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Dagli omicidi alla droga: le “mani” della famiglia Sanfilippo da Gela a Milano

Gli arrestati, la mafia agricola, gli omicidi, le estorsioni, la droga e le armi: i dettagli dell'operazione "Chimera"

CALTANISSETTA – Arrivano i dettagli della maxi operazione – denominata “Chimera” – che ha visto disarticolare la famiglia mafiosa Sanfilippo, collegata alla “Stidda gelese“, operante a Mazzarino ma che aveva trovato “supporto” in Italia, nello specifico a Milano.

Quattro anni di indagini, dal 2017 al 2021, che hanno portato nel mirino dei carabinieri di Gela 55 indagati. Quest’ultimi dovranno rispondere dei reati di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsioni (consumate e tentate), delitti in materia di armi e di sostanze stupefacenti, aggravati dal metodo mafioso.

Gli arrestati

Dei 55 soggetti coinvolti, 37 sono finiti in carcere – 8 già detenuti per altra causa – 13 ai domiciliari (uno già detenuto), 2 raggiunti da obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria e tre interdetti allo svolgimento di attività professionali. Due degli indagati sono stati arrestati in Germania e in Belgio.

Le “mani” della famiglia nell’agricoltura

Grazie alle indagini si è potuto far luce su attività criminali tipiche della “mafia agricola“: stiamo parlando della percezione di contributi pubblici per l’agricoltura ottenuti falsificando le dichiarazioni. Ma anche traffico di droga.

Da evidenziare come la mafia operasse anche a sfavore degli imprenditori e commercianti di Mazzarino, costretti a subire le estorsioni di ingenti somme di denaro che poi andavano a finire nelle “casse” dei detenuti.

Gli omicidi con il metodo della “lupara bianca”

Non solo estorsioni e droga, nel mirino delle indagini sono finiti anche due omicidi, commessi nel 1984 e nel 1991. Due casi di “lupara bianca” che sarebbero serviti per far prevalere il “potere” della famiglia Sanfilippo sopra tutto e tutti.

Il primo omicidio si è verificato nel 1984, ai danni di un operaio edile di 22 anni di Mazzarino, che a quanto pare era stato sospettato di appartenere a uno dei gruppi criminali rivali. Il giovane sarebbe stato prima picchiato a sangue e poi strangolato. Il cadavere non sarebbe mai stato ritrovato.

Il secondo, invece, nel 1991, dove un 28enne sempre di Mazzarino – sospettato anch’egli di essere il custode di armi di un clan rivale -, sarebbe stato picchiato, privato delle orecchie, del naso e della dita, e poi strangolato. Anche il corpo di quest’ultimo non sarebbe mai stato rinvenuto. Pare possa essere stato gettato in un pozzo delle campagne della zona.

Le armi

Pieno controllo del territorio anche grazie alle armi di cui la famiglia mafiosa disponeva. Durante le perquisizioni relative alle indagini in oggetto sono stati rinvenuti un fucile, diverse parti di pistola calibro 9 e munizionamento.

Il traffico di droga

A conclusione, ma non ultimo per importanza, gli indagati si occupavano anche del traffico di sostanze stupefacenti. La droga veniva acquistata in Calabria, per poi essere spacciata e immessa nel mercato di Mazzarino e Gela.

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