Rubriche

“Vogliamo la felicità? Cosa scegliamo: essere pecore o essere capre?”

Rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Totò Sauna

DOMENICA 25 APRILE 2021
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Gv 10,11-18

Tutti noi nella vita di ogni giorno cerchiamo la Felicità. Ci danniamo per trovare un percorso di vita che ci porti alla felicità. Si, perché, lo scopo della nostra vita, di ognuno di noi è di essere felici. Non c’è nulla di male. Anzi. Cercare la felicità non è un peccato. Però, nonostante tutto, tutti gli sforzi che facciamo non siamo mai contenti. C’è sempre un velo di amarezza in noi. Un velo di tristezza. Ci sono momenti chiassosi, allegri. Ma, poi nell’intimo nostro, c’è qualcosa che non va. Vedo, infatti, attorno a  noi gente triste, gente che si lamenta, dice che non ce la fa più. Soprattutto in questo periodo di pandemia. Un periodo che ci invita a riflettere, a pensare, sulla caducità della vita. Ma, proseguiamo come se  nulla fosse. Non ci siamo fermati a riflettere, a pensare, a capire. Non lo fa nessuno. Incontro e incontriamo amici lettori di Lettera G gente che è triste, che si lamenta che riempie di parole di delusione, ma  quando gli proponi di cambiare vita, di cambiare percorso, restano perplessi. Per un primo periodo pare che prendono i tuoi consigli, ma, dopo poco tempo, ritornano alla vita di prima. Li risenti dopo una settimana, la solita musica. Non abbiamo voglia di cambiare vita. Ci piace questa tiri terra, questa altalena continua, snervante, incessante. E cosi trascorre la vita, la mia e la tua caro lettore. Ma Cristo ci vuole felici. Ma vuole il nostro Si . Nel brano del vangelo di Giovanni, ancora una volta, Gesù ritorna ad un tema molto caro, quello  del pastore e delle pecore. Lui si presenta come Pastore e noi come pecore. Ci dice chiaramente che se vogliamo essere felici, dobbiamo fare come le pecore con la testa bassa e seguire Lui, senza se e senza ma. Ma perché le Pecore ? Un animale che, spesso, viene descritto come negativo. “Sei una pecora, hai il coraggio di una pecora, siete un popolo di pecore.” Queste sono alcune espressioni che sentiamo dire in senso negativo. Ma se  Gesù sceglie la pecora ci sarà un motivo. Io, allora, voglio fare una riflessione. Ma perché le pecore e non le capre? Si assomigliano, sono quasi uguali, ma ci sarà una differenza? Ci sarà un motivo che spesso il diavolo è visto con la forma di una capra? Guardate il comportamento delle une e delle altre. Le capre sono più indipendenti. Fanno di testa loro. Non sempre obbediscono. Raramente stanno in gruppo, Salgono sugli alberi, sulle rupi più alte, si appoggiano ai rami per prendere la fogliolina più lontana. Non si accontentano dell’erba dei prati. I pastori fanno più fatica a tenerli in branco. Guardate le pecore. Stanno assieme si aiutano, difendono gli agnellini, non si distraggono, seguono in silenzio il pastore. Ascoltano i suoi comandi. Sono docili, mansuete. Al contrario delle capre, non fanno salti nel vuoto. Tutto sta qui. Vogliamo la felicità? Cosa scegliamo essere pecore o essere capre? Non ci solo alternative. Queste sono le due strade. Vogliamo fare voli pindarici? Vogliamo fare sempre di testa nostra?  O seguiamo il Pastore e i suoi insegnamenti. Ma la grande differenza per i due animali sta nell’Obbedienza. Hanno un diverso modo di approcciarsi. Le une più ribelli, le altre obbedienti fino alla fine, fino alla morte. Ma cosa è l’obbedienza? Viviamo in una società che esalta continuamente il relativismo etico e l’estremo individualismo. Non a caso il sociologo Baumann parla di società “liquida”. Una società che prende e cambia forma continuamente. Non siamo abituati ad obbedire. A volte, anzi, spesso  ci comportiamo come le capre. Siamo intolleranti, vogliamo fare di testa nostra . Invece, Gesù ci indica una strada nuova. Vogliamo la felicità. Vogliamo sentire dentro il nostro cuore, la serenità, la gioia ? Si. Dobbiamo essere come le pecore. Obbedienti. Ma non è un ‘obbedienza umana. Asettica. Meccanica. E qui che c’è l’inganno. Certa stampa laica  presenta questa obbedienza come  negativa, come se fossimo degli automi. No. E’ un rispondere si all’Amato, si al tuo e mio Amore. Come fai a dire no a chi ti ama? a chi ti vuole e vuole il tuo bene? Noi  non sappiamo, a volte non capiamo dove ci porterà questo Si. So,solo, che senza Cristo nel cuore tutto diventa nebuloso e sbaglio continuamente la strada.” Dacci la forza Signore di esserti obbedienti. Fa, o Signore che noi siamo, sempre, delle  pecorelle del tuo gregge. Guidaci Signore, solo tu conosci i sentieri della foresta”

Buona Domenica

Totò Sauna

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