Politica

L'”equazione Meloni” per la quadra immediata. Così Fdi cerca l’intesa sul governo con gli alleati

Giorgia Meloni, da premier in pectore, è in cerca della formula magica per definire la squadra di governo del centrodestra: «l’equazione Meloni» per incastrare tutte le caselle e isolare le variabili impazzite. Meloni vuole un decollo senza perturbazioni. Nel puzzle vanno combinate tutte caselle senza errori: le richieste degli alleati, l’alto profilo dei futuri ministri, la mano del Quirinale sui dicasteri chiave, lo spazio rivendicato dai piccoli partiti in maggioranza, la transizione dolce con l’era Draghi e infine un gruppo dirigente da accontentare, quello di Fdi che la accompagna dal 2012. Primo nodo da sciogliere: il numero dei ministri. Il governo uscente ne ha 24. Si valuta una riduzione a 18 con uno schema: 4 Fi, 4 Lega, 6 Fdi e 4 tecnici. Nella quota Fdi dovrebbe rientrare, come già accaduto per la divisione dei collegi uninominali, la casella da assegnare ai centristi. In pole c’è Maurizio Lupi per la delega dei Rapporti con il Parlamento. La variabile alleati è quella da isolare e sminare. Che Fratelli d’Italia abbia surclassato nel voto Forza Italia e Lega è un dato. Che senza i senatori di Fi (18) o della Lega (29) non ci sia maggioranza a Palazzo Madama è un altro dato. La ricerca dell’equilibrio è una strada obbligata. Antonio Tajani vuole la Farnesina, uno dei ministeri su cui il Quirinale dirà l’ultima parola. Il leader di Forza Italia punta anche alla poltrona di vicepremier: due richieste che, se esaudite, creerebbero un sbilanciamento verso Forza Italia. Meloni darebbe l’ok per Tajani al ministero degli Esteri ma direbbe no al ruolo di vicepremier. Il nome dell’ex presidente del Parlamento non avrebbe difficoltà a superare l’esame da parte del Colle. L’altra casella, da inserire nello schema condiviso con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, è il ministero della Difesa. L’equazione Meloni prevede due combinazioni: il trasloco di Tajani dalla Farnesina alla Difesa o il ritorno di Ignazio La Russa, altro nome che incasserebbe il placet del Quirinale e che liberebbe la guida del Senato per l’opposizione: si fa il nome di Pier Ferdinando Casini. Nel puzzle meloniano, se Tajani passa alla Difesa, alla Farnesina andrebbe Elisabetta Belloni, capo dei Servizi Segreti. Con Forza Italia è aperto anche il discorso sul ministero della Salute: gli azzurri propongono Andrea Mandelli. La scelta dovrà ricadere su un profilo autorevolissimo, top secret, slegato dalla politica. Una scelta che punta a rimarcare la forte discontinuità rispetto alla gestione Speranza. Il Mef è l’altra casella sottratta alla trattativa tra i partiti. Qui il nome, per l’incastro perfetto nella triangolazione Mattarella-Draghi-Meloni, è Fabio Panetta, ex direttore generale di Bankitalia, oggi nel board della Bce. In alternativa Domenico Siniscalco, già ministro nel secondo e terzo governo Berlusconi. Maurizio Leo, l’uomo del dossier fisco in Fdi, dovrebbe andare a ricoprire l’incarico di sottosegretario o viceministro al Mef. Con la Lega serve l’intesa. Matteo Salvini punta tutte le fiches sul Viminale. Non c’è alcun veto ma una trattativa difficile. Il leader della Lega potrebbe spostarsi all’Agricoltura incassando la poltrona di numero due dell’Esecutivo. Il passo di lato porterebbe a una doppia richiesta sul Viminale: Nicola Molteni, viceministro dell’Interno con delega alla Pubblica sicurezza (delega pesante) e Matteo Piantedosi (suo capo di gabinetto) al timone del ministero. Meloni potrebbe trovare il punto di caduta con uno schema che prevede Molteni vice e Adolfo Urso ministro dell’Interno.

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