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Greco-Spata: il duello continua. Oggi la sentenza

Palermo – L’udienza  del Cga per definire il ricorso presentato dall’ex candidato Spata e per chiudere la vicenda della legittimità dell’elezione, si è conclusa nel primo pomeriggio. I giudici depositeranno le sentenza entro le prossime due o tre settimane. 

Ecco la memoria difensiva presentata dal legale difensore Girolamo Rubinonell’interesse dell’avv. Greco Cristoforo Lucio e conto  Giuseppe Spata rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Scuderi e Rosario Calanni Fraccono; e nei confronti del Comune di Gela ed altri  che replica 

SULL’INAMMISSIBILITA’ DELL’APPELLO PRINCIPALE EX ADVERSO PROPOSTO.

Con la precedente memoria depositata in data 03.04.20, è stata eccepita l’inammissibilità dell’appello ex adverso proposto. 

In particolare, è stato dedotto come controparte, lungi dal formulare censure specifiche avverso la decisione appellata, si sia limitata a reiterare le censure proposte in primo grado e a citare taluni precedenti giurisprudenziali asseritamente idonei a sostenere tali censure.

L’appello, invero, è tutto costruito sull’asserita illegittimità del provvedimento di ammissione delle liste contestate menzionandosi la sentenza del Tar solamente per contestarne genericamente la correttezza (a pag 8) ovvero per asserire – altrettanto genericamente (pag. 13) – che la stessa è stata adottata senza alcuna previa istruttoria o acquisizione documentale.

La difesa di controparte – nella propria memoria depositata in data 04.06.20 –non ha affatto replicato a tale eccezione ma, anzi, ha candidamente ammesso (cfr. pag. 3) che l’appello è “stato costruito sull’illegittimità del provvedimento di ammissione alla competizione elettorale delle liste collegate al sindaco risultato eletto”.

Controparte, dunque, ammette di non avere contestato i capi della sentenza appellata e, in particolare, quelli con i quali il Giudice di Primo Grado: A) ha ritenuto inapplicabili, in Sicilia, le norme statali che richiedono la presenza nei moduli per la raccolta delle firme dei nominativi dei candidati; B) ha ritenuto (dopo avere constatato che “i moduli successivi al primo contengono… il prescritto contrassegno di ogni lista”) che sarebbe, in ogni caso, “irrilevante la mancata apposizione di un segno obiettivo di continuità e collegamento fra i vari moduli (come l’apposizione trasversale di un timbro e della sottoscrizione del pubblico ufficiale), atteso che tale condizione è stata ritenuta necessaria dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons, Stato, V, 6 aprile 2007, n. 1553 e Cons. Stato, V. 14 aprile 2008 n. 1661) con riferimento al caso in cui la presentazione di una lista avvenga utilizzando più fogli, il primo dei quali (frontespizio) rechi il simbolo della lista ed i nominativi dei candidati, mentre le firme dei presentatori risultino apposte su fogli intercalari, privi di qualsiasi indicazione e soltanto spillati al primo, senza alcun segno di congiunzione inequivoca”.

Ebbene, l’assoluta centralità, nell’economia della sentenza di prime cure, della sua componente rimasta immune da specifiche critiche rende evidentemente inammissibile l’appello cui oggi si resiste.

Al riguardo, Codesto Ecc.mo Consiglio, ha chiarito – con una recentissima pronuncia – che “l’inammissibilità dei motivi del ricorso di appello può conseguire al difetto di specificità – requisito autonomamente previsto per l’appello dall’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm., secondo cui “il ricorso in appello deve contenere […] le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata (Consiglio di Stato, sez. V, 9 aprile 2020, n. 2343).In ragione di quanto previsto dall’art. 101 c.p.a., parte appellante avrebbe dovuto formulare critiche precise al ragionamento svolto dal Tar . L’appellante avrebbe dovuto esporre in modo puntuale le ragioni per le quali si giustificherebbe una riforma della sentenza gravata… (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1322; IV, 25 ottobre 2019, n. 7275; IV, 12 luglio 2019, n. 4903; V, 20 luglio 2016, n. 3280)” (CGA n. 362/20 dell’ 1/06/20).

