Varie

Duello Greco-Spata: altri tre assessori e tre consiglieri presentano controricorso

Assessori e consiglieri di maggioranza  Davide Sincero,  Rosario Faraci, Terenziano Di Stefano, Nadia Gnoffo,  Grazia Robilatte, Alessandra Ascia si sono costituiti in giudizio di appello, insieme agli altri 11 consiglieri di maggioranza contro  il candidato alle scorse elezioni Spata Giuseppe rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Scuderi e Rosario Calanni Fraccono; 

e nei confronti del Comune di Gela, nella persona dell’attuale rappresentante legale; del Consiglio Comunale di Gela, nella persona dell’attuale rappresentante legale; dell’Ufficio Centrale Elettorale per il turno di ballottaggio di Gela, costituito in occasione delle elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale di Gela del 28 aprile 2019, nella persona dell’attuale rappresentante legale;  dell’Ufficio Centrale Elettorale di Gela, costituito in occasione delle elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale di Gela del 28 aprile 2019, nella persona dell’attuale rappresentante legale;  della Commissione Elettorale Circondariale di Gela, costituita in occasione delle elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale di Gela del 28 aprile 2019, nella persona dell’attuale rappresentante legale;  dell’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Caltanissetta, nella persona

dell’attuale rappresentante legale;  Ennio Di Pietro e Tiziana Pizzardi rappresentato e difeso dall’Avv. Antonietta Sartorio; avverso al ricorso in appello proposto da Giuseppe Spata “avverso e per l’annullamento o la riforma della sentenza del 31.01.2020 n. 260 con cui il TAR Sicilia, Sezione I di Palermo, ha respinto il ricorso n. 1321/2019 R.G., proposto dall’appellante in primo grado, ai sensi dell’art. 130 del c.p.a, per l’annullamento delle operazioni elettorali relative alle elezioni per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio Comunale di Gela (CL)”

La contestazione riguarda quanto avvenuto il 28 aprile 2019 si è tenuto il primo turno della consultazione per l’elezione diretta del Sindaco ed il rinnovo del Consiglio Comunale di Gela.

In esito al primo turno della citata consultazione elettorale, nessuno dei candidati alla carica di sindaco ha conseguito almeno il 40% dei voti validi, pertanto, sono stati ammessi al turno di ballottaggio i due candidati Sindaco più votati e segnatamente l’avv. Cristoforo Greco (che ha conseguito n. 13.432 voti validi) ed il sig. Giuseppe Spata (che ha conseguito n. 11.315 voti validi).

Appare utile rilevare che le Liste collegate al candidato Sindaco Greco hanno ottenuto le seguenti cifre elettorali:

– Lista n. 3 avente contrassegno <UN’ALTRA GELA> voti 4.556;

– Lista n. 6 avente contrassegno <UNITI SIAMO GELESI> voti 2.328;

– Lista n. 7 avente contrassegno <UNA BUONA IDEA> voti 2.984;

– Lista n. 9 avente contrassegno <IMPEGNO COMUNE – IL POPOLO DELLA

FAMIGLIA> voti 1.958;

– Lista n. 12 avente contrassegno <AZZURRI PER GELA> voti 3.260;

per un totale di n. 15.086, cifra complessiva di voti Liste collegate.

Di contro, le Liste collegate al candidato Sindaco n. 3 Spata hanno ottenuto le seguenti cifre elettorali:

– Lista n. 2 avente contrassegno <AVANTI GELA> voti 4.299;

– Lista n. 5 avente contrassegno <FRATELLI D’ITALIA> voti 2.705;

– Lista n. 8 avente contrassegno <ITALIA UDC> voti 2.068;

– Lista n. 10 avente contrassegno <LEGA SALVINI SICILIA> voti 2.805;

In esito al turno di ballottaggio del 12 maggio 2019, è stato proclamato eletto alla carica di Sindaco l’avv. Cristoforo Greco, avendo lo stesso conseguito 13.648 voti, a fronte dei 12.373 voti conseguiti dal candidato Giuseppe Spata. 

L’Ufficio Centrale, dopo lo svolgimento del ballottaggio, ha proceduto a determinare, in base alle cifre elettorali ottenute dalle varie liste, il numero dei Seggi spettanti a ciascuna Lista o gruppo di Liste, ai sensi dell’art. 4, comma 4, L.r. n. 35/1997.

