CronacaDall'Italia

Gigi Proietti è morto il giorno dell’80° compleanno

Riportare in scena “A me gli occhi please”?. Piuttosto, dovrei interpretare “A me gli occhiali please”», scherzava Gigi Proietti sulla sua età avanzata, nonostante la tempra fisica e la forza scenica da assoluto mattatore che lo ha sempre accompagnato in oltre mezzo secolo di vita artistica. Purtroppo, però, il grande attore, colui che viene considerato l’erede di Ettore Petrolini, stavolta non ce l’ha fatta. È morto la notte scorsa, all’età di 80 anni appena compiuti, nella clinica romana Villa Margherita, dove era stato ricoverato nei giorni scorsi in terapia intensiva, colpito da un attacco cardiaco. Gli erano vicine la moglie Sagitta e le figlie Susanna e Carlotta.

Le origini

Era nato a Roma il 2 novembre 1940 da una famiglia semplice: «Mio padre era un impiegatuccio, mamma era casalinga: erano persone di un altro secolo – raccontava Gigi al Corriere qualche tempo fa – Non sono figlio d’arte, insomma, però, ora che ci penso forse la vena artistica l’ho ereditata proprio da mia madre: mio nonno materno faceva il pecoraro, ma era un poeta. Quando è morto abbiamo ritrovato una serie di libretti con bellissime poesie, erano sonetti dov non c’era una virgola sbagliata. E chissà, forse ho ripreso da lui il gusto di scriverne anch’io in romanesco». Non solo attore di teatro, cinema e televisione, ma anche showman, cantante e direttore artistico di palcoscenici importanti a Roma, come il Brancaccio e, negli ultimi 17 anni, del Globe Theatre a Villa Borghese. Ed è sconfinata la lista delle sue interpretazioni: dal film «Febbre da cavallo» al «Maresciallo Rocca» sul piccolo schermo; da «Cavalli di battaglia» al recentissimo «Edmund Kean» in palcoscenico. Una sfilza di successi destinati a un pubblico vastissimo, da vera rockstar: recentemente, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in una quindicina di serate aveva raccolto circa 60 mila spettatori.

La carriera e la famiglia

Eppure il Gigi nazionale aveva debuttato nel teatro impegnato d’avanguardia degli anni Sessanta: «Era il tempo delle cantine – ricordava – e con Antonio Calenda, Piera Degli Esposti e altri compagni avevamo creato il gruppo dei 101: recitavamo davvero in un vecchio magazzino, ex deposito di scope. E dopo lo spettacolo, spesso c’era il “dibbbbbattito” , quello co’ trecento b». Ma in realtà il futuro attore aveva iniziato studiando Legge all’università: «Frequentavo Giurisprudenza non per scelta ideologica, ma perché a quel tempo il futuro agognato da un giovane come me, che veniva dalla periferia romana e che non aveva alle spalle una famiglia di professionisti, era l’impiego fisso. Mio padre, infatti, ripeteva: “piove o tira vento, prendi lo stipendiuccio e la tredicesima…”». Per mantenersi agli studi faceva il cantante nei night con un gruppo di amici: «Sul mio passaporto c’era scritto “orchestrale”! Avevo un repertorio sconfinato: cominciavo alle 10 di sera e finivo alle 4 di mattina… uscivo col collo gonfio: non c’era misura di camicia che tenesse, semmai ce voleva un copertone». E cantava anche nelle piscine del Foro Italico, dove conobbe proprio la futura moglie Sagitta: «Lei era la classica svedese innamorata dell’Italia. Faceva la hostess che accompagnava i turisti in giro per monumenti, e la sera li portava lì a prendere il fresco e a sentire musica. Tra me e lei scattò la scintilla ballando l’alligalli».

Il successo

Ma il clic della passione scenica scattò con il «Dio Kurt» di Alberto Moravia, con cui ebbe un successo inaspettato di pubblico, «e mi resi conto che, forse, potevo campare di questo mestiere, anche se fare l’attore – diceva – è un mestiere che non dà mai sicurezza economica, altroché posto fisso!». La svolta vera e propria arrivò con Garinei e Giovannini, che lo scelsero per «Alleluja brava gente» accanto a Renato Rascel e Mariangela Melato: «Una botta di fortuna – ammise Gigi – prendevo il posto di Domenico Modugno, che aveva litigato con Rascel e quindi aveva abbandonato il progetto. Lì mi resi conto che si poteva coniugare il teatro ludico, divertente, con la qualità artistica: il cosiddetto teatro popolare». Tuttavia, il mattatore che ha regalato divertimento a intere generazioni di spettatori, stavolta ha abbassato definitivamente il sipario. Ma oggi esiste un erede di Gigi Proietti? «Un erede mio? – aveva risposto al Corriere – Speramo de no!».

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