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L’odissea di nonno Angelo: cade, risulta positivo e viene sballottato ……

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Ersilia Lombardo
Mio padre  Angelo Lombardo, conosciuto a Gela per le sue creazioni artigianali, le scarpette in miniatura, vive solo da quando si è separato da mia madre, ed è sempre stato autosufficiente.
Di lui si è sempre occupato mia sorella, fungendo da semplice supporto nelle sue attività principali, fare la spesa, mio padre non guida da decenni, e magari preparargli un pasto caldo. Da quando è esplosa la pandemia, mio padre, per paura di contagiarsi non è più uscito di casa. Venerdì 17, mia sorella, dopo la consueta visita a mio padre, manifesta i primi sintomi influenzali e non va più da lui per paura di contagiarlo anche con una semplice influenza. Purtroppo il 20 settembre scopre di essere positiva. Io e i miei fratelli iniziamo a recarci da mio padre per continuare a garantirgli un pasto caldo e assicurarci che avesse tutto ciò di cui aveva bisogno. Il 21 mattina, mio padre purtroppo è caduto a causa di un capogiro mentre cercava di andare in bagno. Con i miei fratelli riusciamo a metterlo a letto e cerchiamo di capire se avesse avuto esiti particolari per via della caduta. Mio padre risulta poco lucido e non riesce a mettersi in piedi per andare al bagno. A quel punto, chiamo il 118 e spiego la situazione. Arrivati in ospedale, al tampone mio padre risulta positivo al Covid, e da qui inizia un infinita odissea.
Il personale dell’ambulanza che lo aveva trasportato si rivolge a me accusandomi di avere contagiato mio padre, ma comprendo la preoccupazione degli addetti ai quali non sono riuscita a spiegare la situazione, ma la cosa più grave è che mio padre viene trattato come un paziente covid e non per la reale motivazione per cui si trovava in ospedale.
Rimaniamo in attesa e cerchiamo di spiegare, per quasi tutto il pomeriggio risulta impossibile parlare con il medico che aveva raccolto l anamnesi di mio padre e che aveva predisposto solo esami e Tac torace.
Finalmente cambia il turno, il medico ci ascolta e capisce che mio padre non è attendibile e che quindi deve necessariamente chiedere a noi cosa è accaduto.
Ripeto più volte che mio padre vive solo che a seguito della caduta non si alza per andare in bagno e che lamentava dolori alla gamba, mi rispondono che in ospedale c’è carenza di personale e che comunque mio padre non ha un quadro clinico che possa giustificare un ricovero, per cui l’indomani sarebbe stato dimesso dopo la seconda tac encefalo di controllo. Chiedo di fare una dimissione protetta, perché noi figli non siamo in grado di prenderci cura di mio padre in quelle condizioni, mi viene detto che questo non è un problema dell’ospedale e che non possono risolvere un problema mio e della mia famiglia.
Torno a casa, ovviamente in isolamento, e inizio a cercare telefonicamente una soluzione. Nessuno degli enti preposti a fornire quanto meno una risposta esaustiva ha avuto almeno la gentilezza o l’educazione di fornire chiarimenti sul perché nella provincia di Caltanissetta non esiste una struttura idonea ad accogliere una persona che, per decorso clinico di differente patologia, peggiora e risulta essere positivo. Se fosse stato negativo sarebbe andato in una Rsa, o comunque avrebbe avuto la possibilità di approfondire la diagnosi neurologica dopo la tac eseguita. Invece, non essendoci strutture idonee, mi viene detto “problemi vostri” ho contattato lo Spemp, Usca, ASL, il Sant’Elia che al suo interno ha un Rsa Covid, che però non accoglie mio padre perché, così mi dicono, l’Rsa Covid non è altro che un distaccamento del reparto di infettivologia, per cui non capiscono perché devono trasferire mio padre da Gela visto che anche nel nostro ospedale abbiamo un reparto di infettivologia… E quindi? “problemi vostri” nella disperazione più totale contatto il sindaco al suo cellulare, ma ovviamente non risponde alla mia chiamata, figuriamoci richiamare, ma d’altronde, qualche mese fa avevo segnalato un disservizio via Pec e non mi ha risposto, immaginiamo una chiamata…anche la dottoressa Gnoffo ho tentato di contattare telefonicamente senza nessun esito.