Giacchè, sulla base di tali determinazioni, il gruppo di liste collegate al candidato sindaco proclamato eletto (e composto dalle liste “Un’altra Gela”, “Uniti Siamo Gelesi”, “Una Buona Idea”, “Impegno Comune…”, “Azzurri Per Gela”) non ha conseguito “almeno il 60 per cento dei seggi”, l’Ufficio Centrale ha provveduto ad assegnare a tale gruppo il c.d. premio di maggioranza – ai sensi dell’art. 4, comma 6, L.r. n. 35/1997 – e segnatamente 15 seggi.

Ed invero, ai sensi dall’art. 4 comma 6 della l. r. 35/1997,: “Alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del Consiglio viene assegnato, comunque, il 60 per cento dei seggi”.

Con il ricorso proposto innanzi al TAR Sicilia Palermo recante R.G.N. 1321/2019, gli originari ricorrenti hanno sostenuto che i risultati elettorali sarebbero illegittimi “atteso che in fase di ammissione di n. 4 Liste collegate al candidato Sindaco Greco (segnatamente le liste “Un’altra Gela”, “Uniti Siamo Gelesi”, “Una Buona Idea”, “Azzurri Per Gela”), le stesse avrebbero dovuto essere escluse”.

In particolare, con il ricorso introduttivo del giudizio, controparte ha sostenuto che senza l’ammissione delle suddette liste il candidato eletto Greco non avrebbe conseguito un numero voti sufficienti all’ammissione al turno di ballottaggio e, per l’effetto, ha chiesto che venisse corretto il risultato elettorale con la conseguente ripetizione del turno di ballottaggio tra il candidato Melfa e il candidato Spata o, in subordine, che venisse proclamato “Spata Sindaco al primo turno”.

Gli odierni appellanti incidentali si sono costituiti in primo grado sollevando numerose eccezioni in rito e chiedendo che il ricorso venisse dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato perché infondato nel merito.

In vista dell’udienza di merito, è stata depositata agli atti del giudizio la querela di falso notificata dagli originari ricorrenti (ma poi non coltivata) avverso: A) ”l’atto separato di Dichiarazione di presentazione alla carica di Sindaco e di lista di candidati alla carica di consigliere comunale, allegato n.1 Ter, presentato (dalle liste contestate – NDR) ai fini della ammissione alla competizione elettorale per cui è controversia; B) la dichiarazione a firma del Responsabile dell’Ufficio Elettorale, dott. F. Incardona, prot. 74195 dell’08/07/2019.

Il TAR Sicilia Palermo, con la sentenza n. 260/20,: A) ha disposto l’estromissione dal giudizio dell’U.T.G. – Prefettura di Caltanissetta; B) ha ritenuto che il giudizio potesse essere “definito indipendentemente dalla proposizione della querela di falso ex art. 221 c.p.c.”; C) ha disatteso l’eccezione in rito sollevata dagli odierni appellanti incidentali “in relazione alla prospettata inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 129 c.p.a..”; D) ha ritenuto di “poter prescindere dalle ulteriori e innumerevoli eccezioni in rito sollevate dalle controparti” attesa l’infondatezza del ricorso;ul E) ha rigettato nel merito il ricorso proposto in primo grado; F) ha compensato le spese di giudizio.

Con appello notificato in 24.02.20, il sig. Giuseppe Spata ha chiesto “l’annullamento e/o la riforma della sentenza del 31.01.2020 n. 260”.

Mercè il presente atto, gli odierni appellati intendono rilevare l’inammissibilità nonché l’infondatezza della’appello principale cui oggi si resiste.

DIRITTO 

SULL’INAMMISSIBILITA’ DELL’APPELLO PRINCIPALE EX ADVERSO PROPOSTO.

 

Controparte, a mezzo del ricorso in appello cui oggi si resiste, lungi dal formulare censure specifiche avverso la decisione appellata, si è limitata a reiterare le censure proposte in primo grado e a citare taluni precedenti giurisprudenziali asseritamente idonei a sostenere tali censure.

L’appello, invero, è tutto costruito sull’asserita illegittimità del provvedimento di ammissione delle liste contestate menzionandosi la sentenza del Tar solamente per contestarne genericamente la correttezza (a pag 8) ovvero per asserire – altrettanto genericamente (pag. 13) – che la stessa è stata adottata senza alcuna previa istruttoria o acquisizione documentale.

