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Ok alle trivelle nel ragusano

Via libera alle trivelle per la ricerca di petrolio e gas in buona parte della Sicilia e del suo mare, alla faccia di piani ambientali, siti Unesco e rischi sismici e idrogeologici. Il colmo è che a dare il disco verde alle perforazioni è stato proprio il nuovo ministero della Transizione Ecologica, quello che – come dice il nome – doveva riconvertire il sistema energetico del Paese dalle fonti fossili a quelle pulite. Se si esclude l’area metropolitana di Palermo e la punta peloritana, tutto il resto dell’Isola – oltre il 70% del territorio regionale – è a rischio trivellazioni e le concessioni in attesa sono già numerose. Nell’elenco dei titoli minerari individuati dal Pitesai, il Piano per la transizione energetica “sostenibile”, ci sono: 9 istanze di permesso di ricerca, 2 di concessione, 6 permessi di ricerca che interessano 2.794 chilometri quadrati di territorio, 13 concessioni di coltivazione per altri 567 km.

Dalla terraferma al mare: nel Canale di Sicilia insistono 4 istanze di permesso di ricerca, 4 permessi già accordati e 4 concessioni offshore. Tra istanze e concessioni, spiccano quelle della Irminio che con “Case La Rocca” lambiscono il territorio di Donnafugata, nel consorzio comunale di Ragusa, e con un’altra istanza interessa Scicli. Poi le ricerche di Eni: “Passo di Piazza” copre una superficie di oltre 734 km fra le province di Ragusa, Caltanissetta, Catania ed Enna; mentre “Friddani” ne invade 692. Poi ci sono le concessioni di Energean a Comiso e ancora a Ragusa. Ricerche che potrebbero avvenire anche tramite esplosioni sotterranee, in aree limitrofe ad aree protette come la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, e nuove tecniche, come la cosiddetta idrofrantumazione, di cui si sa ancora poco. Per una volta all’Ars sono tutti d’accordo nel dire no, maggioranza e opposizione: “Non è accettabile continuare a puntare su gas e petrolio nazionale quando sappiamo che rappresenta il 6% del nostro fabbisogno, invece di accelerare sulle energie rinnovabili” denuncia il deputato M5S, Gianpiero Trizzino.

“L’aumento del prezzo del gas ha fatto diventare convenienti anche piccoli giacimenti – aggiunge Aurelio Angelini, presidente della Commissione tecnica dell’assessorato Territorio e Ambiente – moltiplicando esplorazioni ed estrazioni anche complesse. Il tutto per poche quantità rispetto ai nostri fabbisogni e soprattutto per giacimenti che fra dieci anni saranno esauriti”. Contro il piano del governo, Palazzo d’Orleans aveva elaborato un dossier di 46 pagine con decine di aree critiche di cui Roma non ha tenuto conto: parchi, riserve naturali, oasi marine protette, zone interessate da progetti di riforestazione e sviluppo rurale. La prima preoccupazione, riguardo le conseguenze degli scavi, scavi possano aumentare e innescare nuove attività sismiche. Pochi giorni fa 24 comuni italiani, fra cui Noto, hanno impugnato il Pitesai al Tar del Lazio: fra i rilevi anche il nuovo diritto inserito in Costituzione che prevede «la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi», varato appena 3 giorni prima del piano. (Ragusanews)

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