Ed allora, appare evidente l’inammissibilità del ricorso in appello cui oggi si resiste.

  1. II) SULL’INFONDATEZZA DEL PRIMO MOTIVO DI APPELLO

Con la memoria depositata in data 04.06.20, la difesa di controparte insiste nel sostenere che la raccolta delle firme sarebbe “avvenuta in modo illegittimo, stante la mancata preventiva elencazione nominativa dei candidati”.

Tali assunti, come già chiarito, sono infondati e smentiti dalla documentazione in atti.

Peraltro, dalla dichiarazione resa dal Responsabile dell’Ufficio Elettorale, dott. F. Incardona (prodotta in atti) emerge – a differenza di quanto asserito da controparte – che “i presentatori delle lista hanno fatto pervenire all’Ufficio elettorale…dei fogli contenenti i nominativi dei candidati alla carica di consigliere comunale con allegati dei fogli contenenti le stampigliature per l’apposizione delle firme da autenticare”.

Con la propria memoria, inoltre, la difesa di controparte cita nuovamente – a sostegno dei propri assunti – taluni precedenti (Consiglio di Stato Sez. III n. 2940/19, T.A.R. Genova, Sez. II 12/05/2016 n. 445, T.A.R. Molise, n. 15112019 e C.G.A. n. 402/2010).

Tali precedenti (come già chiarito a pagg 10, 11 e 12 della precedente memoria depositata in data 03.04.20, cui sul punto si rinvia) sono inconferenti atteso che si riferiscono ad ipotesi nelle quali i moduli aggiuntivi utilizzati per la sottoscrizione delle liste erano privi degli elementi prescritti (che secondo la normativa nazionale sono rappresentati dal contrassegno di lista e dall’elenco dei candidati) e non erano uniti al primo foglio da timbri lineari, firme etc. (bensì dalla sola spillatura).

Ebbene, nel caso di specie, i moduli intercalari sono uniti tra loro da un timbro di congiunzione apposto dal Pubblico Ufficiale ed, inoltre, ciascun modulo reca il contrassegno di lista e, pertanto, presenta l’unico requisito prescritto dalla normativa regionale.

Al riguardo, si ribadisce, il Giudice di Primo Grado, con un capo della sentenza non specificamente contestato da controparte, ha chiarito che sarebbe, in ogni caso, “irrilevante la mancata (preventiva – NDR) apposizione di un segno obiettivo di continuità e collegamento fra i vari moduli (come l’apposizione trasversale di un timbro e della sottoscrizione del pubblico ufficiale), atteso che tale condizione è stata ritenuta necessaria dalla giurisprudenza amministrativa … con riferimento al caso in cui la presentazione di una lista avvenga utilizzando più fogli, il primo dei quali (frontespizio) rechi il simbolo della lista ed i nominativi dei candidati, mentre le firme dei presentatori risultino apposte su fogli intercalari, privi di qualsiasi indicazione e soltanto spillati al primo, senza alcun segno di congiunzione inequivoca”.

Appare, altresì, utile rilevare come da nessuno dei precedenti citati da controparte possa desumersi il principio secondo cui i moduli utilizzati per la raccolta delle firme devono essere stabilmente e preventivamente congiunti con un timbro apposto da un Pubblico Ufficiale (timbro, peraltro, nel caso di specie presente) anche quando, come nel caso di specie, ciascuno di tali moduli rechi gli elementi prescritti dalla normativa elettorale (ossia il simbolo di lista). 

La giurisprudenza ha, invero, alternativamente, richiesto – ai fini dell’ammissione della lista – che: A) ciascuno dei moduli utilizzati per la raccolta delle firme rechi gli elementi prescritti dalla legge (in Sicilia è prescritta la presenza del sono contrassegno di lista); B) i moduli, ove privi dei suddetti elementi, siano “collegati” alla prima pagina (recante tali elementi) da un timbro o una firma. 

