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Democrazia partecipata, Letterag appoggia un progetto di riqualificazione per Gela

L'idea è quella di rendere piacevole l'attesa dei mezzi di trasporto che provengono da altre province e ridare decoro alla zona

Il giornale che ho avuto il piacere di fondare, appoggerà – anche con l’aiuto dei lettori – un progetto di democrazia partecipata istituito da un bando comunale, per la riqualificazione della piazza e dei giardini, pensiline comprese, antistanti alla stazione delle ferrovie.

L’idea è quella di rendere piacevole l’attesa dei mezzi di trasporto che provengono da altre province, ridare decoro alla zona, oltre alla possibilità anche alla cittadinanza di fruire di un piccolo parco, anche giochi. Un infopoint, pannelli a messaggio variabile e illuminazione autonoma.

 

La democrazia partecipata è un modello di procedura politica che punta all’inclusione, alla collaborazione e ad un rapporto trasparente fra istituzioni e società civile. L’idea è quella di attribuire alla cittadinanza una diretta responsabilità nell’esercizio (anche parziale) del potere pubblico nelle sue varie forme: assumere decisioni, fare proposte, gestire un bene pubblico, organizzare un servizio o monitorare e valutare l’attuazione di politiche pubbliche.

Il tentativo è quello di andare oltre la delega totale del potere ai rappresentanti politici eletti, ma per contro ciò non significa un esercizio esclusivo da parte dei cittadini. La democrazia partecipata si basa piuttosto sul principio di una relazione interattiva, collaborativa o anche costruttivamente conflittuale, fra soggetti pubblici e società civile finalizzato migliorare il perseguimento dell’interesse generale.

L’idea della democrazia partecipata ha radici antiche ma si diffonde nel lessico politico contemporaneo a partire dagli anni ‘70 del secolo sorso per poi ritornare nei decenni successivi mutando e precisando il proprio significato. Negli anni ‘70 la democrazia partecipata era ancora finalizzata al superamento, o alla radicale trasformazione, dei sistemi rappresentativi, nelle esperienze più recenti essa designa piuttosto la richiesta di spazi di autonomia della società civile in seno a procedure istituzionali riconosciute. Da modello alternativo ai sistemi democratici di rappresentanza diventa dunque invece una forma di integrazione delle istituzioni rappresentative per redistribuire il potere all’interno della società e “democratizzare la democrazia”.

Democrazia partecipata o diretta?

La democrazia partecipata può essere confusa con la democrazia diretta ma in realtà non coincide esattamente con essa. La democrazia diretta prevede una procedura per l’assunzione diretta, da parte della cittadinanza, di una scelta vincolante su una questione pubblica, come nel caso dei referendum o delle leggi di iniziativa popolare (quando non prevedono una legittimazione finale da parte dei parlamenti). Nei modelli di democrazia diretta non si pone molta attenzione ai modi in cui si formano le proposte da mettere in votazione con metodi strutturati di confronto tra cittadini e con le istituzioni: il principio guida è la sola maggioranza numerica delle preferenze.

La democrazia partecipata, per contro, prevede sempre un’interazione tra società civile e istituzioni per definire le scelte che verranno prese e non prevede necessariamente l’assunzione diretta di decisioni vincolanti. Dopo un confronto strutturato tra società e istituzioni spetta a queste il compito di ratificare le scelte.

In democrazia partecipata si prevedono sempre meccanismi relazionali affinché i rappresentanti eletti siano permeabili e responsabili rispetto alle richieste della cittadinanza, come l’obbligo di valutare e discutere entro tempi certi le proposte della cittadinanza o la prassi “diniego motivato” per la quale le istituzioni giustificano pubblicamente – se possibile con dati trasparenti e verificabili – le ragioni della mancata ricezione delle proposte dei cittadini.

Le esperienze della democrazia partecipata

A partire dagli anni ‘90, in Italia, si è cominciato a parlare di democrazia partecipata soprattutto in relazione al metodo dei bilanci partecipativi e con riferimento al modello elaborato nella municipalità brasiliana di Porto Alegre, poi sperimentato nel corso degli anni, in forme e modi diversi, anche in molte città italiane. A partire dai bilanci partecipativi, le pratiche di partecipazione si sono poi diffuse anche in molti altri settori della governance municipale: dalle forme strutturate di coinvolgimento civico nella definizione della spesa pubblica, a forme più fluide di procedure consultive, come quelle per la redazione dei piani regolatori o di altri strumenti di pianificazione urbanistica.

