Rubriche

“Mi fa impazzire di gioia vedere un Dio che si fa mangiare. Che si fa Corpo e Sangue per me”

Rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Totò Sauna

“Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi”.

Marco 14,12-16.22-26

Mi fa impazzire di gioia vedere un Dio che si fa mangiare. Che si fa Corpo e Sangue per me. Per noi. Per alimentarci. Sa che siamo dei deboli. A volte ci mancano le forze per seguirlo. Cosi deboli che, appena, ci sentiamo lo stomaco vuoto, perdiamo il lume della ragione. Allora, ecco,  Dio si fa Pane. Per noi. Che amore. Che gioia grande. Ma da quale fame ci vuole sfamare il nostro Dio? Esistono tante fami. Non fatemi fare l’elenco. C’è una fame che non riusciamo mai a soddisfare : l’avere. Avere. Soprattutto, la felicità. Abbiamo legato, nella nostra vita, la felicità all’avere. La salute, i soldi, la bellezza fisica, i figli belli, le carriere. Tutte cose giuste. Ma quello che fa la differenza è il costo. Quanto siamo disposti per pagarli? A volte, anche la vita. A volte, tutto noi stessi. Per, poi, accorgersene dopo anni, dopo tanti anni, che alla fine sono delle cose non eterne. Finiscono. Scompaiono, Ci sono oggi, ma non ci saranno domani. Che lasceremo tutto. Qui sulla terra. E continuiamo ad avere fame. Continua. Appena soddisfatta una fame terrena, ecco ne nasce un’altra. E un’altra. Una corsa senza fine. Fate voi. Date voi un nome a questa fame. Un’altra moglie, un altro marito, un’altra macchina, un altro cellulare, un altro vestito, e vai.  Una fame che si trasforma, poi,  in insoddisfazione. Ci porta alla tristezza. Al malumore. Al nervosismo. Che ci portiamo dentro e che può portaci a malattie serie.  Stiamo tranquilli, Dio si fa Pane eterno. Non ammuffisce. Non passa di moda.  Soddisfa tutte le nostre fami. Ci sazia, ci conforta, ci aiuta, ci riempie di amore e pace. Ci da le risposte alle nostre domande sul fine della vita. Per poterlo scoprire per poterlo apprezzare è necessario parlare con Lui. Riflettere. Una domenica per riflettere su chi è Dio. Una domenica per riflettere su cosa facciamo ogni domenica. Abbiamo bisogno di molto Spirito Santo per capire, per non banalizzare, per lasciarci convertire. Non è facile per chi si avvicina con molta superficialità comprendere che lì, in quella particola c’è Cristo. C’è Cristo. Oggi è diventata, quando va bene, stanca abitudine, reiterata cerimonia, perdendo il senso dell’incontro con Dio, la consapevolezza dell’immensa fortuna che abbiamo nell’avere in mezzo a noi la presenza stessa del Signore, che si fa pane spezzato, che si dona. Cosa ci è successo? Perché è così difficile partecipare ad una celebrazione in cui si respiri la fede? Perché i nostri preti, invece di parlare della Parola, ci inondano di inutili parole e di astratti concetti teologici, o giocano a fare gli intrattenitori simpaticoni? Perché le persone che abbiamo intorno, troppo spesso, sono solo degli anonimi spettatori con i quali non abbiamo nulla da spartire? Dobbiamo alimentare questo rapporto con Dio. Vale della nostra vita. Ci accorgiamo che spesso andare a Messa una volta la settimana non basta. E come andare a teatro, ad una sfilata. Un rituale, che a volte, non sentiamo. Non ci appartiene. Dobbiamo ricostruire il rapporto con Dio. Come? Con la preghiera. Continua ed insistente. Solo riscoprendo questo rapporto riscopriamo la grandezza dell’Eucarestia. Del Corpo e del Sangue di Cristo. E, se siamo cosi, in questo stato di grazia e se riusciamo a creare questo nuovo rapporto, credetemi, sperimentato, cambia tutto, Anche, l’eucarestia cambia sapore e ha il sapore di tutte le quelle fami che mi facevano stare male, non mi facevano dormire la notte .E’ Cristo che entra in me. Fisicamente. Allora, subito, di corsa, se Cristo entra nella nostra casa andiamo a pulirla, puliamo tutte le stanze, buttiamo tutto quello che non serve puliamo i vetri. Sta entrando Cristo, il massimo degli ospiti. Colui che ci guarisce. Allora, con tanta umiltà, prima di riceverlo, andiamo a liberarci dei peccati. Cristo non può entrare in un cuore e un’anima disordinata dal peccato. E, lasciamo la chiacchierata con il vicino di banco, mettiamoci  subito in preghiera. Parliamo con Lui. “ Padre Santo ti ringrazio che sei nel mio cuore. Aiutami, guariscimi, accompagni ogni passo della mia vita, illumina i miei pensieri. “ Quando sperimentiamo questa gioia, non dobbiamo e vogliamo  più perderla. Non dobbiamo lasciarla. Allora iniziamo ad avere una vita cristiana. Fatta di amore e perdono. Cristo al primo peccato ci lascia e va via, e ci lascia nelle mani del nostro io. Non può restare dove non è accettato. Perché vedete, amici lettori di Lettera G, il grande peccato è il nostro io.  Pensiamo di essere indistruttibili, eterni . Invece, nel Vangelo di questa settimana siamo chiamati  a spezzarci per gli altri. A non rimanere interi. Se rimaniamo interi non raggiungiamo gli altri. Siamo chiamati  a donarci a farci piccoli piccoli per l’altro. Gesù ci chiede a me e a te di diventare alimento per l’altro. Con la nostra testimonianza. Con il nostro Amore. Con il nostro farci 1. Vuota è quell’Eucarestia che non ci trasforma, che non ci cambia. Come possiamo alimentare i fratelli se noi non ci sfamiamo? Se noi non ci  saziamo. Come possiamo essere luce se la nostra candela è spenta e il nostro sale è diventato insipido? Dobbiamo portare questa sazietà agli altri. E dirgli vieni vieni da Dio. Vedrai che  anche se hai poco, anche se pensi che la tua vita non vale niente. Se pensi che i tuoi debiti ti sovrastano vieni troverai Cristo che ti consolerà. Cristo che nell’Eucarestia sfama la nostra anima. Ci disseta, ci sfama. Ci Ama.

 

Buona Domenica

Totò Sauna

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