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La lettera del Commissario (in divisa): raccomandazioni ossessivamente ripetute e a lungo inascoltate.

La struttura commissariale per l’emergenza, ovvero Francesco Paolo Figliuolo, ha inviato qualche giorno fa a Ministero della Salute e Ministero dell’Istruzione, Protezione Civile, Comitato tecnico scientifico, Istituto Superiore di Sanità e Inail, e scusate se è poco, una lettera di indicazioni per organizzare la ripartenza del prossimo anno scolastico “per le scuole di ogni ordine e grado”. Figliuolo la invia adesso, per tempo, da esperto di logistica e grandi numeri ha capito che adesso è persino tardi quando si parla di scuola.

Ci dica dove dobbiamo firmare, ci dica di che supporto ha bisogno, noi ci saremo. Sembra di leggere, messe in fila una dopo l’altra, le raccomandazioni spesso inascoltate che molti di noi danno da mesi e mesi per aprire in sicurezza e, soprattutto, per evitare le finte aperture, quelle cioè dell’apri e chiudi, o delle scuole aperte che aperte non sono, perché fin da subito, senza le necessarie accortezze, hanno una, due, dieci classi in quarantena. E, a quelle quarantene, si accompagnano parenti malati o in quarantena anche loro, curve che non si abbassano, e torniamo dal via.

Dunque, finalmente, una persona di buon senso e intelligenza comprende che è da lì che bisogna partire per aprire e tenerle aperte, dalla sicurezza, perché le scuole e il processo di apertura non sono sicuri finché non li si rende tali. Vediamo cosa indica Figliuolo nel dettaglio. Finalmente si concentra sul dentro l’involucro edilizio e non soltanto sul fuori. Indica innanzi tutto misure di testaggio e tracciamento dei positivi. Verificare dunque adesso che tipo di tamponi effettuare sulla popolazione scolastica, a cura del Ministero della Salute ma col supporto della struttura commissariale.

È necessario, dice il Commissario, mettere in campo, come è stato fatto in modo efficace in altri Paesi, una combinazione di interventi, non uno solo, ovvero: mascherine, distanziamento e ventilazione degli ambienti.

Mascherine, distanziamento e ventilazione degli ambienti. Tutti e tre, non in alternativa.

Giuro c’è scritto così, pare di leggere quello che ossessivamente ripetiamo da mesi, non perché ce lo siamo inventato, ma perché è stato fatto in modo efficace in altri Paesi, appunto. Per attuare tutto ciò, conclude Figliuolo, è necessario, adesso, verificare le necessità per sviluppare eventuali piani e dunque predisporre gli interventi necessari “con ogni urgenza possibile”. Predisporli per tempo.

Mascherine. Su quelle distribuite nelle scuole dal precedente commissario meglio stendere un velo pietoso, tanto s’è detto, tanto si dirà. Concentriamoci su un fatto: che tipo di mascherine. Il virus si trasmette nei luoghi chiusi via aerosol, ovvero particelle più piccole, nebulizzate. Questo significa verificare subito un tipo di mascherina performante (cioè che si adatti bene al viso di bambini e bambine, ragazzi e ragazze) e che sia adeguatamente sicura. Sappiamo ormai che non tutte lo sono. Personalmente consiglio a Figliuolo di approfondire con alcune ditte italiane che stanno sperimentando e producendo mascherine ad alta protezione se possono occuparsi di questo aspetto. L’importanza non è necessario sottolinearla.

Distanziamento. E qua casca l’asino, l’aspetto più delicato, avendo verificato, e si spera archiviato, come uno dei più grandi insulti all’intelligenza degli italiani e delle più grandi fesserie del primo ventennio del nuovo secolo la vicenda del metro delle “rime buccali”. Il virus via aerosol pare si trasmetta per non meno di due metri in luoghi affollati e chiusi, soprattutto se a lungo stazionamento il rischio è alto. Dunque il distanziamento tra le suddette rime è opportuno sia non meno di due metri, e potrebbe non bastare. Ma come si fa? Soprattutto nelle prime classi della secondaria di secondo grado sono frequenti le classi di 30 e più studenti, dovrebbero avere aule di almeno 65mq per osservare quel distanziamento, così non è. Non è il caso di osservare la media degli studenti per classe in Italia, perché la media dice poco. Vanno disaggregate quante e quali classi hanno più di 27 alunni e agire.