Controparte, in particolare: 

– con il primo motivo di appello ha rilevato che, come “ampiamente sostenuto nel ricorso di primo grado, la raccolta delle firme è avvenuta in modo illegittimo, stante la mancata preventiva elencazione nominativa dei candidati”;

con il secondo motivo di appello si è limitato ad elencare tutti gli “elementi di prova” forniti in primo grado e asseritamente non esaminati dal Giudice adito.

Controparte ha, invece, omesso di contestare specificamente tutti i punti essenziali della sentenza appellata. 

In particolare, l’odierno appellante principale non ha contestato il capo della sentenza con il quale il Giudice adito ha ritenuto che il giudizio potesse essere “definito indipendentemente dalla proposizione della querela di falso ex art. 221 c.p.c.”.

Inoltre, l’atto di appello ha ignorato le considerazioni svolte dal T.A.R. e relative all’inapplicabilità in Sicilia delle norme statali che richiedono la presenza nei moduli per la raccolta delle firme dei nominativi dei candidati

La sentenza appellata ha, invero, statuito che: 1) le disposizioni regionali “in ordine al contenuto dei moduli sui quali apporre le firme dei sottoscrittori differiscono significativamente dalle corrispondenti norme nazionali”; 2) il “rapporto tra le due norme, attesa l’esclusività della competenza del legislatore regionale in materia elettorale, non consente di ritenere direttamente applicabili le previsioni del mentovato art. 28 d.P.R. 570/1960 alla fattispecie in esame”; 3) “La vigente normativa regionale si differenzia, sul punto, dalla normativa nazionale di cui all’art. 28 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, in quanto non richiede che i “moduli” sui quali vengono apposte le firme dei sottoscrittori, oltre al contrassegno della lista ed al nome, cognome, data e luogo di nascita dei sottoscrittori stessi, contengano anche “il nome, cognome, data e luogo di nascita di tutti i candidati”. In sostanza, in base al combinato disposto delle norme regionali richiamate, nei “moduli” in questione è richiesta unicamente l’apposizione del contrassegno di lista, senza necessità di ulteriori indicazioni” (al riguardo il Giudice di Primo Grado ha richiamato numerosi precedenti giurisprudenziali e segnatamente le sentenza del TAR Catania n. 1234/2015, n. 656/2009, n. 1946/2008 e n. 1357/2006 e le sentenze del CGA n 652/2008, n. 98/2009 e n. 402/2010).

Controparte, inoltre, non ha contestato il capo della sentenza con il quale il Giudice di Primo Grado (avendo constatato che “i moduli successivi al primo contengono… il prescritto contrassegno di ogni lista”) ha ritenuto che sarebbe, in ogni caso, “irrilevante la mancata apposizione di un segno obiettivo di continuità e collegamento fra i vari moduli (come l’apposizione trasversale di un timbro e della sottoscrizione del pubblico ufficiale), atteso che tale condizione è stata ritenuta necessaria dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons, Stato, V, 6 aprile 2007, n. 1553 e Cons. Stato, V. 14 aprile 2008 n. 1661) con riferimento al caso in cui la presentazione di una lista avvenga utilizzando più fogli, il primo dei quali (frontespizio) rechi il simbolo della lista ed i nominativi dei candidati, mentre le firme dei presentatori risultino apposte su fogli intercalari, privi di qualsiasi indicazione e soltanto spillati al primo, senza alcun segno di congiunzione inequivoca”.

Controparte, infine, non ha contestato il capo della sentenza con il quale il Giudice adito ha rilevato che le Istruzioni fornite dall’Assessorato Regionale (e citate nel ricorso proposto in primo grado) “non richiamano…la normativa nazionale indicata dai ricorrenti, prospettando quale mero suggerimento (e non già come obbligo – NDR) l’opportunità che i fogli successivi al primo contengano, oltre al prescritto e necessario simbolo di Lista, anche il nome dei candidati”.

L’appellante, che ha omesso di trattare i vari punti essenziali fin qui indicati, ha ritenuto sufficiente citare taluni precedenti giurisprudenziali (in realtà inconferenti) dai quali, a suo dire, emergerebbe l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado. 

