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Manifestazione degli avvocati per l’astensione dalle udienze e dalle attività giudiziarie

Gela – In concomitanza con il periodo di astensione dalle udienze e dalle attività giudiziarie, dal 2 al 6 dicembre 2019, l’Ordine degli Avvocati di Gela, d’intesa con la Camera Penale “Eschilo” di Gela e con l’adesione della Camera Civile “G. Alma” e della Camera Minorile, giusta quanto in proposito deliberato nella seduta del 25 novembre u.s., ha inteso organizzare per la giornata di domani, stasera nella Piazza Umberto I, lato antistante il corso Vittorio Emanuele, è iniziata una manifestazione a carattere divulgativo delle ragioni della protesta, con inizio previsto per le ore 18.00 e termine alle ore 21.00

La manifestazione intende essere strumento di sensibilizzazione sui limiti di incostituzionalità insiti nella nuova Legge di riforma della prescrizione che prevede il blocco del decorso del termine di prescrizione dopo la sola pronuncia della sentenza di primo grado.

Sensibile alle esigenze di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, l’Avvocatura locale, nel ribadire la sua contrarietà al testo della riforma licenziata dal Governo, intende chiarire alla cittadinanza tutta le ragioni che ostano, sul piano logico e giuridico, alla sostanziale abolizione della prescrizione senza prima garantire la piena e fedele attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e di sua ragionevole durata, peraltro sanciti dalla CEDU come intangibile espressione degli insopprimibili diritti universali dell’uomo, a presidio della libertà e della garanzia di un processo giusto.

Alla manifestazione parteciperanno tutti gli Avvocati del Foro locale, muniti di toga, intendendo con ciò manifestare tutta la necessaria compattezza contro uno dei più recenti testi di legge di fonte governativa vieppiù tacciati come tra i più iniqui e ingiusti e come tali avversati dall’intera Avvocatura a tutela della libertà del cittadino e contro l’idea stessa di un processo di non determinabile durata e di una indefinita protrazione dei tempi di sua celebrazione che certamente non potrà mai essere a vantaggio né dell’imputato presunto innocente, tampoco dello stesso danneggiato.

LE RAGIONI

Dal 2 al 6 dicembre 2019, gli Avvocati si asterranno dalle udienze e dalle attività giudiziarie per manifestare ancora una volta la loro ferma reazione contro la riforma della prescrizione voluta dal Governo con la legge “spazzacorrotti”.

La recente riforma dell’istituto della prescrizione partorita dal Governo comporta gravissime conseguenze su diritti fondamentali dei cittadini, assolutamente insopprimibili perché tutelati dalla stessa Costituzione.

Il blocco del decorso del termine di prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado porta con sé il pericolo di una sostanziale incertezza dei tempi di definizione del processo in grado di appello e di un indefinito allungamento degli effetti giuridici prodotti dalla prima sentenza, con una sostanziale negazione dei principi generali di diritto che impongono di rispettare un tempo massimo entro cui definire la regolamentazione dei rapporti giuridici tra cittadini e tra cittadini e lo Stato.

L’art. 111 della Costituzione prevede che il cittadino debba esser sottoposto a un processo giusto e di ragionevole durata; l’art. 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali prevede che ogni persona abbia diritto ad un processo equo ed entro un termine ragionevole per la verifica, davanti a un giudice terzo, della fondatezza delle accuse penali che gli siano state rivolte.

Contrariamente alla presunzione di innocenza, sancita dalla nostra Carta Costituzionale (art. 27) e riconosciuta dalla CEDU quale valore fondamentale e irrinunciabile della libertà dei cittadini (art. 6), la nuova riforma della prescrizione voluta dal Governo introduce la presunzione di colpevolezza a danno di tutti i cittadini, essendo facilmente percepibile il rischio che, con la indefinita dilatazione dei tempi di celebrazione del processo di appello e di Cassazione, qualunque imputato non avrà modo di vedersi definitivamente riconosciuta la sua innocenza se non a distanza di molto tempo dalla commissione del fatto, permanendo in una indefinita condizione di presunto colpevole di fronte ad una sentenza ingiusta di condanna di primo grado, o peggio di imputato a vita nel caso di sua assoluzione.

Contro l’aberrante progetto di riforma proposto dal Governo, l’Avvocatura tutta ha sempre manifestato la sua più ampia e incondizionata disponibilità ad essere parte propositiva di un percorso di innovazione legislativa e di riforma condivisa del processo penale che abbia nella eliminazione dei sovraccarichi giudiziari e nella riduzione dei tempi di celebrazione dei processi pendenti i suoi obiettivi fondamentali, anteponendo al blocco della prescrizione l’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata come strumenti di irrinunciabile forma di garanzia delle libertà e della certezza del diritto dei cittadini.