La ratio delle disposizioni che disciplinano la raccolta delle firma è, infatti, quella di garantire che la consapevolezza del sottoscrittore in ordine agli elementi essenziali della lista sostenuta.

Ebbene, nel caso si specie, l’esigenza di garantire la consapevolezza dei firmatari è stata senz’altro garantita giacchè, lo si ripete, ciascun modulo reca il contrassegno di lista e, pertanto, presenta – come sostenuto dal Giudice di Primo Grado – l’unico requisito prescritto dalla normativa regionale (cfr. TAR Sicilia Catania sez. II n. N. 01234/2015, Consiglio di Giustizia Amministrativa nn. 652/08 e 98/09).

Del resto, la stessa difesa di controparte ammette – cfr. pag. 4 della memoria depositata in data 03.06.20 – che l’esigenza di collegamento dei moduli con la prima pagina sussista quando i moduli stessi siano “privi dell’indicazione del contrassegno di lista e/o dell’elenco dei candidati”.

Alla luce di quanto sopra esposto appare evidente l’infondatezza dell’appello cui oggi si resiste.

III) SULL’INFONDATEZZA DEL SECONDO MOTIVO DI APPELLO

Con riferimento all’infondatezza del secondo motivo di appello si rinvia a quanto già dedotto con la precedente memoria depositata in data 03.04.20.

  1. IV) SUL PRIMO MOTIVO DELL’APPELLO INCIDENTALE

La difesa di controparte, con la memoria depositata in data 04.06.20, sostiene l’infondatezza del primo motivo dell’appello incidentale a mezzo del quale è stata censurata la sentenza di primo grado laddove il Giudice adito ha ritenuto ammissibile il ricorso (asserendo l’insussistenza di un onere di immediata impugnazione – entro il termine perentorio di cui all’art. 129 cpa – degli “atti di ammissione di candidati o liste differenti da quelle del ricorrente”).

A sostegno dei propri assunti la difesa di controparte cita taluni precedenti giurisprudenziali.

Tuttavia, a parere di questa difesa, deve ritenersi preferibile il diverso orientamento, secondo il quale anche “i provvedimenti di ammissione rispettivamente di candidati e liste devono ritenersi atti immediatamente lesivi del diritto del candidato, del pari ammesso, a partecipare al procedimento elettorale in un quadro di potenziali concorrenti definito e immune da possibili contestazioni all’esito del procedimento elettorale costituito dalla proclamazione degli eletti… Non sono, pertanto, ammissibili, in sede di impugnazione degli atti di proclamazione degli eletti censure riferibili alla fase di ammissione delle liste e dei candidati. I cui atti conclusivi sono divenuti inoppugnabili” (T.A.R. Torino, Piemonte sez. II, 10/10/2013, n.1073, cfr. anche T.A.R. Piemonte, Sez. I, n. 1571/2014)

  1. V) SUL SECONDO MOTIVO DI APPELLO INCIDENTALE 

Con il secondo motivo dell’appello incidentale, è stata reiterata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado per mancato superamento della prova di resistenza.

La difesa di controparte, con la propria memoria depositata in data 04.06.20, si è limitata a sostenere – genericamente -che tale motivo di appello sarebbe infondato.

Tale assunto è erroneo.

Ed invero, come già chiarito nei precedenti scritti difensivi, il ricorso proposto in primo grado mira, sostanzialmente, ad ottenere – previo annullamento degli atti con i quali il candidato Greco è stato prima ammesso al ballottaggio e poi proclamato sindaco – una correzione del risultato elettorale con la ripetizione del turno di ballottaggio o, in subordine, la proclamazione di “Spata Sindaco al primo turno”.

