Gela antica: la New York del Mediterraneo? L’età della pietra. Trovate gli intrusi.
Si inizia dall’età della pietra.
Questo primo episodio ha la durata di cinque minuti appena, tempo breve, ma ricco di spunti per un sostanzioso contraddittorio. Sarebbe il caso di dire di non sapere da dove iniziare, se non già il titolo non venisse in nostro soccorso . Il paragone con New York sembra un po’ esagerato, soprattutto per un progetto, che a detta degli stessi coordinatori e responsabili, ha ambizioni di divulgazione didattica rivolta anche alle scuole.
Equiparare l’antica Gela ad una sorta di gigantesca metropoli del mondo antico appare un parallelismo inappropriato. A partire dall’insanabile divario temporale, a cui si accompagnano le peculiari diversità degli aggregati umani in ogni epoca, per finire ad un improbabile confronto sull’ampiezza della consistenza monumentale, il paragone non regge. Ogni storia ha la sua unicità ed è legata intimamente a fattori e circostanze irripetibili.
La storia di Gela non ha bisogno di essere valorizzata con accostamenti improbabili e anacronistici, possiede già una sua ricca storia, soprattutto unica, poi è così bello, a volte, essere quello che si è. Una storia, quella della città, che nel novero delle poleis greche d’occidente, l’ha vista quasi spesso protagonista.
Se Gela antica era la New York del Mediterraneo, cosa dire allora di altre realtà del mondo antico , limitandoci a citarne solo alcune, come Atene, Siracusa, Alessandria o Corinto?
IL Rinoceronte
Superato lo scoglio del titolo, che può essere valutato soggettivamente, passiamo ai contenuti del documentario animato. Subito dopo la descrizione di una pianura di Gela coperta di boschi secolari, ricca di acque e di animali , incontriamo la prima sorpresa. l rinoceronti, ma non rinoceronti qualsiasi, pelosi, pelosissimi, certo in paleontologia si fa cenno a rinoceronti lanosi, ma va bene lo stesso, sempre di agglomerati di peli si tratta.
Il problema non è tanto il nome, quanto il fatto che in Sicilia di rinoceronti antichi non se n’é mai trovata traccia, mai registrati, con due sporadiche segnalazioni che risalgono all’800, messe già in dubbio dagli stessi scopritori, probabili equidi, mai verificate e mai verificabili. Aiutati da un sospetto e sprovvisti di conoscenze in materia, ci siamo affidati alla competenza di studiosi e soprattutto all’autorevole parere del Museo di Geologia Gemellaro di Palermo, che insieme al Museo di Paleontologia dell’Università di Catania, ospitano le più grandi collezioni paleontologiche dell’isola, risultato? non si registrano rinoceronti in Sicilia.
Gli Ippopotami
Dopo i rinoceronti si passa agli ippopotami, anzi ai grandi ippopotami, che grandi non erano, ma piccoli proprio come gli elefanti che la narrazione e le illustrazioni riportano subito dopo. Gli ippopotami in Sicilia erano nani come gli elefanti, e sono vissuti sia nell`epoca che correttamente è riportata nel racconto e cioè mezzo milione di anni fa, che in seguito. Entrambi i mammiferi, erano specie endemiche della macrofauna erbivora in Sicilia, Malta, in alcune isole del Mar Egeo e a Cipro, anche se con qualche variante probabilmente.
Non dilunghiamoci sulle cause, reali o presunte, di questo fenomeno, il nanismo, e passiamo ad analizzare altri passaggi del cort0metraggio.
Gli Elefanti
Parlando sempre di elefanti, si fa riferimento alla loro scomparsa circa mezzo milione di anni fa, si aggiunge poi che secondo alcuni ricercatori potrebbero aver vissuto in Sicilia per millenni. La domanda sorge spontanea: quale ricercatore può aver formulato una congettura del genere? Ogni studioso che si occupa di fauna preistorica in Sicilia, meglio dire pleistocenica, sa benissimo che gli elefanti continuarono ad essere presenti tra le specie animali che popolavano gran parte dell’allora Sicilia, ma non si trattava più dell’elefante nano, Elephas Falconeri, ma di una specie che lo sostituì e che forse, il condizionale è d’obbligo, contribuì, unitamente ad altri fattori, alla sua estinzione. Questo nuovo elefante non è gigantesco, ma nemmeno un nano , Elephas Mnaidriensis, raggiungeva quasi i due metri d’altezza; anche questo pachiderma in seguito si estinse, secondo gli ultimi studi ,eseguiti su di un esemplare rinvenuto a Favignana, circa 20.000 anni fa. Resti di questo elefante, di ippopotamo e di un particolare bue preistorico, vennero rinvenuti in contrada Cacaladritta, si chiama proprio così, in territorio di Niscemi .
In paleontologia quest’area è considerata come il margine sudoccidentale del Plateau Ibleo, non come Piana di Gela, che ai tempi, forse aveva un’aspetto diverso da come ce lo descrive il cartone animato. I resti in questione sono stati rinvenuti frammisti ad argille sabbiose, depositi calcarei e molluschi. Si tratta quindi di depositi marini.
