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Storia delle pandemie nei secoli

Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa… Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete»….. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri». La morte di Cecilia del Manzoni è solo una delle storie che affollano la peste del 1630 riportata ne ‘I promessi sposi’.

Le generazioni che affollano il pianeta, non hanno memoria di nessun evento catastrofico. Eppure basta guardare alla storia per avere contezza di quanto è avvenuto ciclicamente in tutte le ère che si sono succedute. Perché i cambiamenti climatici che annuncia come flagello una ragazzina di 15 anni e le pandemie sono esistite da sempre. Da tempi immemorabili le terre emerse si susseguono a lembi di terra che sprofondano. Il ciclo della natura non si ferma ma l’uomo vive un lasso di tempo troppo breve per potere ricordare un fenomeno tanto lento. Per fortuna la ‘Historiae magistra vitae’ aiuta.

Una delle prime pandemie di cui si ha traccia è la febbre tifoide scoppiata durante la guerra del Peloponneso, nel V secolo avanti Cristo. Il focolaio della cosiddetta “peste di Atene” colpì gran parte del Mediterraneo orientale. Nelle cronache del VI secolo dopo Cristo trova invece largo spazio il morbo di Giustiniano, una pandemia di peste bubbonica che, sotto il regno dell’imperatore Giustiniano I, dal quale prese il nome, si abbatté sui territori dell’Impero bizantino e in particolar modo su Costantinopoli. Ma fu la grande peste nera del 1300 la peggiore per la popolazione europea, che ne uscì decimata. La pandemia fu probabilmente importata dal Nord della Cina. Nei secoli successivi si sono succedute periodiche pandemie di colera e il vaiolo, ribattezzata la “malattia democratica” perché uccideva tanto i poveri quanto i sovrani, come Luigi XV di Francia.

Abbiamo già citato la peste del 1630 riportata dal Manzoni. “Da Manzoni e forse ancor di più da Giovanni Boccaccio”, il cui Decamerone è ambientato proprio in un luogo di quarantena durante l’epidemia di peste a Firenze. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo “noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi – invoca infine il dirigente – i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui èfiglia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità”. E chiosa la sua lettera con una frase da brivido: “Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero”.

 

Nel XX secolo, l’enorme crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo dei mezzi di trasporto moderni, insieme a tanti benefici, hanno permesso anche ai virus di viaggiare rapidamente da una parte all’altra del pianeta, arrivando incolumi dall’estremo Est sul suolo europeo o americano. La madre di tutte le pandemie, ancora più grave perché sviluppatasi in concomitanza con la Prima guerra mondiale, risale infatti al Novecento ed è l’influenza Spagnola, chiamata così perché le prime notizie su di essa furono riportate dai giornali della Spagna che, non essendo coinvolta nel conflitto mondiale, non era soggetta alla censura di guerra. Il virus contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 25 milioni, anche se alcune stime parlano di 50-100 milioni di morti. Si calcola che morì dal 3 al 6% della popolazione mondiale. Identificata per la prima volta in Kansas nel 1918, la Spagnola era causata da un ceppo virale H1N1.

 

Nel 1957 tornò la paura del contagio con la cosiddetta influenza Asiatica, un virus A H2N2 isolato per la prima volta in Cina. In questo caso, venne messo a punto in tempi record un vaccino che permise di frenare e poi di spegnere del tutto la pandemia, dichiarata conclusa nel 1960. Nel frattempo, però, erano morte due milioni di persone. Sempre dall’Asia, caratterizzata da aree densamente popolate, un’igiene non sempre appropriata e – almeno fino alla fine del secolo scorso – uno scarso livello di strutture sanitarie, nel 1968 arrivò l’influenza di Hong Kong, un tipo di influenza aviaria, abbastanza simile all’Asiatica, che in due anni uccise dalle 750mila ai 2 milioni di persone, di cui 34mila solo negli Stati Uniti.

Nel nuovo millennio il primo allarme mondiale è scattato nel 2003 per la Sars, acronimo di “Sindrome acuta respiratoria grave”, una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. In un anno la Sars uccise 800 persone, tra cui il medico italiano Carlo Urbani, il primo a identificare il virus che lo ha poi stroncato. Venne classificata come epidemia e non come pandemia.

Risale invece al 2009 l’impropriamente detta “influenza suina”, causato da un virus A H1N1. Enorme l’allarme anche in Italia, dove furono oltre un milione e mezzo le persone contagiate. La paura rientrò quando fu chiaro che il tasso di mortalità era inferiore anche a quello della normale influenza.

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