Gli originari ricorrenti, di contro, non hanno in alcun modo chiesto l’integrale annullamento della competizione elettorale e la sua ripetizione.

Del resto, ove gli originari ricorrenti avessero chiesto, oltre alla correzione del risultato elettorale, anche l’integrale annullamento della competizione elettorale, il ricorso proposto in primo grado sarebbe risultato inammissibile (CGA n. 9/2018).

Una volta chiarito che gli originari ricorrenti si sono limitati a chiedere la correzione del risultato elettorale, appare evidente come giammai potrebbe essere pronunciato l’annullamento dell’intera competizione elettorale e la sua ripetizione.

Al riguardo, é appena il caso di ricordare che anche nel giudizio elettorale vige il generale principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (Consiglio di Stato sez. III, 20/06/2017, n.2996, cfr. anche Consiglio di Stato A.P. n. 5/15).

Giacchè, come sopra chiarito, il ricorso proposto in primo grado mira esclusivamente alla correzione del risultato elettorale – con conseguente ripetizione del turno di ballottaggio o, in subordine, proclamazione del candidato Spata – la c.d. prova di resistenza va effettuata con riferimento a tale richiesta.

Ebbene, lo si ripete, il ricorso proposto in primo grado è inammissibile per mancato superamento della prova di resistenza (Consiglio Stato, sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6772).

Ed invero, gli originari ricorrenti non hanno affatto dimostrato che le asserite irregolarità contestate – e relative all’ammissione di quattro liste (“Un’altra Gela”, “Uniti Siamo Gelesi”, “Una Buona Idea”, “Azzurri Per Gela”) collegate al candidato sindaco risultato eletto – abbiano inciso sull’ammissione del candidato Greco al turno di ballottaggio e sulla sua conseguente proclamazione (in esito al ballottaggio stesso). 

Gli originari ricorrenti – nel tentativo di superare la c.d. prova di resistenza e di dimostrare che l’esclusione delle liste contestate sarebbe idonea ad incidere sull’elezione del Sindaco – sostengono che : A) dovrebbero essere “sterilizzati” e ritenuti “tam quam non esset” tutti i voti assegnati alle liste di cui è contestata l’ammissione e recanti anche una manifestazione di voto (espressa o tacita) per il candidato sindaco Greco; B) dovrebbero essere ricalcolate le percentuali conseguite dai vari candidati sindaco sottraendo al solo candidato Greco tutti i voti assegnati alle liste contestate.

La ricostruzione e i calcoli prospettati dagli originari ricorrenti sono palesemente erronei sotto molteplici profili.

  1. A) In primo luogo, giova rilevare come, contrariamente a quanto asserito dagli originari ricorrenti, i voti assegnati a una lista illegittimamente ammessa (nel caso di specie, peraltro, come già rilevato dal Giudice di Primo Grado, l’ammissione delle liste contestate è pienamente legittima) non possono essere considerati sic et simpiciter “nulli” o inefficaci, ma vanno al più qualificati alla stregua di “voti incerti”. (TAR Torino n. 1224/15, TAR Torino n. 66/14, Campobasso 224/12, Consiglio di Stato n. 610/2016, Consiglio di Stato, sez. V – 29/10/2012 n. 5504, cfr. anche TAR Lombardia, Brescia, n. 105/2018).

La giurisprudenza ha, peraltro, escluso la possibilità di attuare – in sede giurisdizionale – un intervento “manipolativo” volto a conseguire la “declaratoria di nullità dei voti espressi” in favore della lista illegittimamente ammessa o la “redistribuzione” di tali voti alle altre liste (cfr TAR Lombardia Brescia n. 00033/2019, cfr. anche Cons. Stato, sez. III, 29 maggio 2018 n. 3208 e Cons. St., sez. V, 6 novembre 2015, n. 5069)

In altri termini, a differenza di quanto ritenuto dagli originari ricorrenti, non può certo razionalmente ritenersi che dall’esclusione delle quattro liste conteste – tutte collegate al candidato Greco – possa conseguire la sterilizzazione dei relativi voti.

