“Con il Reddito mi ribellerei” – Anche Lucia (nome di fantasia) lavora in un agriturismo che produce succhi di frutta biologici. Un’eccellenza nel campo della sostenibilità del prodotto, un po’ meno in quello delle condizioni di lavoro. Sul suo contratto sono segnate un centinaio di giornate lavorative all’anno, ma in realtà sono più del doppio. Così non riesce a ottenere i bonus fiscali e matura meno contributi rispetto a quelli che dovrebbe avere. Nella stagione estiva si occupa della gestione dell’agriturismo: pulire le stanze, preparare la colazione, lavare le lenzuola. Sette ore di lavoro al giorno per 35 euro. Ottocento euro al mese, 350 in busta paga. “E si lamentano pure che quest’anno non trovano personale per colpa del reddito di cittadinanza”. Lucia non è mai riuscita ad accedere al sussidio, ma si chiede: “Se mai riuscissi ad averlo perché mi dovrei spaccare la schiena per 800 euro quando posso prenderne 500 senza venire sfruttata?”. I numeri dello sfruttamento – Dopo la nascita sul web, la rete calabrese ha iniziato a organizzare iniziative anche in presenza. Volantinaggi nei luoghi del turismo e assistenza nelle vertenze dei lavoratori. Oggi il gruppo “Mai più sfruttamento – Calabria” raccoglie un migliaio di stagionali che nelle scorse settimane hanno risposto al sondaggio proposto dall’Usb, per provare a dare una visione d’insieme delle condizioni di lavoro nel settore. Il quadro che emerge è quello di uno sfruttamento diffuso. Un lavoratore su cinque dichiara di lavorare in nero, il 64,2% ha ammesso di fare più ore rispetto a quelle previste dal contratto e soltanto il 6,3% afferma di avere un contratto in regola. Alla domanda “Hai mai ricevuto ricatti relativi al lavoro?” solo il 37,5% dichiara di non averne subiti, mentre più di un lavoratore su tre ha dichiarato di essere stato costretto a far finta di niente dopo un infortunio. E quando si parla di retribuzione, più della metà dei lavoratori dichiara di essere pagato meno di cinque euro l’ora. La vera domanda che andrebbe fatta ai datori di lavoro, conclude Cortese, è questa: “Se il tuo dipendente di due anni fa fosse stato pagato in regola, non avrebbe avuto un Isee così basso da prendere il reddito di cittadinanza. Dunque, se pensi che quest’anno non è venuto a lavorare per colpa del reddito, significa che non lo pagavi abbastanza, o lo pagavi in nero”. (FQ)