Come è possibile avere classi con più di 30 studenti se la legge indica come 27 il numero massimo di studenti per classe nella secondaria? Perché un decreto approvato sotto il dicastero Gelmini diede la possibilità di deroga a tale limite in casi eccezionali. L’eccezione è presto diventata la regola e son quasi 15 anni che, soprattutto nelle prime classi delle secondarie di secondo grado, si formano queste classi mostro. Qualcuno dice che non ci sono, qualcuno, realisticamente, replica che ci sono. Non ci vuol molto a contarle e a vedere quante e dove sono. I dati della Scuola il Ministero li ha. Va da sé che sono anche le classi dove si boccia di più e dove più facile rimanere indietro se si hanno fragilità e dove è quasi impossibile essere recuperati, soprattutto se si è di contesto deprivato e non si hanno a disposizione lezioni private, uno dei grandi segnali della diseguaglianza. Insomma quelle classi rappresentano esattamente il contrario di quel che è il mandato pedagogico didattico delle nostre indicazioni nazionali. La cosa cioè non va già a prescindere dalle pandemie.

Siamo in pandemia e dunque mettiamoci anche questa. Che fare? Eliminare quel decreto con un altro decreto, tornare a osservare la legge, che è anche buon senso, oltre che necessità. Questo significherebbe avere meno alunni per classe, distanziare meglio, ma, soprattutto, studiare meglio. Significa però dover formare un maggior numero di classi, dunque avere più docenti e più aule. E qua entra in campo il medio e lungo periodo, ovvero le risorse o dello Stato o del Recovery Plan, per riprogrammare a misura di buon senso la scuola. Per settembre si potrebbe iniziare annullando la deroga per le prime due classi della secondaria di secondo grado, laddove non vi siano i locali, rassegnarsi ai doppi turni se necessario. Ma, nel lungo periodo, agire sull’edilizia scolastica, per avere altre aule, insieme ad altre scuole o a scuole rinnovate e agire sulla formazione e selezione di nuovi docenti. Entrambe voci presenti nel Recovery Plan. Rinnovare la scuola, cioè, non si riduca a cablare la scuola.

Ventilazione degli ambienti. Anche in questo caso c’è da distinguere il breve, il medio e il lungo periodo. C’è anche da chiarire nuovamente la materia, perché è tutto fuorché compresa ai più. Giustamente ieri Maria R. si lamentava con un “sì, certo, avete spalancato le finestre a febbraio e adesso ho mio figlio con una bronchite cronica che non sappiamo come curare, visto che non passa”. Con buona pace di coloro che a ottobre, quando paventavamo il problema, replicavano con il sempre verde “che sarà un po’ di freddo, mio nonno scendeva dai monti con la neve per andare a scuola”, pensiero bislacco oltre che fuori normativa espresso da solitari abitanti di uffici o stanze calde e fredde alla bisogna, non viceversa. Stanze in cui se si rompe o il condizionatore o il riscaldamento, i suddetti nipoti del suddetto nonno, già sono murati al telefono per risolvere il problema. E, se hanno datori di lavoro, quei datori glielo devono risolvere, anche in fretta, per legge, appunto. Scusate la digressione. Ventilazione degli ambienti, dunque, svolgimento.

In mancanza di meglio aprire le finestre, appunto. Da adesso a luglio va benissimo, per settembre va organizzata meglio la questione. Visto che abbiamo tutti i telefoni e parliamo di bambini e bambine, di figli e figlie, diamoci una regolata e svegliamoci, come giustamente sollecita Figliuolo, e cerchiamo di capire cosa possiamo fare subito, adesso, visto che le scuole sono aperte, cosa si potrà fare a settembre e cosa potremo fare nel lungo periodo.
Premessa: abbiamo detto che nei luoghi chiusi il virus viaggia via aerosol, più l’aria è viziata e poco areata maggiore il rischio, nel caso in cui stazioni in quell’aula un positivo è probabile che si infettino altri se non si agisce. Aprire la finestra fa ammalare il figlio di Maria e potrebbe non bastare.