Tale sterilizzazione, invero, finirebbe per svilire la volontà di 13.128 voti elettori pari al 37,63 (ossia oltre 1/3) dei voti validamente espressi e lederebbe il principio dell’uguaglianza del voto di cui all’art. 48, comma 2, della Costituzione.

Pertanto, il risultato ipotizzato dagli originari ricorrenti (al fine di superare la prova di resistenza) – muovendo alla sterilizzazione di tutti i voti espressi per le liste contestate – risulta certamente irrazionale, inattendibile e in alcun modo rappresentativo dell’effettiva volontà del corpo elettorale.

  1. B) In ogni caso, anche ove per mera ipotesi dovesse ritenersi che i voti espressi per le liste contestate possano essere considerati nulli o inefficaci, tale nullità o inefficacia riguarderebbe i soli voti di lista (e le relative preferenze per i candidati al Consiglio Comunale) e non potrebbe certo estendersi ai voti espressi a favore del candidato sindaco Greco.

Conseguentemente, neanche ipotizzando la sterilizzazione dei suddetti voti di lista il ricorso supererebbe la prova di resistenza giacchè resterebbe indimostrata l’incidenza delle illegittimità denunciate (i.e. ammissione di quattro liste) sull’elezione del sindaco Greco.

Ed infatti, il voto di lista e il voto al Sindaco sono, come chiarito da autorevole giurisprudenza, due differenti e scindibili espressioni di volontà, due autonome scelte rivolte – ciascuna – ad un diverso obiettivo elettorale: l’uno, consistente nella scelta dei soggetti ai quali conferire le funzioni e la carica di Consigliere comunale; l’altro consistente nella scelta del soggetto al quale conferire le funzioni e la carica di Sindaco (soggetto che, nell’attuale sistema, non necessariamente è legato alla medesima lista della quale fanno parte i candidati alla carica di Consigliere ai quali l’elettore abbia deciso di accordare la sua preferenza).

Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che “il voto espresso dall’elettore per una lista illegittimamente ammessa alla competizione può considerarsi invalidamente espresso solo nella parte in cui si riferisce a tale lista (nonché ovviamente all’eventuale preferenza nel suo ambito espressa), ma non anche nella parte in cui l’elettore vota per uno dei candidati alla carica di Sindaco, sia che si tratti di quello collegato con la lista votata, ma illegittimamente ammessa, sia che si tratti di uno diverso. (Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 652/08).

  1. C) In ogni caso, i calcoli prospettati da controparte appaiono irrazionali anche ove, per mera ipotesi, si ritenesse di “sterilizzare” i voti delle liste contestate pure con riferimento al voto espresso per i candidati alla carica di sindaco.

Ed invero, i calcoli degli originari ricorrenti muovono dall’assunto secondo cui dai 13.342 voti assegnati al candidato Sindaco Greco andrebbero detratti ben 7.732 giacchè relativi a schede recanti anche un voto per le liste contestate.

Ebbene, seguendo il ragionamento degli originari ricorrenti, deve ritenersi che dei 13.128 voti assegnati alle liste contestate solo 7.732 recano un voto (congiunto) a favore del Sindaco Greco e, dunque, i restanti 5.396 voti (13.128 – 7.732) recano un voto (disgiunto) a favore degli altri candidati sindaco.

Pertanto, si dovrebbero detrarre (contrariamente a quanto prospettato dagli originari ricorrenti nei propri calcoli) agli altri candidati sindaco (in primis al candidato Spata che ha conseguito 11.315 voti e al candidato Melfa che ha conseguito 6.536 voti ) i suddetti 5.396 ; ciò, evidentemente, porterebbe alla conferma dell’attuale risultato elettorale che vede il candidato Greco prima ammesso al turno di ballottaggio e poi proclamato alla carica di Sindaco.

