Cronaca

Le vecchie condanne non bloccano il reddito grillino

Una pena accessoria, quale l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, legata a una vecchia condanna non può in alcun modo comportare la sospensione del reddito di cittadinanza.

Questo, in sostanza, il verdetto espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 38383. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso di un cittadino beneficiario della misura, che si opponeva al sequestro preventivo di denaro disposto in aula nell’ambito di un’indagine per truffa finalizzata all’ottenimento di erogazioni pubbliche. La condanna dell’imputato, per reati ostativi, rapina e sequestro di persona, era divenuta definitiva 30 anni prima dell’invio dell’istanza per accedere al Rdc.

Tuttavia tra le pene previste per il trasgressore c’era anche quella dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, cosa che, secondo il Tribunale giudicante, non dava diritto di accedere al beneficio. Ciò in applicazione dell’articolo 28, secondo comma numero 5 del Codice penale, che non concede al condannato il percepimento“degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico”. Pur ritenendo il reddito di cittadinanza una prestazione assistenziale mirata alla “sopravvivenza”, e dunque contraddistinta da caratteristiche che non consentono un puntuale raffronto con stipendi o pensioni, il gip aveva determinato non solo che ciò non escludeva il fatto che il condannato potesse essere privato del beneficio, ma che “anzi, a maggior ragione, il sussidio debba essere ricompreso tra le prestazioni revocabili”.

Considerazioni distanti da quelle fatte del capo dell’ufficio legislativo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dalla Corte di Cassazione, che ha infine deciso di accogliere il ricorso, ribaltando la sentenza.

Innanzi tutto, secondo gli Ermellini il reddito non può essere considerato alla stregua di un assegno, essendo caricato direttamente su una Carta che consente solo l’acquisto di beni di prima necessità. Oltre ciò, il reddito, sostegno “di natura ibrida” finalizzato a contrastare povertà, disuguaglianza ed esclusione sociale, è già regolamentato da norme che stabiliscono la sospensione della sua erogazione. Tra queste l’aver ricevuto la condanna in via definitiva per reati gravi a meno di dieci anni di distanza dall’invio della domanda per l’ottenimento del beneficio. La pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici si basa su una norma che consente delle deroghe, dato che essa prevede che tale interdizione privi i condannati di una serie di diritti “salvo che dalla legge sia altrimenti disposto”.

Mancherebbe quindi nel caso specifico il “fumus del reato” in relazione al quale è stato disposto il sequestro delle somme nei confronti del diretto interessato.

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