Ebbene, l’assoluta centralità, nell’economia della sentenza di prime cure, della sua componente rimasta immune da specifiche critiche, nonché il carattere analitico e approfondito della motivazione che era stata svolta dal T.A.R. sui relativi temi rende evidentemente inammissibile l’appello cui oggi si resiste.

Al riguardo, Codesto Ecc.mo Consiglio, ha recentemente chiarito che “Nel giudizio d’appello la cognizione del Giudice investe le questioni dedotte dall’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi (l’art. 101 C.P.A. prescrive la presenza di “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”), e tale requisito di specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime (C.d.S., IV, 9 ottobre 2010, n. 7384). La parte soccombente, quando adisce il Giudice d’appello, non può pertanto limitarsi a riproporre le tesi già dedotte e disattese dal primo Giudice, ma deve anche indicare i motivi per i quali le conclusioni cui quest’ultimo è pervenuto non possono essere condivise, e quindi investirne puntualmente il decisum precisando le ragioni per cui questo sarebbe erroneo e da riformare (V, 6 ottobre 2009, n. 6094 e 23 dicembre 2008, n. 6535; VI, 24 aprile 2009, n. 2560 e 9 settembre 2008 , n. 4300)” (CGA n. 440/2019 del 16/05/2019).

Ed allora, alla luce dei sopra indicati precedenti giurisprudenziali, appare evidente l’inammissibilità del ricorso in appello cui oggi si resiste.

Né tanto meno l’eccepita inammissibilità dell’appello cui oggi si resiste potrebbe essere ovviata dalla generica affermazione di erroneità della sentenza appellata siccome contenuta nel ricorso in appello.

Ed infatti, lo si ribadisce: A) le censure avverso i capi della sentenza devono essere specifiche; B) sono rimasti non censurati i capi centrali della sentenza.

  1. II) SULL’INFONDATEZZA DEL PRIMO MOTIVO DI APPELLO

Con il primo motivo di appello, la difesa di controparte sostiene che la questione dedotta con il ricorso introduttivo del giudizio “non era attinente – come si è erroneamente sostenuto con la sentenza appellata, – “…alla contestata ammissione di ben quattro liste collegate al candidato Sindaco risultato eletto…, per la contestata mancata preventiva unificazione degli intercalari…”; quanto e, piuttosto, alle “modalità di raccolta delle firme risultata essere illegittima”.

Tale assunto appare erroneo.

Ed invero, il Giudice di Primo Grado ha perfettamente individuato e ricostruito la questione dedotto dagli originari ricorrenti: A) chiarendo, che la stessa attiene, “sostanzialmente, alla contestata ammissione di ben quattro liste collegate al candidato Sindaco risultato eletto nell’ambito delle consultazioni amministrative per l’elezione diretta del Sindaco del Comune di Gela e per la rinnovazione del Consiglio Comunale svoltesi il 28 aprile e il 12 maggio 2019, per la contestata mancata preventiva unificazione degli intercalari (che presentavano comunque il simbolo delle rispettive liste) nell’ambito del documento di presentazione delle medesime la cui prima pagina riportata il nominativo dei candidati… “; B) specificando, altresì, che, “come sopra sinteticamente evidenziato, ad avviso dei ricorrenti la raccolta delle firme per la presentazione di ognuna delle liste qui contestate sarebbe avvenuta attraverso la sottoscrizione su singoli fogli mobili in formato A4 (210×297) non spillati e/o non collegati tra loro, né spillati e/o collegati al foglio di frontespizio (recante simbolo della lista ed elenco dei candidati) e senza contenere – ad eccezione del simbolo della Lista – il nome, cognome, data e luogo di nascita di tutti i candidati di tale Lista, così come prescrive la norma di riferimento ex art. 17 del D.Lgs.P.Reg. 20.08.1960 n. 3 e art. 28 del D.P.R. n. 570/1960 ed in conformità al Modulo n. 1 ter predisposto dall’Assessorato delle Autonomie locali – Servizio 5 – Ufficio elettorale”.

Con il primo motivo di appello, controparte, inoltre, ha sostenuto apoditticamente che la raccolta delle firme sarebbe “avvenuta in modo illegittimo, stante la mancata preventiva elencazione nominativa dei candidati”.

Al riguardo, si rileva che il Giudice di Primo Grado ha affermato l’inapplicabilità in Sicilia delle norme statali che richiedono la presenza nei moduli per la raccolta delle firme dei nominativi dei candidati.

