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Reddito, si taglia: basta sussidio a 660mila occupabili. Resta per i fragili

«Tagliare sprechi e furbetti del reddito di cittadinanza per creare lavoro vero, a breve dalle parole ai fatti», annuncia il vicepremier e ministro delle Infrasrutture, Matteo Salvini, in un post su Facebook dopo la notizia dell’ennesima truffa sul sussidio grillino. E la stretta ormai è imminente. La «discontinuità» arriva anche sulla misura bandiera dei 5 stelle sostenuta nel tempo, anche se sempre più tiepidamente, dal Pd. Il governo Draghi era intervenuto correggendo alcune delle storture più evidenti, ma il governo di centrodestra accelera per limitare la platea dei beneficiari.

Già nel discorso in Parlamento per la fiducia, Meloni aveva bollato la misura come «una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia» e aveva chiarito di voler «mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare», ma «per gli altri la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza, ma il lavoro». Salvini propone di sospendere per sei mesi la misura «a quei 900mila percettori del reddito che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi» e utilizzare le risorse per prorogare Quota 102. «Per realizzare il progetto nel 2023 secondo i calcoli dell’Inps serve poco più di un miliardo». Ma i conti non tornano e individuare dove tagliare è più complicato.

Secondo una nota dell’Anpal, l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, i beneficiari del reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono 919.916. Di questi però 173mila (18,8%) risultano già occupati e 86mila (9,4%) sono esonerati (minori, anziani e disabili), esclusi o rinviati ai servizi sociali. Restano 660mila beneficiari (il 71,8%) tenuti alla sottoscrizione del patto per il lavoro. Su questa platea dovrebbe arrivare la scure del governo. Ma sono davvero occupabili? «Dei 660mila beneficiari soggetti al patto per il lavoro, quasi i tre quarti il 72,8%, corrispondente a 480mila persone non ha avuto un contratto di lavoro subordinato o para-subordinato negli ultimi 3 anni», fa sapere l’Anpal. «Si tratta di individui che complessivamente esprimono alcune fragilità rispetto al bagaglio con cui si affacciano ai percorsi di accompagnamento al lavoro e che nel 70,8% dei casi hanno conseguito al massimo il titolo della scuola secondaria inferiore. Solo il 2,8% presenta titoli di livello terziario, mentre un quarto ha un diploma di scuola secondaria superiore».

Questo è il nodo. Perché pur essendo tecnicamente occupabili, non sono profili facilmente collocabili, visto che le aziende ricercano soprattutto figure formate e pronte a essere inserite subito. I centri per l’impiego con i navigator che dovrebbero essere l’anello di congiunzione tra percettori e imprese, spesso non riescono a proporre nemmeno un’offerta di lavoro ai beneficiari del reddito. Se il 73% degli occupabili non ha avuto esperienze di lavoro negli ultimi tre anni, chi l’ha avuta nel 36% dei casi non è andato oltre i tre mesi.

Le persone da collocare per il 48% hanno più di 40 anni, per cui anche la formazione risulta difficile. Il 75% dei 660mila risiede al Sud, e per il 57% del totale si tratta di donne. Un ultimo dato: su 503mila usciti dalla percezione del reddito di cittadinanza nei primi sei mesi del 2022, quelli che oggi hanno una nuova occupazione sono appena 114mila. Ecco perché è una sfida in salita.

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