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Il teatro più piccolo d’Italia

Ragusa – Avrebbe potuto rimanere nascosto tra gli anfratti settecenteschi, invece l’avvocato Scucces (figlio della nobile Signora De Leva, proprietaria del palazzo impreziosito dal pregevole portale a Modica, meta di numerosi turisti, e marito della signora Arezzo Donnafugata) ha deciso di rendere fruibile a tutti questo patrimonio prezioso, recuperato anche grazie ai finanziamenti stanziati per Ibla antica. E non poteva che essere così, dato lo spessore culturale, l’amore verso l’arte figurativa e la musica che influisce fortemente sullo stile di vita di questa nobile famiglia. Il loro modo d’essere aperti alle innovazioni, rispettando sempre le loro innate regole del buon gusto non fa che catapultare chi li incontra, come a me è accaduto, in una dimensione particolarissima, in cui si amplia il modo di percepire e leggere la realtà circostante, in cui passato, presente, e futuro si intrecciano armoniosamente, così come le loro figure di nonni, figli e nipoti che pur essendo di tre generazioni differenti, si muovono all’unisono.

La piccola perla rappresentata dal teatro si vede preposta a sentinella l’imponente blasone della nobile famiglia degli Arezzo Donnafugata, che nella sua rigida compostezza, scruta ogni persona che oltrepassa la soglia dell’incantevole luogo.

Le sale che accolgono gli ospiti sono illuminate da sfavillanti lampadari, caratterizzate dai colori della pietra viva e del calcare e della pece, dominate dagli arredi rossi e dal rosso dei velluti che fluttuano sulle aperture che collegano una stanza all’altra. Qui ci si ristora dopo il vortice di sensazioni che come irrefrenabili spire avvolgono lo spettatore nella minuscola sala che ospita novantasette poltroncine rosse, avvezze ad attendere in spasmodico silenzio la sera della prima, per essere occupate. Le pareti e i soffitti dai colori pastello assistono languidamente allo scorrere del tempo, all’avvicendarsi di personaggi particolarissimi e, per questo artisti, accompagnati su quel piccolo palco che è la metà esatta della grandezza della sala, particolare non trascurabile nella progettazione di un teatro.
Se potessero parlare, quelle antiche mura racconterebbero di come il piccolo palco è stato calcato dai discendenti della famiglia Arezzo Donnafugata, che scrivevano da sé le opere da interpretare e al contempo ne erano gli attori stessi. Narrerebbero che le compagnie teatrali di fine ‘800 passavano la stagione invernale a recitare, mentre alla maturazione delle fave, quindi da maggio in poi esse andavano via; narrerebbero anche, come il maestro elementare Pippino Bornò interpretava il diavolo in un’opera di Emanuele Arezzo Schininà “Il processo alla radio”. Il maestro – diavolo, così travestito aveva il compito di gettare all’inferno gli esponenti dei vari partititi politici che uscivano idealmente da una radio. Nel momento in cui il diavolo si trovò di fronte all’uomo comune, che rappresentava il partito fascista decise di non farlo andare all’inferno perché doveva restare sulla terra come simbolo del male e della rovina. I Carabinieri presenti lessero erroneamente in questo gesto un inneggiare al fascismo e bloccarono gli spettacoli, ritirarono il copione e il teatro rimase chiuso per diverso tempo. Tuttavia, proprio in quella stagione erano appena state guadagnate mille lire e c’erano roventi dispute ( spiate allegramente dal resto della combriccola teatrale da dietro porte non abbastanza spesse) su chi doveva prendere questa somma e su come doveva essere spesa; e ogni pietra conserva il ricordo della “singolar tenzone” in conseguenza della quale si decise di fare una briscola in quattro in un circolo di Ragusa Ibla . I perdenti depositarono il mille lire a favore del circolo stesso, finché fu deciso che con tale somma si sarebbero creati i sedili per la villa di Ragusa Ibla. Essi sarebbero stati realizzati da Placido Maggiore di cui il maestro conserva la caricatura, eseguita dall’architetto Arezzo.

Il gusto del passato s’intreccia all’innovazione tecnologica del presente poiché al di sotto di ogni poltrona è situata una bocchetta dalla quale esce una quantità minima di aria calda o fredda, secondo la stagione, che rende la temperatura dell’ambiente omogenea. Lo stesso tipo di impianto utilizzato al teatro della Scala di Milano. L’impianto elettrico è stato realizzato secondo le più moderne forme della Domotica, con le luci che si accendono e si spengono al passaggio degli ospiti da una sala all’altra e, che permettono di realizzare perfettamente quelli che in termini tecnici vengono chiamati “tagli di luce”. Vi sono perfino, le predisposizioni per la traduzione simultanea e il trasferimento delle immagini dalla sala teatrale alle altre sale adiacenti.

Il Barone Corrado Arezzo De Spucches realizzò il Palazzo Donnafugata, con annesso il Teatro Donnafugata verso la seconda metà dell’800. Era privo di altre stanze, poiché essendo esclusivamente per uso privato gli spettatori vi accedevano dall’interno della casa e, dopo lo spettacolo, risalivano nella maestosa ed elegantissima casa corredata di splendide stanze.

Oggi, il teatro arricchito di altre salette vuole essere per volontà degli eredi del Barone Arezzo di Donnafugata mezzo di divulgazione delle opere teatrali, ma anche un luogo per convegni e ricevimenti privati, insomma una spazio multifunzionale.

fonte: teatro.it

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