In particolare, la sentenza ex adverso appellata ha statuito che: 1) le disposizioni regionali “in ordine al contenuto dei moduli sui quali apporre le firme dei sottoscrittori differiscono significativamente dalle corrispondenti norme nazionali”; 2) il “rapporto tra le due norme, attesa l’esclusività della competenza del legislatore regionale in materia elettorale, non consente di ritenere direttamente applicabili le previsioni del mentovato art. 28 d.P.R. 570/1960 alla fattispecie in esame”; 3) “La vigente normativa regionale si differenzia, sul punto, dalla normativa nazionale di cui all’art. 28 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, in quanto non richiede che i “moduli” sui quali vengono apposte le firme dei sottoscrittori, oltre al contrassegno della lista ed al nome, cognome, data e luogo di nascita dei sottoscrittori stessi, contengano anche “il nome, cognome, data e luogo di nascita di tutti i candidati”. In sostanza, in base al combinato disposto delle norme regionali richiamate, nei “moduli” in questione è richiesta unicamente l’apposizione del contrassegno di lista, senza necessità di ulteriori indicazioni” .

Tale capo della sentenza non è stato in alcun modo contestato da controparte e quest’ultima non ha fornito alcun elemento in ipotesi idoneo smentire le conclusione del Giudice di prime cure.

Si rileva, peraltro, che lo conclusioni cui è giunto il Giudice di primo grado sono perfettamente in linea con il pacifico orientamento giurisprudenziale in materia. 

Ed invero, la giurisprudenza, sul punto, ha chiarito che le disposizioni regionali in ordine al contenuto dei moduli sui quali apporre le firme dei sottoscrittori differiscono dalle corrispondenti norme nazionali (cfr. le sentenze del T.A.R. di Catania, Sez. IV, n. 656/2009, Sez. IV, n. 1946/2008, e Sez. I, n. 1357/2006; nonché la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 652/2008). La vigente normativa regionale pertanto, si differenzia, sul punto, dalla normativa nazionale di cui all’art. 28 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, in quanto non richiede che i “moduli” sui quali vengono apposte le firme dei sottoscrittori, oltre al contrassegno della lista ed al nome, cognome, data e luogo di nascita dei sottoscrittori stessi, contengano anche “il nome, cognome, data e luogo di nascita di tutti i candidati”. In sostanza, in base al combinato disposto delle norme regionali richiamate, nei “moduli” in questione è richiesta unicamente l’apposizione del contrassegno di lista, senza necessità di ulteriori indicazioni.”. (TAR Sicilia Catania sez. II n. N. 01234/2015 )

Ed ancora, è stato chiarito che “le formalità, necessarie e sufficienti, richieste in Sicilia dagli artt. 7, comma 4, L.R. 26.8.1992, n. 7, nonché 17 e 20 del D.P.R.S. 20.8.1960, n. 3 (richiamati dal comma 4 del cit. art. 7), consistono, appunto, nella presenza, su ciascun foglio sottoscritto dai presentatori, delle generalità di questi ultimi, del contrassegno della lista da loro presentata e del relativo collegamento con un candidato Sindaco; sicché non occorre (poiché lex ubi noluit tacuit) l’indicazione di tutti i nominativi dei candidati che costituiscono la lista stessa”. (Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 652/08).

Ed infine, è stato rilevato che “In Sicilia condizione necessaria e sufficiente per la presentazione delle liste è la presenza, nei fogli successivi al primo, del simbolo della lista, non occorrendo che in detti fogli sia altresì riportata l’indicazione dei nomi dei candidati, come è invece richiesto dalla normativa nazionale; nondimeno, resta ferma anche in Sicilia la necessità dell’autenticazione delle firme in unico contesto documentale, nonché l’esigenza logica che il simbolo preesista, sul foglio, all’apposizione delle sottoscrizioni dei presentatori (che, altrimenti, sarebbero del tutto fungibili tra loro)” (Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 98/09).

Con il primo motivo di appello, inoltre, controparte cita a sostegno dei propri assunti – in ordine all’illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado – taluni precedenti giurisprudenziali.

Tali precedenti, che si riportano appresso, sono in realtà assolutamente inconferenti.