Donde l’inammissibilità del ricorso proposto in primo grado nonché l’erroneità della sentenza appellata laddove il Giudice adito non ha esaminato la suddetta eccezione.

III) SUL TERZO MOTIVO DELL’APPELLO INCIDENTALE 

Con il terzo motivo dell’appello incidentale è stata reiterata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado rilevando come gli originari ricorrenti si trovino in posizione non omogenee.

Ed invero, uno degli originari ricorrenti è il sig. Giuseppe Spata, il quale ha agito esclusivamente n.q. di candidato “alla carica di sindaco in occasione delle elezioni” (cfr. pag. 1 del ricorso), mentre gli altri due ricorrenti – Ennio Di Pietro e Tiziana Pizzardi – hanno agito nella qualità di elettori.

Ebbene, è fin troppo noto che nei giudizi elettorali gli elettori agiscono – con la c.d. azione popolare – al fine di realizzare l’interesse generale al corretto svolgimento della competizione elettorale; di contro, i candidati agiscono al fine di ottenere la correzione del risultato elettorale e la propria proclamazione alla carica ambita (eventualmente, previo svolgimento del turno di ballottaggio).

Al riguardo , il Consiglio di Stato con una recente pronuncia ha chiarito che “l’interesse legittimante il ricorso giurisdizionale del cittadino elettore si appunta sulla contestazione dell’intero risultato elettorale e non solo su una parte di esso. Detto interesse si identifica infatti nella “realizzazione dell’interesse collettivo al corretto svolgimento delle operazioni elettorali” (Consiglio di Stato, sezione V; sentenza n. 1661/2008)” Con tale pronuncia è stato, altresì, chiarito come non sia consentito “al cittadino elettore di incidere, in modo mirato, su una parte soltanto del risultato elettorale”(Consiglio di Stato sez. III N. 02428/2020REG del 15/04/2020)

Ora, tornando al caso di specie, la proposta domanda di correzione del risultato elettorale è atta a soddisfare pienamente e direttamente l’interesse del sig. Spata quale candidato Sindaco non eletto; tuttavia, non è idonea a soddisfare pienamente l’interesse degli altri ricorrenti/elettori al corretto svolgimento della competizione elettorale (competizione asseritamente “alterata” per l’effetto della partecipazione delle quattro liste contestate).

Ed allora, appare evidente come gli originari ricorrenti si trovino in posizioni giuridiche soggettive difformi e distoniche, con conseguente inammissibilità del ricorso collettivo proposto in primo grado (T.A.R. Roma, Lazio, sez. I, 17/10/2012, n.8556).

III) SUL QUARTO MOTIVO DELL’APPELLO INCIDENTALE 

Con il quarto motivo dell’appello incidentale è stata reiterata l’eccezione di inammissibilità del ricorso giacchè, tramite lo stesso, controparte vorrebbe contestare (senza la proposizione di una querela di falso) il contenuto di un atto fidefacente, ossia l’autenticazione del pubblico ufficiale.

Al riguardo, la difesa di controparte, con la memoria depositata in data 03.06.20 ammette che la querela di falso “non è stata coltivata”, ma asserisce che “il materiale probatorio raccolto e depositato” sarebbe “bastevole ai fini dell’accoglimento del ricorso”.

Tali assunti appaiono infondati.

Ed invero, è incontestato che tutti i moduli contenenti le sottoscrizioni recassero il contrassegno di lista e fossero uniti tra loro – e con la prima pagina recante l’elenco completo dei candidati – da un timbro di congiunzione apposto dal pubblico ufficiale il quale ha, inoltre, regolarmente proceduto all’autentica.

Si rileva, al riguardo, che il timbro di congiunzione apposto dal pubblico ufficiale è idoneo a garantire con assoluta certezza l’unitarietà ab origine del documento.

Tuttavia, a dire di controparte, i vari moduli sarebbero stati collazionati solo dopo la raccolta delle firme e, dunque, il pubblico ufficiale avrebbe apposto il proprio timbro di congiunzione in un momento successivo rispetto alle sottoscrizioni dei presentatori.

