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Prima Ráma, la mostra fotografica di Miriam Alé al civico 111.

Nella vita si ricerca sempre la perfezione, ma guardando agli standard odierni mi viene da pensare che la perfezione forse non è altro che un bello ideale inventato sul momento, da una società che non conosce nulla del bello perché non lo può più vivere, ibernata com’è in standard superficiali da appallottolare in qualche cesto d’immondizia.

Cosa è il bello per te Miriam?” con questo pensiero in mente, rifletto ora su quanto ho visto alla mostra fotografica di Miriam Alé, “Prima ráma“.

Foto semplicissime, desuete per un tempo come questo, dove a brillare al di sopra di tutto ci sono i classici tramonti dai colori modificati tramite PC o i ritratti di uomini e donne praticamente “perfetti”, belli da fare persino paura.

Miriam, qual è lo scatto che più ti rappresenta?” ho chiesto curiosa alla fotografa.

È un albero.

Miriam non ha fotografato nulla di ciò che la maggior parte di noi avrebbe considerato bello a prima vista; e apprezzo, anzi ammiro il suo coraggio di mostrare i racconti della sua vita, l’essenza delle sue origini e della sua esistenza grazie ad una potente arma come la fotografia.

La sua prospettiva necessita di riflessione, e solo questo ci dà l’idea di qualcosa che non è per nulla superficiale.

Ho iniziato a fotografare mio nonno il giorno in cui mi sono resa conto che lui non fosse immortale. Avevo diciannove anni“.

Da queste sue parole viene fuori il senso intimo e profondo dell’intera passione fotografica di una ragazza che a diciannove anni aveva finalmente compreso che non era l’aperitivo, il rossetto o gli abiti firmati a fare della nostra vita una esistenza da sogno, meritevole di ammirazione e attenzione sociale.

La bellezza per come è stata intesa qui è, invece, una lezione di vita per tutti noi.

Nell’intimo della nostra casa e della nostra cultura risiede un cuore pulsante, rappresenta le radici più profonde e trascurate di sempre del nostro animo.

Il nonno, il “primo ramo” di questa nostra pianta esistenziale è un’allegoria della ricerca di noi stessi tramite i racconti del passato.

Le mani di due anziani, gli ambienti nudi e reali delle nostre case, la visione di due sedie in riva al mare, un albero immerso nelle luci notturne… un realismo fotografico, il suo, che ha abbagliato per un attimo la mia vita, ricordandomi che certe volte basta accogliere il nostro e l’essenziale per trovare il bello, per accettare in qualche modo lo scorrere del tempo, e così anche noi stessi.

Dal portare avanti una ricerca sulle origini familiari è venuta a galla l’esigenza di fare pace con la città che ci aveva visti nascere e crescere. Dovevo scoprirla, addentrarmi in ogni suo vicolo nonostante l’odio covato per anni nei confronti di una raffineria di petrolio che l’ha devastata, ambientalmente e socialmente, inquinando e uccidendo. Volevo riscrivere la narrativa“.

Riscrivere la narrativa è una missione che tutti noi, giovani e adulti, siamo chiamati a seguire; lo stabilimento è ormai lontano nel tempo, ma il dovere, che coincide con la stessa ricerca di cui tanto ci parla Miriam con i suoi scatti, ci impone di lottare per il riscatto della nostra terra.

Il tiranno del petrolchimico ha per anni distrutto ciò che la nostra città rappresentava per l’intera isola, uno spazio che lo stesso sovrano Federico II definiva come il paradiso.

La ricchezza delle nostre terre e la bellezza dei nostri mari sono andate perdute nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto tutelarci, a causa di macchie nere di petrolio e fumi, anch’essi scuri come la morte. E nessuno ha mai posto giustizia.

Proprio oggi mi è stato riferito che mettersi contro i vecchi giganti del passato, mi sarebbe giovato solamente a prendermi qualche guaio in più. Ma io non credo in questo. Credo ogni giorno nella forza che questi giovani e questi coraggiosi ci mettono per affrontare il passato viso a viso, non abbassando nemmeno per un secondo lo sguardo. Delusi, frustrati e illusi dalle politiche odierne, tengono ancora il coraggio di dire “basta” ad una terra che non vuole più morire.

A questi giovani e adulti io dedico tutto quello che ho, semplici parole o essenziali testimonianze. Di loro ne descrivo l’audacia, e ne provo stima, perché hanno saputo ricordare il passato per migliorare il presente.

La mostra si è tenuta presso il civico 111 con la delicata presenza della scrittrice Giuliana Fraglica. Continuerà ad essere aperta dal lunedì al venerdì, dalle 10:30 alle 12:30 e dalle 17:00 alle 19:30. Il sabato e la domenica su appuntamento. Fino al 15 settembre.

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