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La Diocesi si occuperà della chiesa Bitalemi

Gela – È stata stipulata la convenzione tra il Parco Archeologico regionale di Gela diretto da Luigi Maria Gattuso e la Diocesi di Piazza Armerina per la gestione della cappella dedicata alla Madonna che sorge  in contrada Bitalemi di Gela, grazie all’interessamento di don Lino di Dio, vicario foraneo della Città di Gela. La cappella, insieme ai terreni, sono stati acquisiti dalla Soprintendenza di Caltanissetta dalle famiglie Di Fede – Lo Monaco nel 2002 e integrate nell’area demaniale del Parco Archeologico regionale di Gela. La chiesetta  mariana è stata eretta vicino alle rovine del santuario greco di Demetra Thesmophoros, dea dell’agricoltura e della fertilità, che sorgeva sulla collinetta di Bitalemi, alla foce del fiume Gela. Negli scavi del 1901, condotti da Paolo Orsi, in quelli compiuti da Piero Orlandini negli anni 1963, 1964, 1967 e da Graziella Fiorentini nel 1991, sono state rinvenute, sepolte ritualmente nella sabbia, migliaia di offerte votive deposte dalle donne che partecipavano alle feste in onore di Demetra (640/540 circa a.C.). Secondo gli studi di Virgilio, di Orlandini e di Mulè nel 480 circa a.C. il santuario fu ristrutturato con nuovi edifici sacri in blocchi di arenaria. Nel 405 a.C. fu radicalmente distrutto, come tutta Gela, dagli eserciti cartaginesi. In seguito, il luogo di culto fu abbandonato. Dopo la fondazione, da parte di Federico II, della città di Eraclea sul sito dell’antica Gela (1233), la pietà dei fedeli innalzò su quelle rovine un santuario medievale e lo dedicò alla Beata Vergine, aggiungendo al santo nome di Maria l’attributo che ricordava la divina sua maternità “di Bethlem”, città dove è nato Gesù che vuol dire la casa del pane o della carne. Accanto al Santuario esisteva una necropoli dove nei recenti scavi sono state rinvenute delle lucerne paleocristiane, che riportano vari simboli cristiani e anche una grande fossa comune con numerosi scheletri ben conservati e con tracce di calce viva su di essi, il che li farebbe collegare alla disastrosa peste del 1348. Il Santuario nel 1700 andò in rovina e quello spazio venne inglobato in una casa rurale vicina; successivamente, fu costruito ai piedi della collina una cappella mariana che sostituì il santuario medievale. L’icona originale della Vergine che allatta il bambino, oggi è venerata nella Chiesa Madre di Gela. Nei primi decenni del 1900 è stata realizzata, dal professore Giacomo Furnari, una tela della Vergine con il bambino seduto tra le sue ginocchia; la tela fu rubata nel 2005,  e nel 2006 è stato realizzato il nuovo dipinto dal maestro Antonio Occhipinti, grazie all’interessamento della famiglia Presti, che hanno custodito in questi anni la cappella. Il culto e il pellegrinaggio del popolo di Gela alla cappella della Madonna di Bitalemi conservano ancora oggi evidenti reminiscenze dell’antico culto greco. Al culto di Demetra, dea della terra “ctonia” e che dava all’uomo il frutto della terra, succedeva il culto di Maria che dal suo seno immacolato ci dona il frutto della Grazia per la salvezza degli uomini. Da sempre, la chiesetta è stato luogo di pellegrinaggio soprattutto di donne con i loro bambini sulle spalle (al museo di Gela si trovano varie statuette di terracotta che raccontano gli antichi pellegrinaggi a Demetra) per chiedere grazie e benedizioni sulle loro campagne e sui loro figli. Anticamente la sera del 30 aprile e la notte del 15 Agosto, si facevano i grandi pellegrinaggi e, prima della costruzione del polo petrolifero, durante l’anno, tante famiglie trascorrevano le loro giornate in questo luogo vivendo le cosiddette “scampagnate”, pregando anche il Santo Rosario e circondando sempre l’immagine della Vergine Maria con fiori o portando l’olio che si utilizzava per far ardere le lampade. La devozione e i pellegrinaggi spontanei, delle comunità parrocchiali o delle associazioni non si sono mai interrotto nel popolo gelese, soprattutto nel mese di Maggio. “Siamo grati – afferma don Lino di Dio, referente della Cappella mariana di Bitalemi – al Soprintendente e Commissario Straordinario del Parco, Arch. Daniela Vullo, al Direttore del Parco archeologico di Gela, Arch. Luigi Maria Gattuso, per aver concesso alla nostra Diocesi la possibilità di poter curare questo luogo di culto così caro a tutto il popolo gelese, luogo fortemente simbolico in cui sono stati piantati i primi semi della cristianità, dove i gelesi hanno istaurato da sempre nella fede semplice e popolare il loro rapporto genuino con la Vergine Maria. Non dobbiamo dimenticare le nostre radici altrimenti perdiamo la nostra identità. Come i nostri padri, ci rivolgiamo con fiducia alla Vergine Maria, soprattutto in questo momento difficile, affinché possa liberarci da ogni pericolo dell’anima e del corpo e, come loro hanno sperimentato la sua intercessione, siamo certi che la Vergine non ci abbandonerà”. 

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