Attualita

I reperti che bussano dal sottosuolo per salvare Gela

..e la burocrazia che insabbia

Gela – Non accenna a fermarsi l’emorragia di cultura che arriva dalle viscere della terra di Gela arcaica. Per la verità non proprio viscere, basta scavare qualche decina di centimetri e ermergono tesori che comunque non servono a cambiare il volto della città. Da qualche tempo sembra che le antiche vestigia del tempo della ricchezza, bussino da sottoterra e vogliano mostrarsi per salvare la città in decadenza. Poi però arriva la burocrazia e tutto si blocca. La Soprintendenza non ha i soldi per gestire l’immane patrimonio e dei reperti restano solo gli articoli giornalistici e la catalogazione scientifica. Tutto qua. I funzionari della Soprintendenza però vengono pagati per constatare, trasportare o insabbiare e la nuova Gela, quella che proviene da quel mondo di ricchezza del IV, V, VI secolo, resta povera. Ci sono nuove scoperte archeologiche in questi giorni, stavolta in via Di Bartolo dove un tempo c’era la necropoli di età arcaica del VII-VI secolo a.C. Durante gli scavi per l’apposizione della fibra ottica sono state trovate due sepolture: la più antica contiene  un’ hydria,  trasformata da  contenitore di acqua a urna cineraria decorata . L’Hdrya porta una raffinata decorazione a volute sull’orlo ed è stata usata come sepolcro per ossa di un neonato. Altre vestigia sono state ritrovate: una ventina di reperti in ceramica che fanno pensare allo stile di Fikellura, di produzione corinzia che potrebbero risalire all’epoca compresa fra il 560 e il 495 a.C. Il reperto più antico, una coppa su piede proto-corinzia databile tra il 700 e il 651 a.C. che avrebbe arricchito un rito funebre durante la macellazione e la cottura di animali di grossa taglia di cui sono stati trovati i resti. Un patrimonio inestimabile che continua ad arricchire i libri, ma purtroppo non la città.

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