Varie

27 novembre: a trent’anni dalla strage del 1990

YouTube player

La sera del 27 novembre 1990 alle ore 19:00 iniziarono una serie di quattro agguati coordinati in quattro punti della città: il primo è stato messo appunto in una sala giochi del centrale Corso Vittorio Emanuele dove furono assassinate due persone e diverse furono ferite. Subito dopo una terza persona, in fuga dalla sala, muore sul marciapiede opposto. Più tardi alle ore 19:07 scatta il secondo agguato: mentre le prime pattuglie dei Carabinieri e le ambulanze arrivano nella sala del Corso, i centralini della città indirizzano altre volanti in via Tevere verso il quartiere Settefarine, costruito negli anni 60: a terra, presso una baracca dove si vendevano ortaggi ci sono ben tre cadaveri e molti feriti. Infine vengono messi a segno il terzo ed il quarto agguato: tra le 19:15 e le 19:18 altre due persone vengono uccise davanti a una macelleria di via Venezia ed in via V25, a poca distanza dal cimitero monumentale, una delle quali era un boss affiliato al boss latitante Giuseppe Madonia.

Il bilancio fu di otto morti e undici feriti, accertati dopo le 22 del 27 novembre 1990. Le vittime erano:

Emanuele Trainito, 24 anni, ucciso alla sala giochi di Corso Vittorio Emanuele

Salvatore Di Dio, 18 anni, ucciso alla sala giochi di Corso Vittorio Emanuele

Giuseppe Areddia, 17 anni, ucciso in Corso Vittorio Emanuele

Serafino Incardona, 33 anni, ucciso in via Tevere

Giovanni Domicoli, 32 anni, ucciso in via Tevere

Nicola Scerra, 36 anni, ucciso in via Tevere

Francesco Rinzivillo, 45 anni, ucciso alla macelleria in via Venezia

Luigi Blanco, 35 anni, ucciso in via V25 nei pressi del cimitero monumentale

La strage fu pianificata da un’eterogenea coalizione, composta da membri delle tre principali famiglie stiddare della città, Iocolano, Iannì e Cavallo, coadiuvati dai Russo di Niscemi, i Carbonaro di Vittoria e i Sanfilippo di Mazzarino, tesa a dare un’evidente prova della forza raggiunta a livello provinciale e non solo dagli ex pastori.

 

 

Questa è la cronaca di quella terribile serata. Io, Liliana, ricordo solo la concitazione di un momento di cui non capivamo la portata. Muovevo i primi passi nel mondo del giornalismo. Praticamente non facevo nulla di importante. Qualche servizio sul teatro che, a quel tempo, era attivo al cine teatro Royal; qualche comunicato stampa estrapolato dai fax cartacei e la lettura del telegiornale. Eravamo tutti lì, i giovani di allora: tutti ad imparare il mestiere. E Gela era un’ ottima palestra. Troppo attiva in verità. Quella sera , alle 19 c’eravamo tutti: io, Fabrizio Parisi, Vincenzo Di Dio, Massimo Sarcuno, ognuno con i suoi compiti. Il telegiornale sarebbe andato in onda alle 21, quindi era quasi pronto. L’ultima limata qua e là e si poteva partire. All’improvviso il silenzio di quella che doveva essere una sera qualunque di Novembre, è stato squarciato da una serie di spari. Nessuno avrebbe potuto immaginare quello che era accaduto ed il momento storico che stavamo vivendo seppur in altro loco. Dopo qualche minuto abbiamo sentito le sirene delle auto civette della polizia. Ci siamo affacciati dalla terrazza  al 4 piano dello studio di via Picceri, a ridosso del corso Vittorio Emanuele ed abbiamo visto le auto che percorrevano il corso nelle due direzioni, verso sud e verso il nord della città. Io non ci capivo nulla. Era una notizia più grande di noi. Da quel momento in poi è iniziata una notte di fuoco, in senso lato. Il fuoco incrociato si era consumato in 20 minuti. Il motivo dei due sensi di marcia era che le stragi sono state tre in tre punti diversi della città.

Il telegiornale andò in onda. Lo lesse Fabrizio. A telegela gli altri giovani giornalisti nostri coetanei. In apertura non era chiaro il numero dei morti: 4 o 5, si disse. La confusione era totale.

Da quel giorno gli anni di piombo: era il tempo in cui si sparava di giorno e di notte. Si sparava in via Bresmes, in piena piazza centrale quando la gente passeggiava. Nel ’92 l’omicidio Giordano che segnò un’altra tappa di quella guerra senza fine. Cortei, assemblee non servivano a nulla. A quel tempo il coprifuoco era naturale, non veniva imposto dal Governo. Qualche altro anno di guerra aperta, i maxiprocessi e poi la pax e i colletti bianchi che si infiltrano nelle gare di appalto con qualche attentato incendiario notturno e tanta diplomazia….

 

 

Mostra Altro

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button