Economia

L’Italia cerca l’indipendenza dal gas russo.

Aumento degli stoccaggi di gas, massimizzazione delle capacità di rigassificazione esistente e realizzazione di nuovi impianti gnl. Raddoppio del gasdotto Tap, più importazioni di gas da Algeria e Qatar. E un’accelerazione sulle rinnovabili, che al momento sono bloccate da burocrazia e lunghi iter autorizzativi. Sono queste le strade che l’Italia intende percorrere per ridurre in tempi rapidi la propria dipendenza dal gas russo. Obiettivo che si potrebbe raggiungere in 24-30 mesi, secondo le previsioni del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Il primo passo sarà aumentare l’acquisto di gas naturale liquefatto (gnl). «Abbiamo tre rigassificatori al 60% che potranno essere portati a una efficienza migliore. Quest’anno poi – ha detto Cingolani – installeremo il primo rigassificatore galleggiante e poi costruiremo altre infrastrutture nei prossimi 12-24 mesi».

I rigassificatori in Italia

I tre rigassificatori attualmente in esercizio sono in grado di immettere in rete circa 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari al 20% del fabbisogno nazionale. Gli impianti in questione sono: Adriatic Lng, a Porto Viro in provincia di Rovigo, di proprietà di Qatar Petroleum, ExxonMobil e Snam, con una capacità di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi l’anno, Olt Offshore Lng, in Toscana al largo di Livorno, di proprietà di Snam, First Sentier Investors e Golar Lng, con una capacità di rigassificazione di 3,75 miliardi di metri cubi l’anno e l’impianto di Panigaglia, in provincia di La Spezia, di proprietà di Snam, con una capacità di rigassificazione di 3,5 miliardi di metri cubi l’anno.

I progetti in discussione

Entro quest’anno verrà installato anche un primo rigassificatore galleggiante. Il governo ha dato mandato a Eni e Snam di sondare il mercato per trovare una nave Fsru (floating storage regasification unit). «Hanno la fortuna di essere mobili questi oggetti quindi si mettono in prossimità delle tubazioni e possono trasformare in mare il gas liquido», ha spiegato il ministro della Transizione ecologica nei giorni scorsi. Altri due progetti, tornati in ballo negli ultimi giorni, sono quelli dei rigassificatori di Porto Empedocle, in Sicilia, e Gioia Tauro, in Calabria. La questione verrà «valutata attentamente» e «non è escluso che si riapra la partita», ha detto il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, durante una visita in Calabria. Per quanto riguarda Porto Empedocle, secondo l’agenzia Reuters, Enel avrebbe dato la disponibilità a riprendere il progetto dell’impianto, che dovrebbe essere capace di rigassificare oltre otto miliardi di metri cubi l’anno. Enel ha già tutte le autorizzazioni per realizzare la struttura, incluso il parere positivo sulla Valutazione di impatto ambientale. Ma per costruire il rigassificatore serviranno tre o quattro anni, come ha spiegato Stefano Cao in un’intervista al Corriere.

L’aumento degli stoccaggi

Un altro punto su cui l’Italia intende lavorare è l’aumento degli stoccaggi in vista del prossimo inverno. I siti di stoccaggio in funzione sono 13. Snam gestisce 9 impianti: Brugherio (Monza), Bordolano (Cremona), Cortemaggiore (Piacenza), Fiume Treste (Chieti), Minerbio (Bologna), Ripalta (Foggia), Sabbioncello (Ferrara), Sergnano (Cremona) e Settala (Milano). Altri tre li gestisce Edison: Collalto (Treviso), Cellino (Teramo) e San Potito e Cotignola (Ravenna). E uno lo gestisce Ital Gas Storage, a Cornegliano Laudense (Lodi).

Il piano RepowerEu

L’Italia, in questo periodo di crisi energetica aggravata dalla guerra in Ucraina, è il primo tra i Paesi dell’Unione europea per capacità di stoccaggio di gas. A un paio di settimane dalla fine dell’inverno, le scorte italiane raggiungono quasi il 36% contro una media Ue del 27% circa. La Commissione europea, presentando il piano «RepowerEu», ha annunciato che entro aprile farà una proposta legislativa che prevede che lo stoccaggio sotterraneo del gas in tutta l’Ue sia riempito almeno fino al 90% della sua capacità entro il primo ottobre di ogni anno. L’esecutivo Ue ha anche aperto alla possibilità di fare acquisti e stoccaggi comuni di gas a livello europeo, come aveva chiesto il governo italiano. In tempi normali gli operatori acquistano il gas per immetterlo negli stoccaggi d’estate, quando la domanda di gas e i prezzi sono più bassi. Dallo scorso anno però le cose sono cambiate: l’impennata dei prezzi del gas ha preso gli operatori alla sprovvista, determinando minori acquisti rispetto al solito. Per assicurare all’Europa riserve adeguate in vista del prossimo inverno, il piano della Commissione Ue, oltre a prevedere il vincolo legale del 90% di stoccaggio, consente ai 27 Paesi membri di fornire incentivi ai fornitori affinché assicurino stock di gas sufficienti.

Il raddoppio del Tap

Un’altra strada che l’Italia sta percorrendo per ridurre la sua dipendenza energetica dalla Russia è quella di aumentare le forniture di gas da parte di altri Paesi. Gli acquisti dall’Algeria nel mese di febbraio hanno superato quelli da Mosca. Il gas algerino arriva nella Penisola attraverso il gasdotto Transmed, che attraversa la Tunisia per approdare a Mazara del Vallo, in Sicilia. Un’ipotesi in discussione è anche quella del possibile raddoppio della capacità del gasdotto Tap. Il Trans Adriatic Pipeline porta in Europa il gas estratto dai giacimenti dell’Azerbaijan, durante il suo percorso attraversa il nord della Grecia, l’Albania e il Mare Adriatico prima di approdare in Puglia, dove si connette alla rete del gas italiana. La sua capacità operativa attualmente è di circa 10 miliardi di metri cubi l’anno, per raddoppiarla serviranno 3 o 4 anni. Per diversificare le fonti energetiche, il governo italiano di recente ha anche firmato un’intesa con il Qatar. Doha è tra i primi esportatori al mondo di gnl, nonché il primo fornitore di gas naturale liquefatto dell’Italia e terzo fornitore di gas naturale.

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