La difesa di controparte cita, invero, la sentenza del Consiglio di Stato Sez. III n. 2940/19 con la quale è stato chiarito che “Non vale sostenere, come fa la parte appellante, che l’apposizione del timbro o della sigla non offrirebbe alcuna idonea garanzia circa il momento in cui è stata operata la congiunzione dei fogli, potendo gli stessi “essere apposti anche in momento successivo alla sottoscrizione senza che ciò possa rappresentare una falsa dichiarazione del pubblico ufficiale”: basti osservare, in senso contrario, che la congiunzione successiva dei fogli, mediante sigla o timbro del pubblico ufficiale autenticante, integra una forma di alterazione materiale del documento recante le sottoscrizioni, proprio perché implica l’ampliamento artificioso ed a posteriori dello stesso rispetto al momento di apposizione delle sottoscrizione e della relativa autenticazione. Da questo punto di vista, deve osservarsi che l’autenticazione non ha ad oggetto la sottoscrizione tout court, ergo la sola sua provenienza dal soggetto che la appone, ma anche il documento sottoscritto, quale si presenta al momento della sottoscrizione”.

Tale precedente, a differenza di quanto auspicato da controparte, avvalora la legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado nonché la correttezza della sentenza ex adverso appellata.

Ed invero, da tale sentenza emerge che – ove, come nel caso di specie, i moduli contenenti le sottoscrizioni siano congiunti da un timbro apposto dal Pubblico Ufficiale – ogni contestazioni in ordine alla mancata originaria congiunzione dei moduli può essere fatta valere solo a mezzo di querela di falso (querela che, invece, l’appellante non ha coltivato).

La difesa di controparte, nell’atto di appello, ha citato, inoltre, la sentenza del T.A.R. Genova, Sez. II 12/05/2016 n. 445, la sentenza del T.A.R. Molise, n. 15112019 e la sentenza del Consiglio di Stato n. 1553/2007.

Tali precedenti sono inconferenti atteso che si riferiscono ad ipotesi nelle quali i moduli aggiuntivi utilizzati per la sottoscrizione delle liste erano privi degli elementi prescritti (che secondo la normativa nazionale sono rappresentati dal contrassegno di lista e dall’elenco dei candidati) e non erano uniti al primo foglio da timbri lineari, firme etc. (bensì della sola spillatura).

Ebbene, nel caso di specie, i moduli intercalari sono uniti tra loro da un timbro di congiunzione apposto dal Pubblico Ufficiale ed, inoltre, ciascun modulo reca il contrassegno di lista e, pertanto, presenta l’unico requisito prescritto dalla normativa regionale.

Al riguardo, il Giudice di Primo Grado, con una capo della sentenza non specificamente contestato da controparte, ha chiarito che sarebbe, in ogni caso, “irrilevante la mancata (preventiva – NDR) apposizione di un segno obiettivo di continuità e collegamento fra i vari moduli (come l’apposizione trasversale di un timbro e della sottoscrizione del pubblico ufficiale), atteso che tale condizione è stata ritenuta necessaria dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons, Stato, V, 6 aprile 2007, n. 1553 e Cons. Stato, V. 14 aprile 2008 n. 1661) con riferimento al caso in cui la presentazione di una lista avvenga utilizzando più fogli, il primo dei quali (frontespizio) rechi il simbolo della lista ed i nominativi dei candidati, mentre le firme dei presentatori risultino apposte su fogli intercalari, privi di qualsiasi indicazione e soltanto spillati al primo, senza alcun segno di congiunzione inequivoca”.

Si rileva, altresì, come sia inconferente l’ulteriore precedente citato da controparte, ossia la sentenza del C.G.A. n. 402/2010. Tale sentenza, invero, si riferisce ad una fattispecie  in cui “le relative sottoscrizioni degli elettori risultano apposte su vari moduli separati, privi di un timbro o di una firma in grado di dimostrare il loro collegamento con la dichiarazione iniziale e privi anche del contrassegno della lista di riferimento.

Nel caso si specie, invece, lo si ribadisce, è incontestata la presenza in tutti i moduli dei contrassegni delle liste.

Appare, infine, utile rilevare come da nessuno dei precedenti citati da controparte possa desumersi il principio secondo cui i moduli utilizzati per la raccolta delle firme devono essere stabilmente e preventivamente congiunti con un timbro apposto da un Pubblico Ufficiale (timbro, peraltro, nel caso di specie presente) anche quando, come nel caso di specie, ciascuno di tali moduli rechi gli elementi prescritti dalla normativa elettorale (ossia il simbolo di lista). 