Il fatto che il fondale marino, anche con il beneficio di un notevole rialzamento, difficilmente ha potuto coprire un dislivello così elevato in poco tempo e in un solo momento, Niscemi e il suo territorio, hanno un altezza media, sul livello del mare, che supera i 300 metri e fa sorgere altri dubbi sui contenuti del documentario animato. I resti trovati a Niscemi sono più recenti rispetto a quelli dell’elefante nano, che nel contributo animato, vengono con giusta approssimazione collocati a mezzo milione di anni fa. Quindi se un deposito marino posteriore all’era dell’Elephas Falconeri (elefante nano) si trova tale altezza rispetto al livello del mare, come doveva apparire la piana di Gela a quei tempi .Ricoperta di boschi? Con molti animali? Forse progenitori di cefali, spigole ,anguille, seppie e calamari? Una cosa è certa, di acqua ce ne doveva essere in abbondanza.
L’Uomo Sapiens
Proseguendo con le illustrazioni e la narrazione, ci viene fornito un altro dato, quello che l’uomo Sapiens, nel frattempo arrivato 50.000 anni fa, probabilmente non ha potuto incontrare questi mammiferi, ma se non è riuscito al Sapiens di incontrarli, ecco che dal cortometraggio spunta un simpatico omino di Neanderthal, una specie di turista tedesco ante litteram molto abbronzato, che forse si, è riuscito ad incontrare ed accarezzare i pachidermi. Altro dettaglio curioso, sempre illustrato, è che hanno la stessa altezza con mamma elefante, le femmine di questa specie non raggiungevano i 90 cm , dobbiamo dedurre quindi che si tratta di un Neanderthal pigmeo.
Quante incongruenze in pochi secondi di filmato. Ad oggi, la prima presenza umana in Sicilia si fa risalire ad un periodo che oscilla tra gli 11.000 e 14.000 anni fa, discutibile certo, ci sono reperti che potrebbero portare un po più indietro la presenza in Sicilia dell’uomo , ma dei Neanderthal sull’isola non c’è nessuna traccia.
L’incontro ipotetico tra Neanderthal ed elefante nano non è mai potuto avvenire nemmeno fuori dalla Sicilia, poiché come detto , l’elefante nano era specie endemica esclusiva di poche isole in cui non si è mai registrata presenza dell’uomo di Neanderthal.
Le grotte scavate nella roccia
Il documentario animato, continua riportando che 10.000 anni fa, fine dell’ultima glaciazione , i primi siciliani vivevano in grotte scavate nella roccia, peccato che a tutto questo racconto, si associa un’ambientazione uguale e precisa ad una caratteristica necropoli dell’età del bronzo, realizzata replicando l’aspetto con cui queste emergenze culturali si ammirano ai nostri giorni.
Fedeli a quanto dichiarato dai coordinatori del progetto in un’incontro tenutosi prima dell’anteprima mondiale, cioè che questa tecnica di realizzazione attraverso l’animazione rende facilissima la comprensione dei contenuti trasversalmente a tutte le età, è innegabile che le presunte abitazioni in cui questi uomini di 10.000 anni fa vivevano, in realtà sono tombe a grotticella e a forno, che si datano dall’età del bronzo antico, XXII secolo a.C, fino a scendere gradualmente sino agli anni della nascita delle prime colonie greche e in alcuni casi anche poco oltre.
Si rimane basiti nel vedere uomini di 10.000 anni fa vivere all’interno di tombe ideate e ricavate sulle pareti di roccia migliaia di anni dopo, incredibile acrobazia anacronistica. Queste necropoli rappresentano l’eredità materiale più evidente e presente in quasi tutta la regione, di questo periodo storico, non dimentichiamo poi che in origine tutti i loculi erano chiusi da portelli in pietra, quindi non si presentavano assolutamente come riportati nelle illustrazioni del cortometraggio , con gli abitanti tra l’altro ben forniti di vasi che sempre se teniamo fede al disegno, di vimini non sono ,ma di terracotta e le terrecotte più antiche in Sicilia si fanno risalire alla Cultura di Stentinello , fine del VI millennio a.C, altro che 10000 anni fa.
Tombe dunque , come a Pantalica e a Dessueri e non abitazioni; questa gente viveva già da qualche millennio prima in comodi villaggi. La più antica presenza umana a Gela viene fatta risalire alla fine del IV millennio a.C, con presenza considerevole per tutto il periodo successivo, fino alla metà del II millennio a.C.
Tracce di villaggi sono state individuate sull’acropoli, con vicine aree di sepolture a pozzetto ricavate verticalmente sul banco roccioso, soluzione adottata perché non si disponeva di pareti scoscese di roccia. Sepolture dello stesso tipo occupavano diverse aree della collina. Un intero villaggio di epoca Castellucciana è stato indagato dal Professore Piero Orlandini a Manfria nel 1960.