Senonchè, costituisce oramai ius receptum che laddove, come nel caso di specie, si vogliano contestare le risultanze fidefacenti di atti pubblici, le doglianze non possano essere delibate dal Giudice amministrativo dovendosi necessariamente proporre querela di falso innanzi al giudice ordinario, nei modi e termini prescritti dal Codice del Processo Amministrativo, pena l’inammissibilità delle stesse. 

Ed invero, la contestazione relativa all’autenticazione del pubblico ufficiale implica un accertamento sulla falsa – recte “non fedele” – rappresentazione di un certo dato storico che il pubblico ufficiale attesta essersi verificato in sua presenza e che controparte sostiene essere diverso dal dato reale.

Si rileva, al riguardo, che l’autenticazione del pubblico ufficiale non ha ad oggetto la sola sottoscrizione – ossia la sola sua provenienza dal soggetto che la appone – , ma anche il documento sottoscritto, quale si presenta al momento della sottoscrizione e, dunque, nel caso di specie, la presenza, sin dall’inizio, del timbro di congiunzione.

La giurisprudenza, sul punto, ha chiarito che “l’autenticazione non ha ad oggetto la sottoscrizione tout court, ergo la sola sua provenienza dal soggetto che la appone, ma anche il documento sottoscritto, quale si presenta al momento della sottoscrizione: la sottoscrizione, infatti, è atto significativo della appropriazione volitiva e cognitiva di un determinato documento da parte del sottoscrittore, sì che questo concorre ad esprimere e identificare l’oggetto dell’atto di “appropriazione” intellettiva di cui la sottoscrizione medesima consiste e, di riflesso, a determinare la portata fidafecente dell’autenticazione. All’inverso, invece, non potrebbe sostenersi, come fanno gli appellanti, che la garanzia della unicità dei fogli sarebbe data proprio dall’autentica della sottoscrizione, anche in assenza di alcuna forma di collegamento degli stessi (mediante sigla o timbro) imputabile al pubblico ufficiale autenticante, dal momento che la portata attestatrice dell’autentica (ovvero, l’identificazione del documento cui si riferisce la sottoscrizione) può essere apprezzata e determinata proprio sulla scorta degli elementi di collegamento esistenti tra i fogli separati: sì che, in mancanza di tali elementi, ovvero di ogni certezza circa il momento della loro realizzazione (come si verifica nel caso della spillatura), resta inficiata anche la pretesa efficacia fidefacente della autentica con riguardo al documento sottoscritto, quale risultante dell’unione tra il foglio recante le sottoscrizioni e quello recante le generalità dei candidati, la lista appoggiata ed il relativo contrassegno (Consiglio di Stato, Sez.III n. 2940/19 del 07/05/2019).

  1. V) SUI RESTANTI MOTIVI DELL’APPELLO INCIDENTALE 

Con riferimento al V, VI, VII motivi dell’appello incidentale si reitera quanto già rilevato nei precedenti scritti difensivi giacchè su tali motivi nulla ha dedotto controparte.

P.Q.M.

VOGLIA CODESTO ECC.MO C.G.A.

Dichiarare inammissibile e, comunque, nel merito rigettare, per le ragioni sopra dedotte, l’appello ex adverso proposto e, per l’effetto, confermare la sentenza del TAR Sicilia Palermo n. 260/19 anche con diversa motivazione, in accoglimento delle eccezioni sollevate in primo grado e che il T.A.R. adito ha ritenuto assorbite e/o non ha esaminato.

Condizionatamente all’accoglimento dell’appello principale, accogliere l’appello incidentale e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarare inammissibile/irricevibile o, comunque, infondato il ricorso proposto in primo grado, 

Ordinare all’Autorità Amministrativa di eseguire l’emittenda decisione.

Con vittoria di spese per entrambi i gradi di giudizio

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