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Il CGA smentisce la Prefettura: i rapporti parentali non implicano la permeabilità dell’impresa da parte della criminalità

F.R di Canicattì, di 52 anni, conduce in forma individuale dal 1992 un’azienda agricola a Butera comune della provincia di Caltanissetta; nell’esercizio della propria attività.  F.R ha ottenuto finanziamenti pubblici a valere sulle misure del PSR 2007/2013, per la realizzazione di opere di miglioramento fondiario.
Nel 2011 in particolare a F.R è stato concesso un contributo pari ad € 349.490,00. L’amministrazione regionale, con successivo provvedimento, adottato a ben tre anni di distanza rispetto alla concessione del contributo, avviava il procedimento di revoca della concessione accordata, in ragione di un’informativa antimafia
interdittiva resa dalla Prefettura di Agrigento nei confronti di F.R. Avverso il provvedimento di revoca nonché l’informativa antimafia veniva proposto un ricorso giurisdizionale innanzi al Tar Sicilia
Palermo. Nelle more,  F.R al fine di sgravare la sua posizione e sollecitare una nuova disamina dei fatti posti a fondamento del provvedimento interdittivo, ha prodotto documentata richiesta di aggiornamento dell’informativa ex art. 91 co. 5, D.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, adducendo fatti nuovi favorevoli rispetto a quelli vagliati al
momento dell’adozione dell’informativa. E tuttavia la Prefettura di Agrigento sulla scorta di valutazioni
totalmente non condivisibili ed errate, confermava integralmente il presunto giudizio di permeabilità mafiosa di cui alla precedente informativa interdittiva, ribadendo una pretesa attualità delle circostanze fattuali poste a fondamento del primo provvedimento interdittivo. Nessuna valutazione veniva invero effettuata in ordine alle circostanze favorevoli rassegnate dal Sig. F.R nella propria istanza di
aggiornamento, e nessuna idonea verifica della persistente attualità dei
fatti posti a fondamento dell’ informativa adottata.
La Prefettura di Agrigento ha peraltro fondato sia la prima informativa
interdittiva, sia il rigetto dell'aggiornamento, su una presunta
cointeressenza tra  F.R ed alcuni componenti del proprio nucleo
familiare ritenuti contigui alla criminalità organizzata, assumendo che i
normali e naturali rapporti affettivi con i propri familiari implicassero
necessariamente e obbligatoriamente la comunanza di interessi
economici, valorizzando ed incentrando quindi l’ informativa interdittiva
esclusivamente sui vincoli di parentela intercorrenti tra il Sig. F.R e
alcuni familiari che, invero nessuna posizione neanche in via di mero
fatto ricoprivano all’interno dell’azienda del medesimo.
Anche avverso il nuovo provvedimento adottato in esito alla richiesta di
aggiornamento il Sig. F.R si vedeva costretto a proporre motivi aggiunti
di ricorso evidenziandone i ridetti profili di illegittimità.

Il giudice adito in prime cure ha tuttavia respinto il ricorso proposto,
ritenendo l’informativa prefettizia immune dai vizi denunciati,
assumendo verosimile una presunta cointeressenza tra F.R ed i
componenti del proprio nucleo familiare.
Siffatta decisione di primo grado è stata integralmente riformata dai
giudici del Consiglio di Giustizia Amministrativa aditi in appello dal Sig.
F.R con il patrocinio degli Avv.ti Girolamo Rubino

e Lucia Alfieri;
Con la sentenza n 165/2020 il Consiglio di Giustizia Amministrativa,
accogliendo le difese spiegate dai suddetti legali Rubino e Alfieri, ha
disposto l’annullamento sia del provvedimento interdittivo sia del
provvedimento di revoca del contributo già erogato in favore del Sig.
R.F , ritenendo che il provvedimento interdittivo non fosse suffragato da
elementi indiziari idonei a ritenere sussistente un pericolo di
condizionamento mafioso della ditta individuale di cui il Sig. F.R è
titolare, e ribadendo a il principio secondo cui “oltre al mero
rapporto familiare (parentela, coniugio, affinità) occorre il concorso di
ulteriori elementi, ossia di un quid pluris tale da poter dare effettiva
consistenza al pericolo d’infiltrazione mafiosa, rendendolo verosimile.
E nel caso in esame il Consiglio di giustizia amministrativa,
condividendo la difesa degli avv.ti Rubino e Alfieri, ha ritenuto
insussistenti quegli elementi tali, nel loro complesso, da fornire
obiettivo fondamento alla possibilità che l'attività d'impresa possa
agevolare le attività criminali, o esserne in qualche modo condizionata.
Per effetto di tale decisione;  F.R potrà beneficiare del contributo
concesso che, ove recuperato, avrebbe causato un sicuro tracollo
finanziario e la cessazione dell’attività

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