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Gela: hub vuoto e esercito di impiegati pagati profumatamente

Gela – Hub vuoti, nonostante la campagna vaccinale della terze dosi sia iniziata da settimane. In realtà anche le prime e le seconde dosi sono ormai ridotte al lumicino. Il risultato è che all’interno di strutture, come il PalaCossiga di Gela, nate la primavera scorsa per combattere il covid, sono rimasti solo gli impiegati o quasi. E non si tratta solo di medici e infermieri, ma soprattutto di amministrativi, diplomati, laureati in ingegneria, in giurisprudenza e educatori di asilo, che nel mese di gennaio, con un bando poco o nulla pubblicizzato, hanno cliccato un tasto del Pc (il famoso click day) per entrare nella lista di coloro che avrebbero avuto un posto sicuro, grazie al covid. Gente senza esperienza, oggi pagata profumatamente e che naturalmente non vuole più rinunciare a questo privilegio. Uno stipendio mensile che va dai 2000 euro per diplomati e laureati lontani anni luce dal mondo della sanità, fino ad arrivare a cifre molto più alte per i medici. Ma se di medici e paramedici la sanità ha proprio bisogno, non si capisce quale sia il compito dell’esercito di mancati avvocati o ingegneri, ragionieri ed educatori nella lotta al covid. Tanto è vero che molti si essi sono adibiti all’accoglienza e alla distribuzione dei moduli, tipo hostess e stuart di fiere campionarie. Ma se non c’è quasi nessuno a chi accolgono? Accanto a loro vari sindacati che premono per la loro stabilizzazione definitiva dopo solo pochi mesi di lavoro, in quanto definiti angeli del covid. Ma angeli di cosa? Se si comprende il sacrificio e il rischio di medici e infermieri che si sono rinchiusi per mesi nelle Sale di Rianimazione e Reparti Covid, per curare pazienti che non riuscivano più a respirare autonomamente (specie in era pre-vaccino), diventa invece impossibile credere che chi è entrato a far parte del personale non sanitario dell’hub sia reputato un eroe. E se di medici e infermieri ne sono morti tanti durante la loro missione, non risulta che i lavoratori dell’hub abbiano corso un rischio maggiore rispetto ad altre categorie professionali. Si tratta invece di persone, spesso senza titoli culturali, professionali o di servizio (solitamente richiesti nei concorsi delle P.A) che hanno avuto solo la “dritta giusta” per entrare a far parte di quella miniera d’oro non pubblicizzata. Rispetto a tanti disoccupati, hanno avuto l’opportunità di guadagnare un bel po’, senza partecipare a nessuna selezione o concorso, in barba a chi continua ad accumulare titoli e esperienza. La loro stabilizzazione sarebbe uno schiaffo morale nei confronti di chi continua a partecipare a concorsi che richiedono mesi di studio per avere un posto in una struttura pubblica. Non si comprende, inoltre, come mai la vaccinazione finora, specie con tali numeri esigui, non sia passata ai medici di base. Gli Hub hanno un costo esoso che sta pagando la collettività, inoltre continuano ad essere sottratti al loro uso originario. I medici di famiglia da mesi hanno dato la disponibilità ad eseguire le vaccinazioni anticovid nei loro ambulatori, sarebbero stati disposti ad effettuarle assieme all’antinfluenzale, invece finora nessuno li ha messi nelle condizioni di effettuarle. Proprio i medici curanti potrebbero avere maggiore ascendente sui loro pazienti indecisi. Non si comprende la motivazione per cui si continua a preferire l’hub semivuoto. O la possiamo solo immaginare. La pandemia ha tolto a molti e ha regalato ad altri.

 

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