Economia

Grano, perché il prezzo aumenta. E presto anche la pasta (e non c’entra solo la guerra)

Da una parte il grano tenero, che serve per la pasticceria, che vede schizzare in alto i prezzi a causa della guerra perché l’Italia ne importava in quantità significative. Dall’altra il grano duro, il cui prezzo resta stabile perché la percentuale di importazioni è inferiore rispetto al tenero, che serve per la pasta. Che però potrebbe comunque aumentare (ancora) per i rincari dell’energia e delle materie prime. Il risultato è che pasta e biscotti potrebbero, in ogni caso, costare di più a breve termine, alimentando i venti di rialzo dell’inflazione che soffiavano in Europa ancor prima che Putin decidesse di invadere l’Ucraina.

Grano tenero, quanto importa l’Italia

Russia e Ucraina, per l’Italia, sono molto più importanti per il grano tenero che per il grano duro (oltre che per il mais, di cui l’Ucraina il secondo fornitore con una quota di poco superiore al 20%). Da gennaio a novembre del 2021 — come evidenziato dai dati Istat elaborati dall’ufficio studi di Confagricoltura — l’Italia ha importato dall’Ucraina 122 mila tonnellate di grano tenero (zero di grano duro) e 72 mila dalla Russia (51 mila di grano duro): ciò significa che i due Paesi rappresentano circa il 5% del totale delle importazioni italiane di grano tenero (per il grano duro 2,5%). E nel 2020 la percentuale è stata anche più elevata: 6,6% (1,5% di grano duro). Per questo, sul fronte del grano tenero, la guerra sta avendo forti ripercussioni. Lo ha spiegato nei giorni scorsi Vincenzo Divella — amministratore dell’omonimo gruppo pugliese che guida con il cugino Francesco — che attende 30 mila quintali di grano tenero che una nave non riesce a caricare essendo bloccata prima del Mar Nero. Grano tenero che l’azienda pugliese utilizza per produrre farina per pasticceria, la manitoba, con cui rifornisce, appunto, il settore pasticceria. «Si tratta di un grano molto proteico — spiega Divella — che si trova in Russia e in Canada: noi ci riforniamo in Russia per via delle annose polemiche sul glifosate canadese. Per il mese di marzo, noi e immagino i nostri competitor, abbiamo comunque scorte sufficienti. Per cui , se non interviene la speculazione, penso che non ci saranno a breve incrementi di prezzo per la pasticceria nonostante i forti incrementi del prezzo del grano tenero».

In una settimana prezzi su del 13%

E infatti la prima settimana di guerra in Ucraina ha portato a un aumento del 13% del costo del grano tenero e del 29% del prezzo del mais a livello mondiale. Lo evidenzia Cai — Consorzi agrari d’Italia — che ha elaborato un primo report in base ai dati del Matif di Parigi, Borsa merci di riferimento internazionale insieme a Chicago. E la corsa prosegue: alla Borsa merci di Chicago, quella di riferimento mondiale i futures sul frumento hanno corretto ancora al rialzo il record storico a 1.134 dollari (+7%) al bushel, l’unità di misura anglosassone utilizzata per questo genere di materie prime. Vola anche il mais, in aumento del 3% a 747 dollari, ai massimi dal 2013. Secondo le stime di Consorzi agrari d’Italia il prezzo dei prodotti agricoli strettamente dipendenti dalle importazioni da Russia e Ucraina, come appunto mais e grano tenero, è destinato a salire ulteriormente, mentre al momento non si registrano variazioni sul grano duro, il cui prezzo risente soprattutto della mancata produzione in Canada e dei rincari dei costi di produzione.

Gli equilibri internazionali

A livello mondiale il peso di Russia e Ucraina per grano e altri prodotti agricoli è significativo: insieme — secondo un’analisi di Coldiretti — rappresentano quasi 1/3 del commercio mondiale di grano (29%) e il 19% delle forniture globali di mais per l’allevamento animale e ben l’80% delle esportazioni di olio di girasole. Al proposito Consorzi Agrari d’Italia sottolinea come il costo del grano incida, comunque, solo per il 10% sul prezzo del pane, che risente invece fortemente dei rincari di energia, carburante, imballaggi, trasporti. «Una situazione che nei Paesi più sviluppati — sottolineano ancora da Coldiretti — sta alimentando l’inflazione; ma per quelli più poveri c’è il rischio del venir meno della stabilità politica, con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto, che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina». Un’emergenza mondiale che, secondo Coldiretti, riguarda direttamente anche l’Italia che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame.

Pasta, perché i prezzi aumenteranno del 10%

Dalla tempesta perfetta dell’incremento dei prezzi derivante dalla guerra tra Russia e Ucraina sembra al momento restar fuori il grano duro, quello che serve per produrre la pasta. «Ma nel 2021 — spiega Divella — il prezzo del grano duro è quasi raddoppiato. E nel 2022 i rincari stanno riguardando l’energia elettrica, aumentata fino al 200%, e il gas, fino al 600%. Per questo dico che anche il prezzo della pasta aumenterà, perché oltre all’energia costano di più cartoni e noli marittimi. Di quanto aumenterà? Diciamo che dopo l’incremento del 15% nel 2021, mi aspetto a breve altri 20 centesimi in più al chilogrammo, che significano 10 centesimi in più al pacco, pari a un incremento di prezzo di circa il 10%». «Considerando che il consumo attuale di pasta pro capite in Italia — aggiunge Paolo Barilla, vice presidente di Unione italiana food — è di 23 chilogrammi all’anno, anche con gli attuali aumenti e in questo contesto difficile, la pasta rimarrà un cibo buono e accessibile a tutti». I conti sono presto fatti: 23 chilogrammi di pasta all’anno significano 2 chilogrammi al mese. Un aumento di prezzo di 10 centesimi a pacco peserebbe, quindi, per meno di 50 centesimi al mese pro capite, ovvero meno di 2 euro al mese a famiglia. Il problema, però, è che non si vive di sola pasta.

 

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