita nella storia dell’archeologia a Gela. Uno scheletro chiamato Speranza dunque, ma rimarrà a Gela Speranza ? Finirà nei depositi del museo di Caltanissetta come il contenuto delle sepolture ritrovate a Gela in via Aldisio Sammito, Bentivegna, Cappuccini ed altre vie del borgo negli anni 2010/2011 ? C’è speranza di non vedere più i reperti archeologici gelesi portati altrove? C’è speranza di vedersi restituire tutti i reperti trasferiti? Intanto speriamo che il cantiere di via Di Bartolo non venga più allagato dai liquami provenienti dalla straordinariamente scassata condotta fognaria vicina al cantiere di scavo.

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