Cronaca

Dall’Olanda a Gela per finire contagiati

Gela – In tempo di Coronavirus le storie proliferano. Ce n’è per tutti i gusti. Storie pietose, storie di morte incombente e di rabbia, storie di lavoro interrotto e di gente che non lo avrebbe mai messo in conto e invece ci deve fare i conti. Fra le situazioni che arrivano alla nostra redazione c’è la vicenda di due persone provenienti dall’Olanda che, dopo una vita di lavoro, si concedono la meritata vacanza. Lui gelese di origini, lei proveniente dal nord Europa. Arrivano qui, godono per qualche giorno del tepore del sud, dei tramonti mozzafiato di Gela, del mare e poi avvertono strane sensazioni di malessere. Visite, consulti, richiesta di assistenza all’ospedale: coronavirus. E del tipo serio. Con tanto di casco (o scafandro), un particolare dispositivo utilizzato in ambito intensivo e semi-intensivo per la somministrazione della CPAP (Continous Positive Airway Pressure).Il casco per l’erogazione della CPAP è un dispositivo in PVC trasparente, la cui tenuta è garantita da un collare estensibile che si adatta al collo del paziente e viene fatto indossare in modo da circondare l’intera testa.

La coppia è monitorata costantemente.

Un’altra storia riguarda una persona transessuale, ricoverata da settimane. Una vita da persona che avrebbe voluto essere felice nella sua nuova vita e invece deve confrontarsi col Covid.

E poi c’è la sala di bellezza dove un positivo ha contagiato una serie di persone fra personale e clienti. E finisce per il momento, il lavoro dei parrucchieri.

 

 

 

 

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