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Coronavirus, gli adolescenti invincibili e la clausura contestata: «Stare in casa? Ma dai…»

C’è anche chi però, bollettino dopo bollettino, ha colto il senso dell’emergenza collettiva. Rocco, 20 anni, nel limbo dell’università sospesa causa decreto, si è messo a disposizione per fare volontariato familiare: «Mi sono reso disponibile per fare la spesa per mio nonno malato oncologico. Non voglio che esca di casa, è troppo pericoloso». Anche la sua vita di sempre prosegue con una tara: «Continuo a uscire evitando baci e abbracci», dice, mentre si lava le mani per la terza volta nelle ultime tre ore. E stavolta non è solo una paranoia adolescenziale. «La cosa che mi pesa di più non è non poter uscire la sera con gli amici, ma i limiti di circolazione – spiega Giovanni, 16 anni -. Questo weekend saremmo dovuti andare a trovare i nonni che non vedevamo da Natale.

Sofia, 19 anni, cerca di mettere qualche puntino sul puzzle delle nuove regole. La preoccupazione (diffusa) è sempre quella di fare sacrifici che sarebbero vanificati dal menefreghismo altrui. «Mi rendo conto che la situazione sia molto complicata da gestire per le autorità. Per noi è molto più semplice, basterebbe attenerci a semplici regole, adesso è tutto nelle nostre mani», dice.

Per dare il buon esempio questo weekend non è uscita come capita di solito. Una cenetta a casa: minimo sindacale. «Sono musicista, un po’ pazza per natura, ma anche particolarmente ipocondriaca – aggiunge Silvia, 15 anni -. Inizialmente non ci davo peso poi mamma mi ha spiegato i pericoli che corrono soprattutto i nonni e che noi possiamo essere un veicolo per il virus. Per cui mi sembra irresponsabile che alcuni miei coetanei continuino a darsi appuntamenti in giro». Eccola la mancanza di rispetto che può diventare una trappola. Ma anche l’occasione per i giovani d’oggi di superare con il proprio ottimismo una delle prove più difficili della storia del Paese. Un’emergenza venuta fuori così, da un giorno all’altro. Ma i giovani sono allenati a incassare i rimbalzi della vita.

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