Si considerano parte della governance partecipativa i percorsi di progettazione e gestione integrata di spazi pubblici o forme di governo del territorio di natura pattizia come i Contratti di Fiume; fanno parte di questo campo, infine, anche le attività di monitoraggio e valutazione della spesa pubblica e tutte quelle attività di accountability e trasparenza che prevedono il coinvolgimento civico. Alcuni esempi in Italia sono MilanoBolognaNapoliPadova, le regioni Emilia RomagnaPuglia e Toscana.

La partecipazione nelle normative nazionali e internazionali

Negli anni si è provato anche a dare una regolamentazione giuridica a questo tipo di esperienze, come nel caso delle “Carte della Partecipazione” elaborate in contesti amministrativi diversi, delle Leggi sulla Partecipazione in alcune Regioni Italiane o del nuovo Codice degli Appalti dove è disciplinato il metodo del Dibattito Pubblico per le grandi opereA livello internazionale i principi e il valore della partecipazione sono riconosciuti da documenti ufficiali delle istituzioni internazionali la Brisbane Declaration delle Nazioni Unite, che si pronuncia a favore del coinvolgimento delle comunità a tutti i livelli e in tutti i settori del ciclo di policy, il Libro bianco sulla Governance redatto dall’Unione Europea, la Raccomandazione del Consiglio UE sulla politica della regolazione europea adottata dall’OCSE e altri vari documenti dell’OECD, fra cui i 10 principi guida che sottolineano come le autorità debbano incoraggiare la partecipazione e promuovere le competenze civiche delle comunità locali.

L’importanza di un maggiore coinvolgimento dei cittadini e cittadine è inoltre riconosciuta e rafforzata nell’ossatura giuridica dell’Unione Europea, nel Trattato di Lisbona e in una serie di documenti e dichiarazioni politiche, come il Contributo della Commissione alla dichiarazione di Sibiu per una nuova agenda strategica per l’UE 2019-2024.

I rischi della partecipazione e la necessità di procedure chiare e inclusive

Il primo rischio a cui le procedure partecipative sono esposte è di lasciare inalterati, dietro la facciata della partecipazione, i classici meccanismi decisionali, verticisti e settoriali, per contrastare i quali erano nate.

Alcuni studi rilevano infatti che, in seno alle procedure partecipative, si possano formare le cosiddette  “gerarchie nascoste” composte da esperti, tecnici, imprenditori, ricercatori specializzati in un’area specifica (molto spesso di sesso maschile e di estrazione sociale medio-alta), che monopolizzano il processo e hanno un’influenza spropositata nella definizione dei temi specifici delle politiche e sulle decisioni che riguardano le soluzioni da intraprendere.

Il fenomeno denuncia il fatto che gran parte di gruppi sociali meno strutturati possano essere marginalizzati anche nei processi partecipativi.Il problema è inoltre strettamente connesso a quello del cosiddetto civic washing, cioè alla possibilità che le procedure partecipative siano attuate per legittimare decisioni già prese piuttosto che per elaborare nuove soluzioni. La mancanza di metodi inclusivi e imparziali, l’assenza di adeguati meccanismi di informazione, trasparenza, follow-up e accountability, possono caratterizzare processi manipolati per garantire consenso piuttosto che per distribuire potere verso la cittadinanza. Per questo è estremamente importante stabilire procedure chiare, inclusive e trasparenti anche nella definizione delle procedure partecipative.

La partecipazione, come ogni altra forma di attività pubblica, ha bisogno di essere organizzata e i modi in cui ciò avviene non sono neutri. Le scelte sui metodi da adottare per strutturare le discussioni, coinvolgere i partecipanti o decidere i problemi da affrontare sono fondamentali per rendere la democrazia partecipata, partecipata davvero.

FONTE (link: www.spendiamolinsieme.it)

 

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