Sanremo 2020, il grido di Rula Jebreal: “Mai più donne vittime. Lasciateci essere quello che siamo”
La commozione di Rula Jebreal nel ricordo della madre
Racconta Jebreal, che a stento riesce a trattenere la commozione (ma non le lacrime: per tutto il tempo tirerà su con il naso), di essere cresciuta in un orfanotrofio insieme a centinaia di bambini e la sera “noi bambine una per volta ci raccontavamo una storia. Erano favole tristi, non favole di mamme che conciliano il sonno, ma favole di figlie sfortunate. Ci raccontavamo delle nostre madri spesso stuprate, torturate e uccise”. Ogni sera, continua la giornalista, “celebravamo il dolore con quelle parole. Io amo le parole, nei luoghi di guerra ho imparato a credere alle parole, non ai fucili”. Tira fuori i numeri, “spietati”: negli ultimi tre anni 3 milioni 150 mila donne hanno subito violenza sul posto di lavoro, negli ultimi due anni in media 8 donne al giorno hanno subìto abusi sessuali e violenza, una ogni 15 minuti. “Nell’80 per cento dei casi il carnefice ha le chiavi di casa, ci sono le sue impronte sullo zerbino, il segno delle sue labbra sul bicchiere”.
“Non si chieda mai più a una donna che è stata stuprata com’era vestita quella notte”
Jebreal cita Franca Rame e la violenza subìta nel 1973, “l’anno in cui sono nata”, ricorda che l’attrice “in quei momenti diceva a se stessa di stare calma, si attaccava ai rumori della città”. Per questo ha citate quelle canzoni, “perché sono scritte da uomini e dimostrano che è possibile trovare le parole giuste per trasmettere l’amore, il rispetto, la cura. Questo è il momento in cui le parole diventano realtà e dovremmo urlare da ogni palco, anche quando ci dicono che non è opportuno. Io – continua – sono diventata la donna che sono grazie a mia madre, a mia figlia Miral che è lì seduta tra voi. Lo devo a loro, lo devo a tutte noi e anche agli uomini perbene, all’idea stessa di civiltà, di eguaglianza, all’idea più grande di tutte: quella di libertà”. Infine, si rivolge agli uomini: “Lasciateci essere quello che siamo e vogliamo essere. Madri di dieci figli o di nessuno, casalinghe o in carriera. Siate nostri complici, compagni e indignatevi quando qualcuno ci chiede che cosa abbiamo fatto per meritare quello che ci è accaduto. Domani domandatevi com’erano vestite le conduttrici di Sanremo, ma non si chieda mai più a una donna che è stata stuprata com’era vestita quella notte. Mia madre ha avuto paura di quella domanda. Noi donne vogliamo essere libere nello spazio, nel tempo, vogliamo essere silenzio, rumore. Vogliamo essere proprio questo: musica”.