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Forza Italia, protestano in Sicilia i primi dei non eletti: “Siamo fuori dall’Ars e dalla giunta”

È la ribellione delle seconde file. Mentre alla Regione si scuce ancora la tela di Penelope dei risultati del voto del 25 settembre – adesso all’ufficio elettorale si attende l’esito per Messina, mentre per Catania ci sono i conteggi definitivi ma non la proclamazione – in Forza Italia scatta la rivolta dei primi dei non eletti: sono candidati da migliaia di voti che hanno permesso al partito di ottenere un seggio e che nonostante questo sono rimasti fuori dall’Assemblea regionale e anche dal governo. “Sceglierò solo deputati”, ha detto infatti il presidente della Regione Renato Schifani.

Ditelo a Salvo Tomarchio. Trent’anni, imprenditore nel campo della sicurezza e cugino omonimo del ben più noto produttore di bibite e snack, Tomarchio si è buttato nella mischia in una lista difficile, quella di Forza Italia a Catania: se l’è cavata con 7.500 preferenze, ma non è riuscito a conquistare il seggio per sé, cedendo il passo alle due corazzate berlusconiane della zona, l’ex renziano Nicola D’Agostino e l’assessore uscente Marco Falcone. “Il secondo seggio – annota però Tomarchio – è scattato grazie al mio contributo di voti al partito. Che senso ha fissare regole così rigide? Altrimenti il rischio è non rinnovare mai il partito, lasciando che si candidino solo gli esponenti più anziani”.

Non che l’età possa essere una garanzia. A Palermo, ad esempio, i primi dei non eletti sfiorano i 60 anni: sono Francesco Cascio, che li compirà alla fine della prossima estate, e Piero Alongi, che li festeggerà fra una manciata di giorni. L’ultimo conteggio dà il secondo in vantaggio per una spolverata di voti, sul filo dei 6.200 consensi personali: potrebbe però essere inutile, perché entrambi rischiano di restare fuori da tutto, visto che chi li precede, Gianfranco Micciché, sembra deciso a rimanere in Sicilia anziché optare per l’altro seggio ottenuto, a Palazzo Madama

Anche per questo il presidente uscente dell’Ars, che è anche il coordinatore del partito in Sicilia, prova a spezzare una lancia per loro: “La storia di Forza Italia – dice – è piena di compensazioni. Non saremmo diventati il partito che siamo se non avessimo riconosciuto il giusto merito a chi dà tutto per portarci a questi risultati. Lo dice anche la storia recente: nel governo Musumeci, ad esempio, entrarono come assessori i primi dei non eletti, Bernardette Grasso, Edy Bandiera e Toni Scilla”.

anto più che quest’ultimo si trova esattamente nella stessa situazione: separato da una manciata di voti dall’uscente Stefano Pellegrino, nonostante una messe di 5.200 preferenze è rimasto fuori dall’Assemblea regionale. “Io – avvisa l’interessato – penso che i criteri rigidi siano sbagliati. Bisogna salvaguardare l’interesse del partito e dei territori, tanto più se si tiene conto delle competenze”.

Scilla è stato l’assessore all’Agricoltura nella giunta Musumeci, e dunque potrebbe aspirare alla continuità: “A me – prosegue – sembra giusto che sia il partito a riflettere. Posso dire solo una cosa: sono il coordinatore provinciale di Forza Italia a Trapani, mi sono speso per tutti in questa campagna elettorale”.

Un mese dopo il voto i risultati non ci sono ancora, ma per Schifani la prima grana c’è già. Ed è un malumore che arriva direttamente dal suo stesso partito.

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