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Covid, italiani stanchi dei divieti. E per il 61% l’economia peggiorerà

Per il 59% la crisi è peggiore di quella iniziata nel 2008. Due su tre preoccupati all’idea di sostenere una spesa. Tempi lunghi per uscire dall’attuale situazione: per il 37% ci vorranno 5 anni

Al termine di questo annus horribilis nel quale Covid ha fatto irruzione nella nostra vita, cogliendoci di sorpresa e stravolgendo le nostre abitudini, ci sembra utile descrivere il clima sociale, a partire dall’agenda delle priorità degli italiani.

L’agenda del Paese

Invitati a indicare spontaneamente i tre problemi principali del Paese, al primo posto si confermano i temi dell’occupazione e dell’economia, citati dal 78%, in linea con quanto rilevato nel dicembre degli ultimi anni. Viceversa, gli altri temi fanno segnare cambiamenti molto significativi a partire, comprensibilmente, dalla crescita della sanità menzionata dal 57%, quindi il funzionamento delle istituzioni insieme alla situazione (33%), in calo di 10 punti rispetto al 2019 quando aveva toccato il livello massimo anche a seguito della crisi di governo e al cambio della maggioranza. In diminuzione anche i temi dell’immigrazione (20%) e della sicurezza (11%), non più al centro del dibattito politico e mediatico. Quando si passa alle priorità nella propria zona di residenza, fatte salve le prime due posizioni (sia pure con valori più contenuti), la graduatoria cambia rispetto a quella dei problemi nazionali, con la crescita di ambiente e mobilità, mentre sicurezza e immigrazione si collocano agli ultimi posti.

Le finanze

Approfondendo i temi economici, come era lecito attendersi prevalgono i giudizi negativi e il pessimismo sul futuro sia riguardo alla dimensione nazionale che quella personale. Le valutazioni sull’economia del Paese sono negative per l’84% degli italiani, il 61% si aspetta un peggioramento nei prossimi sei mesi facendo impennare al 40% la differenza tra pessimisti e ottimisti, rispetto al 7% dello scorso anno. E il pessimismo prevale anche quando si fa riferimento alla situazione economica personale, infatti il 37% si aspetta un peggioramento contro il 20% che prevede un miglioramento, mentre il 38% non si aspetta cambiamenti. Quasi due italiani su tre (63%) dichiarano di avere difficoltà nel sostenere le spese: per esempio il 37% ha problemi nell’affrontare una spesa imprevista, il 16% che ha difficoltà a pagare le bollette, il 15% le spese mediche e l’8% i generi alimentari. Nel complesso il 59% giudica la crisi economica innescata con la pandemia più grave di quella del 2008-2011 causata dai mutui subprime e la maggioranza è convinta che ci vorranno tempi lunghi per uscire dall’attuale situazione: per il 37% ci vorranno 5 anni e per il 19% almeno 10 anni, mentre i più ottimisti (convinti di uscirne entro 1 o 2 anni) rappresentano il 33%. Se questo è il clima economico, dobbiamo aspettarci una flessione dei consumi e l’aumento della propensione al risparmio, come già avvenuto quest’anno. Risparmio non tanto finalizzato ad acquisti futuri, ma come elemento di tranquillità di fronte alle prospettive incerte.

L’emergenza virus

Quanto al Covid, oggi il 44% delle persone ritiene molto o abbastanza elevata la minaccia di poter essere contagiato e il 58% paventa il contagio della propria comunità. La seconda ondata è considerata allo stesso livello di gravità della prima dal 59%, ma le modalità con cui gli italiani stanno reagendo sono molto diverse rispetto ai mesi scorsi. Oggi prevalgono infatti i sentimenti negativi: è aumentata la preoccupazione (34%), la rabbia (26%), il disorientamento (22%), l’intolleranza (20%), la tristezza (19%), il senso di solitudine (9%). E si fa strada la cosiddetta pandemic fatigue: il 60% è stanco di limitare la propria vita sociale, il 50% di non potersi spostare in Italia, il 47% di portare la mascherina e il 30% di rispettare le distanze.

Le responsabilità

Insomma, il clima sociale è profondamente cambiato rispetto alla prima ondata, complice la crisi economica che, a differenza di quella sanitaria, è tutt’altro che «democratica», ma è asimmetrica e selettiva. Se nella primavera scorsa la situazione di emergenza aveva fatto emergere tanti aspetti positivi e per certi versi sorprendenti — dal rispetto delle regole al senso della comunità — molto di ciò nell’ultimo trimestre si è disperso, sono evaporati gli «andrà tutto bene» e «ne usciremo migliori». Oggi una parte minoritaria ma assai numerosa di italiani, a dispetto dei numeri di contagi e dei decessi, considera il virus meno aggressivo e si mostra più refrattaria alle misure restrittive. Sono riaffiorati i particolarismi e le divisioni, mentre il senso di concordia ha lasciato spazio alle contrapposizioni. Il deterioramento del clima sociale interpella tutti, le istituzioni, le forze politiche, i corpi intermedi, la classe dirigente e i singoli cittadini, soprattutto quelli meno toccati dalla crisi economica (i cosiddetti «garantiti»): ciascuno dovrebbe farsi carico della responsabilità di trasformare l’anno che viene da horribilis a mirabilis.

(Corsera)
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