Azione adesso. La prima e più semplice cosa da fare è dotare tutte le aule di un rilevatore di CO2. Nessuna paura, è un aggeggino piccolo, misura la concentrazione dell’aria e segnala i livelli di concentrazione di CO2 con dei colori. Ci dice dunque se l’ambiente è ben ventilato. NON SERVONO PERMESSI COMUNALI, basta acquistarlo, i costi variano tra i 20 euro e i 60. Praticamente uno o due euro a bambino. Due pizze. Lo si trova ovunque on line. Può acquistarlo un docente, un dirigente, un genitore. Piazzarlo sulla cattedra. È un aggeggino che possono acquistare anche gli uffici, i bar, i ristoranti, le palestre, noi e portarcelo in giro. La seconda cosa da fare, se il rilevatore segnala un’alta concentrazione e dunque un ambiente a rischio nonostante le finestre aperte, (ci sono i casi anche di finestre sufficientemente apribili, molte scuole hanno i vasistas e ad altezza elevata, dunque l’aria gira meno a livello di “rime boccali”) la cosa che si può fare subito è acquistare un purificatore d’aria. Anche in questo caso: ne esistono molti modelli, i costi variano tra i 200 e i 500 euro, una spesa un po’ più alta, ma il decreto ristori prevede delle somme a destinare a questi acquisti. L’importante è che i dirigenti lo sappiano: ad oggi non lo sanno.

Il mio consiglio a Figliuolo è: chiedere alle autorità sanitarie e politiche di elaborare delle semplici linee guida informative per le scuole. I dirigenti non agiscono quasi mai di propria iniziativa, specialmente per materie così delicate. Ci sono casi di genitori che si sono visti vietare da parte di zelanti dirigenti la donazione di purificatori per l’aula dei propri figli. Anche in questo caso: NON SERVONO PERMESSI COMUNALI, non comportano lavori edili, sono dei dispositivi mobili, come il pinguino delonghi, più piccolo persino, basta acquistarli, attaccare la presa, accenderli. Un purificatore non è un ventilatore, prende l’aria, la filtra con dei filtri Hepa contenuti al suo interno e la rilascia pulita, uccidendo le eventuali forme batteriche e virali contenute.
Queste due cose possono farsi subito, adesso, e a settembre. Ovviamente verificando che tipo di dispositivo serve in base all’ampiezza dell’aula e al numero delle persone che vi stazionano.

Azione di medio e lungo periodo. Fino ad adesso abbiamo parlato di monitoraggio e purificazione dell’aria, non di ventilazione. Gli impianti di ventilazione, con annessa purificazione, e funzioni di riscaldamento e raffrescamento, sono per l’appunto impianti, prevedono installazione e lavori edili, dunque permessi, perlopiù comunali, progetti e stanziamenti. Possono essere installati in qualunque tipo di edificio, come osserviamo del resto già in altri edifici pubblici storici. Le scuole sono tra i pochi edifici pubblici a non esserne dotati, nonostante esista una vasta legislazione in materia che ne indica l’obbligo, precedente la pandemia. Ma che volete, mio nonno scendeva di monti con la neve per andare a scuola e dunque quelle leggi sono rimaste inattuate nel caso di bambini e bambine, tanto chi se ne lamenta? Gli studenti a dicembre occupando le scuole? Ma quello lo fanno ogni anno!! Luoghi abitati da nove milioni di italiani e italiane. Quando in altri comparti è motivo di sospensione dal lavoro la rottura degli impianti di ventilazione, riscaldamento e condizionamento.

Ma torniamo a noi. Sono opere da compiersi nel medio e lungo periodo, e vanno realizzate. Sia per la pandemia attuale sia per altre eventuali sia per motivi di igienico sanitari, come anche didattici, visto che la qualità dell’aria influisce anch’essa sui rendimenti e sui livelli di attenzione. Oggi tali progettazioni hanno raggiunto grandi livelli di specialità, possono applicarsi in edifici preesistenti (la scusante: sono edifici vecchi e cadenti non è valida, si montano ovunque) o in edifici scolastici di nuova concezione. Entra in gioco il lungo periodo e, con esso, almeno tre delle sei missioni della recente bozza del Recovery Plan: il Green, perché tali impianti rientrano nella qualificazione e riqualificazione energetica del parco edilizio esistente o da venire. La Sanità, perché riguardano la salute e il benessere della persona, la prevenzione di ogni genere di trasmissione virale e non. L’Edilizia. Insieme alle missioni Istruzione e Formazione.

Come funzionano gli impianti di ventilazione? Non tutti vanno bene, bisogna avere cura del ricircolo, di non confondere i canali di ingresso con quelli di uscita, bisogna concepirli in un unicum con l’involucro edilizio, e tanto altro, gli esperti ve ne sanno parlare. E di esperti qualificati in questa materia anche in sede internazionale il nostro Paese è pieno.

Allora, ripetiamo: mascherine, distanziamento, ventilazione. La scuola in presenza è la scuola sicura.

(Fonti e ricerche  Huffington post, la stampa, bergamo news, messaggero, il giornol)

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