Tutte le componenti rappresentative dell’Avvocatura italiana hanno sempre tenuto a evidenziare che la vera sconfitta dello Stato non può mai riposare nell’accettazione dell’istituto della prescrizione come estremo e ultimo strumento di garanzia del cittadino contro il pericolo di una eccessiva e irragionevole lungaggine dei processi che lo vedono coinvolto, ma nella sola incapacità delle forze governative della Nazione ad affrontare le vere problematiche della Giustizia in Italia e che vedono nella cronica scopertura degli organici e nell’insufficienza delle risorse ad essa destinate le vere emergenze da risolvere, a garanzia del giusto e ragionevole funzionamento della stessa giurisdizione.

Saremo quindi sempre vigili chiedendo che siano prontamente abrogate, ovvero anche rinviate le disposizioni che sospendono il corso della prescrizione, nelle more che vengano quantomeno rese cogenti le stesse norme di rango costituzionali in tema di giusto processo e ragionevole durata del processo.

I CITTADINI DEBBONO SAPERE 

Al decorso del termine di prescrizione, quale causa di estinzione del reato, non concorre l’impedimento dell’imputato o del suo difensore. In caso di loro impedimento alla partecipazione all’udienza, per malattia od altro, il rinvio disposto dal Magistrato sospende sempre il termine di prescrizione del reato. Non è vero, quindi, che la prescrizione sia un istituto i cui effetti siano direttamente manovrabili dall’imputato o dal suo difensore con manovre dilatorie e/o strumentali.

Il processo penale serve ad accertare la fondatezza delle accuse rivolte al cittadino, nel contraddittorio delle parti e di fronte ad un Giudice terzo. Il processo, dunque, non è uno strumento finalizzato alla pronuncia delle sole sentenze di condanna, ma, in quanto luogo naturale di accertamento dei fatti, strumento di garanzia del cittadino contro il suo accusatore e le ingiuste accuse rivoltegli.

La Costituzione (art. 27) prevede che nessun imputato può essere considerato colpevole del fatto di cui è accusato se non dopo la sua condanna definitiva e che ogni cittadino debba essere giudicato da un Giudice terzo e imparziale mediante processo giusto ed entro un termine ragionevole (art. 111). Ne deriva che soltanto di fronte all’intangibilità del giudicato e solo dopo l’avvenuto esaurimento dei mezzi di impugnazione avverso le sentenze lamentate esser ingiuste, l’imputato, ove giudicato colpevole dei fatti addebitatigli, all’esito del giusto processo e in tempi ragionevoli, sarà legittimamente tenuto a scontare la pena irrogatagli. Identici principi sono contenuti nella Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU), cui l’Italia ha aderito, rendendola esecutiva con L. 04.08.1955 n. 848. Ne deriva che la stessa espressione dei principi di presunzione di innocenza, di giusto processo e di ragionevole sua durata contenuti nella Costituzione hanno valenza di diritto universale secondo lo Stato italiano.

Dichiarare colpevole l’imputato per un fatto commesso in epoca assai lontana rispetto al definitivo accertamento della sua colpevolezza, tradisce la natura e la funzione stessa della pena come definiti dalla stessa Costituzione. La funzione rieducativa della pena è ciò che, secondo la nostra Costituzione, giustifica e rende legittima la sottoposizione del colpevole di reati alle prescritte sanzioni (art. 27 Cost).  Al contempo, la pena è anche strumento di prevenzione dalla commissione del reato, sin quanto funzionalmente protesa a scoraggiare la commissione di reati. Consegue che deve necessariamente sussistere una relazione temporale sufficientemente circoscritta e assai limitata tra la data del commesso reato e l’irrogazione della pena. Si può, ad esempio, rieducare un adulto per un reato commesso quando era ancora adolescente ? Può una sanzione essere da deterrente se non vi è certezza della sua irrogazione nell’immediatezza del fatto –reato da scoraggiare? 

Secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, il 70 % circa dei casi in cui  è intervenuta la prescrizione riguardano procedimenti in fase di indagini preliminari ovvero conclusi nella sola Udienza Preliminare. Trattasi di processi e procedimenti in cui né l’imputato, né il suo difensore hanno avuto piena possibilità di interagire in quanto sottratti al contraddittorio ovvero di pieno dominio del solo Pubblico Ministero. Ne deriva che non il processo e le garanzie difensive sono causa della prescrizione ma essenzialmente deficit strutturali nell’organizzazione della Giustizia. 

La forza di giudicato delle sentenze e la stessa definitività delle statuizioni in esse contenute (di assoluzione, come di condanna) derivano dall’obbligo del giusto processo, come unica forma di garanzia legale a tutela del cittadino contro il pericolo di una accusa ingiusta in quanto infondata, ovvero perché basata su di un fatto percepibile dalla stessa società come ormai insuscettibile di sanzione in quanto assai risalente nel tempo e come tale inteso come non più riprovevole nella coscienza dei tanti. Se infatti la sanzione è la giusta reazione della società per una condotta umana dotata di disvalore sociale, tanto più è recente il ricordo del disvalore della condotta, tanto più giustificata ne è la sanzione. Parimenti l’eccessiva lungaggine del processo lede la legittima aspettativa del danneggiato dal reato al giusto ristoro per il torto subito.

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