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Sant’Agata protettrice del seno: una messa voluta dall’AdosItalia

Gela – In occasione della festività dedicata a Sant’Agata, l’AdosItalia , associazione donne operate al seno, ha chiesto al cappellano della chiesa dell’ospedale, don Filippo Salerno di officiare una messa. La celebrazione è stata celebrata stamattina alle 10 nella cappella dell’ospedale.

 

Sant’Agata, Patrona della città di Catania è morta dopo un martirio durante il quale le sono stati strappati i seni, infatti è la Santa Protettrice del seno. Agata, cresciuta in una famiglia cristiana, all’età di 15 anni  volle fare voto di verginità, avvenuto con l’imposizione di un velo ad opera del vescovo durante una cerimonia detta “velatio”.  Quinziano, proconsole della città di Catania, si innamorò perdutamente di Agata e provò in ogni modo a farle cambiare idea, e dopo averla fatta rapire la affidò alla “custodia” di una prostituta di nome Afrodisia , affinché, attraverso i suoi “insegnamenti”, riuscisse a corromperla moralmente.  Ogni tentativo si rivelò vano e Quinziano, avvalendosi dell’editto di persecuzione contro i cristiani emanato da Decio, Imperatore Romano , avviò un processo contro la ragazza tentando di piegarla con la forza al suo volere.  Ma nulla fece desistere Agata dalle sua decisione tanto da essere  torturata barbaramente fino al taglio delle mammelle.  Agonizzante venne rinchiusa in una cella dove durante la notte le apparve San Pietro che le medicò e le sanò le ferite. Trascorsi quattro giorni venne portata in pubblica piazza per essere bruciata viva. Mentre Quinziano si accingeva a compiere tale atrocità, vi fu un fortissimo terremoto che, interpretato come un segno divino, lo fece desistere dal proseguire la sua vendetta. Agata morì durante la notte; era il 05 febbraio del 251.  Quinziano però non soddisfatto di come erano andate le cose, decise di appropriarsi di tutti i beni appartenenti ad Agata, ma anche questa volta vi fu un segno divino, poiché mentre attraversava il fiume Simeto i suoi stessi cavalli gli si rivoltarono contro, prendendolo a calci e a morsi fino a farlo rovinare in acqua dove morì annegato.   Questo alimentò una delle leggende attribuite a Sant’Agata quella appunto del fiume Simeto.

Altra leggenda è quella delle sette porte. Nel 1890, avvenne il furto delle reliquie e del tesoro di Sant’Agata, custodito all’interno del Duomo senza alcuna particolare protezione. Recuperata parzialmente la refurtiva , si pensò bene di proteggere il tesoro con dei cancelli robusti e invalicabili che diedero vita al detto popolare ” Doppu cà a S. Aita a rrubbaru ci ficiru i potti di ferru”   (Dopo che Sant’Agata è stata derubata hanno fatto le porte in ferro).  Inoltre all’interno della navata di destra del Duomo , vi è una ringhiera alta e pesante che blocca l’accesso all’altare di Sant’Agata. Ma sembra ve ne siano altre cinque che impediscono l’arrivo alla nicchia della Santa detta “la camaredda” (la stanzetta) della Santa.

Ulteriore leggenda è quella legata alla violenta eruzione dell’Etna del 01 febbraio del 252. Agata rea morta da appena un anno quando l’intera provincia di Catania rischiò di essere distrutta dalla furia del vulcano.  La popolazione fece ricorso al velo che copriva il sepolcro di Agata usandolo come scudo protettivo contro la lava che avanzava minacciosa.  Il velo da bianco divenne rosso bloccando di fatto l’eruzione proprio il 05 febbraio, nel 01° anniversario del martirio

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