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IL REDDITO DI CITTADINANZA CHE A GELA NON PORTA LAVORO A SETTEMILA CITTADINI. SI ATTENDE SOLO UNA FIRMA PER FAR PARTIRE I PROGETTI.

Un’attenta analisi di tutti i dati Istat 2021 ha dimostrato che in Italia il reddito di cittadinanza viene erogato principalmente nelle zone del Sud, in particolare nelle Isole, in Campania e in Sicilia dove la percentuale di nuclei familiari che percepiscono un reddito di cittadinanza è del 60%, con una netta differenza rispetto al Nord.
Un esempio allarmante per noi è quello della regione del Trentino Alto Adige che possiede una percentuale minima dello 0,9% di fruitori in netta contrapposizione rispetto alla regione Sicilia che, a detta dei recentissimi dati Istat, sarebbe quella più interessata dal reddito a causa dell’elevata disoccupazione.

Chi è che dispone del reddito di cittadinanza?

Sono tutti coloro che hanno un reddito inferiore ai 9.360€ annui, che sono disoccupati o che hanno perso il lavoro.

Cosa è? Come funziona?

Secondo il sito ufficiale del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali il Reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari.

Ma è anche molto di più:
Il Reddito di cittadinanza è associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l’inclusione sociale.

Aspettate, FERMI TUTTI!
Avete letto bene?

Si parla di Patto per il lavoro o Patto per l’inclusione sociale, eppure vi risulta che qualcuno abbia mai usufruito di un progetto lavorativo inerente al reddito di cittadinanza qui a Gela negli ultimi anni???

A noi non risulta, e nemmeno all’esponente della Lega Giuseppe Spata, l’avvocato che proprio negli scorsi giorni ha denunciato una situazione a dir poco compromettente.

Nell’ambito dei Patti per il lavoro e l’inclusione sociale i beneficiari del reddito di cittadinanza sono tenuti per legge a svolgere le attività previste dai PUC nel Comune di residenza per almeno 8 ore settimanali aumentabili fino a 16.

Ma questi NON SONO MAI PARTITI. E ancora una volta la cittadinanza gelese può chiedersi “Perché?”.

La risposta è sconcertante se si tiene conto del fatto che i beneficiari del reddito di cittadinanza qui a Gela sono circa settemila, uomini e donne che potrebbero essere impiegati in lavori di grande rilevanza per la città.

I progetti sono stati creati, ma risultano essere bloccati. E fatto ancora più sconcertante pare che l’RSPP (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione) faccia attendere la sua firma dei progetti da ottobre dell’anno scorso, motivo per cui probabilmente non sono ancora partiti.

Progetti utili alla collettività (PUC)

Come suggerisce il nome stesso, i PUC sono lavori svolti al servizio di una comunità. La responsabilità di organizzarli spetta ai Comuni, che possono richiedere anche l’intervento di altri soggetti, pubblici o privati.

L’avvio dei PUC  è vincolato da due criteri essenziali:
quello degli ambiti di intervento;
quello dei bisogni e delle esigenze della collettività.

Inoltre i PUC possono essere organizzati solo nei settori:
culturale;
sociale;
artistico;
ambientale;
formativo;
della tutela dei beni comuni.

L’obbiettivo principale rimane sempre quello del benessere della società.

Se, per esempio, una biblioteca comunale soffre la mancanza di dipendenti, può avviare un PUC per arginare il problema. L’ambito d’intervento, in questo caso, è quello culturale e il progetto risolverebbe il problema della mancanza di forza lavoro.
Lo stesso può valere per es. per la Ghelas che, sofferente per la carenza di personale, può rientrare nell’ambito di progetti per il settore ambientale.

Tutto sta nell’avviare i progetti già pronti in comune da ottobre, e nel metterli in azione come la legge stabilisce di fare. Perché ricordiamoci anche che il reddito è un patto, per il lavoro e il reintegramento nella società, ma questo può funzionare solo se il Comune, responsabile dell’organizzazione, lo permette.

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