Comprendo che non avessero il mio numero in rubrica e comprendo che magari non sono l’unica persona ad interpellarli, ma buona norma sarebbe richiamare.
Ho continuato a cercare disperatamente, sono stata per 3 giorni a litigare al telefono con medici sufficienti e che hanno pure la presunzione di dare consigli del tipo “prendete una badante”, “io mio padre lo avrei preso a casa con me” e affermazioni medico-tecniche del genere. Perché si sa, per evitare il diffondersi del virus dobbiamo stare a stretto contatto con un positivo o addirittura assumere una badante e farla contagiare, mi sembra assolutamente ragionevole.
Venerdì 24 mattina finalmente trovo una struttura privata che può fornire sollievo a questa tremenda situazione, contatto l’infettivologia e comunico l’indirizzo per organizzare l’ambulanza, il medico in turno mi riferisce che mio padre è stato dimesso il 22 pertanto, a titolo di favore personale, è posteggiato, ma che risultando dimesso è illegale organizzare l’ambulanza, lo risolva lei. A quel punto chiedo legalmente dove fosse stato trasportato mio padre essendo paziente non deambulante, ma la risposta sono urla e accuse di non volere pagare l’ambulanza a mio padre. Cerco un servizio privato, ma il trasporto di un positivo va eseguito con ambulanza covid e non c’era possibilità di farlo privatamente. Mi ricontatta la Dottoressa dell’infettivologico e mi riferisce che mi faranno il favore di trasportarlo nel pomeriggio, ovviamente anche questo non avviene e mio padre viene finalmente trasportato in struttura il 25 intorno a ora di pranzo. Inviano la cartella clinica del pronto soccorso in struttura e appena la leggo trovo indicato che mio padre risulta allettato da 1 anno, e che ha sintomi covid da 10 gg, lo avrebbe dichiarato mio padre, si legge inoltre che anche se il 118 comunica di essere andati per una caduta, mio padre dice di non essere caduto e quindi la cosa è stata ignorata. Peccato che mio padre abbia una encefalopatia multilacunare e quindi è lucido un minuto si e il resto del giorno no…
Ho tentato allora di contattare Urp del nostro Ospedale, per chiedere se fosse possibile correggere questo dato, che, posso immaginare, avere generato confusione nella gestione del ricovero di mio padre, mi rispondono di parlare con il direttore del pronto soccorso, Irreperibile. Chiamo la direzione sanitaria che mi invita a mettere un legale perché quello è un atto pubblico, documento legale e non si può modificare, ma a quanto pare si può dichiarare il falso.
Adesso mio padre é in una struttura protetta, ben tutelato, curato e attenzionato, ma non grazie a chi dovrebbe tutelarci. Mio padre ha dei figli che si sono prodigati per non lasciarlo parcheggiato e si sono rivolti ad una struttura privata e a pagamento, e quei poveri nostri anziani che non hanno chi si occupa di loro?
La politica locale ha più volte cercato di sfruttare la vetrina di mio padre per propaganda, e, alle volte, mio padre ha creduto alla storiella che il candidato di turno gli raccontava che avrebbero dato visibilità alle sue creazioni.
Ma siamo stati abbandonati, il personale dell’ospedale è carente e c’è solo un ambulanza Covid, queste le lamentele del personale… Beh l’ospedale è carente di umanità, di gentilezza, di educazione e di buone maniere oltre che di personale.
La nostra amministrazione dovrebbe vergognarsi di avere una struttura simile.
L’ospedale era per me una perla, vanto sulle mie labbra per come era stata curata mia sorella maggiore, ricoverata spesso in Hospice per la malattia che ce l’ha portata via, il personale eccezionale e i medici delle perle rare hanno reso quei giorni sopportabili dandoci respiro e sollievo, ma dopo questa esperienza ho capito che quella è una realtà a parte… Una singola isola felice in mezzo al marasma di maleducazione, saccenza e incapacità di comunicare in modo efficiente. Dopo 2 anni di pandemia dovremmo vergognarci”.
LOMBARDO ERSILIA IRIS
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