La giurisprudenza ha, invero, alternativamente, richiesto – ai fini dell’ammissione della lista – che A) ciascuno dei moduli utilizzati per la raccolta delle firme rechi gli elementi prescritti dalla legge (in Sicilia è prescritta la presenza del sono contrassegno di lista); B) i moduli, ove privi dei suddetti elementi, siano “collegati” alla prima pagina (recante tali elementi) da un timbro o una firma. 

La ratio delle disposizioni che disciplinano la raccolta delle firma è, infatti, quella di garantire che la consapevolezza del sottoscrittore in ordine agli elementi essenziali della lista sostenuta.

Ebbene, nel caso si specie, l’esigenza di garantire la consapevolezza dei firmatari è stata senz’altro garantita giacchè, lo si ripete, ciascun modulo reca il contrassegno di lista e, pertanto, presenta l’unico requisito prescritto dalla normativa regionale.

Alla luce di quanto sopra esposto appare evidente l’infondatezza dell’appello cui oggi si resiste.

III) SULL’INFONDATEZZA DEL SECONDO MOTIVO DI APPELLO

Con il secondo motivo di appello, la difesa di controparte sostiene che la sentenza appellata sarebbe “stata adottata senza alcuna previa istruttoria o acquisizioni documentali, non avendo il TAR Palermo esaminato e preso in considerazione, nessuno degli elementi di prova forniti nell’occasione dall’appellante”.

Gli assunti di controparte appaiono erronei.

Il Giudice di Primo Grado ha ritenuto legittima l’ammissione delle liste contestate giacchè i “moduli ad intercalare presentavano certamente il simbolo della Lista” ossia l’unico elemento che (ai sensi della normativa regionale) deve essere necessariamente presente.

Pertanto, risultano assolutamente irrilevanti gli elementi forniti dall’odierno appellante e con i quali lo stesso vorrebbe dimostrare che i fogli recanti le sottoscrizioni sarebbero stati congiunti con il modello recante il nominativo dei candidati solo in un momento successivo alla raccolta delle firme.

Ed invero, anche ove, per mera ipotesi, dovesse aderirsi alla tesi dell’odierno appellante, secondo cui i vari fogli recanti le sottoscrizioni non sarebbero stati sin dall’inizio congiunti con il modello recante il nominativo dei candidati, ciò non inciderebbe sulla legittimità dei provvedimenti di ammissione delle liste contestate in quanto tutti i fogli contengono il contrassegno di lista e, pertanto, presentano l’unico requisito prescritto dalla normativa regionale.

Al riguardo, il Giudice di Primo Grado, con una capo della sentenza non specificamente contestato da controparte, ha chiarito che sarebbe, in ogni caso, “irrilevante la mancata (preventiva – NDR) apposizione di un segno obiettivo di continuità e collegamento fra i vari moduli (come l’apposizione trasversale di un timbro e della sottoscrizione del pubblico ufficiale), atteso che tale condizione è stata ritenuta necessaria dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons, Stato, V, 6 aprile 2007, n. 1553 e Cons. Stato, V. 14 aprile 2008 n. 1661) con riferimento al caso in cui la presentazione di una lista avvenga utilizzando più fogli, il primo dei quali (frontespizio) rechi il simbolo della lista ed i nominativi dei candidati, mentre le firme dei presentatori risultino apposte su fogli intercalari, privi di qualsiasi indicazione e soltanto spillati al primo, senza alcun segno di congiunzione inequivoca”.

In ogni caso, si rileva che gli asseriti elementi di prova forniti dai ricorrenti non sono effettivi ed attendibili

Ed invero: A) nessun effettivo valore probatorio può riconoscersi alle fotografi e ai video – di incerta provenienza e attendibilità – prodotti da controparte e che si limitano a ritrarre taluni soggetti intendi a sottoscrivere dei moduli. Peraltro, da tali video e da tali foto emerge che i tutti i moduli sottoscritti rechino in alto il contrassegno della lista cui il modulo si riferisce. Al riguardo, appare utile rilevare che, come meglio si chiarirà appresso, la presenza nei moduli del contrassegno di lista è sulla base della normativa regionale (e a differenza di quanto previsto dalla normativa nazionale) condizione necessaria e sufficiente per la presentazione della lista stessa. Pertanto, il materiale fotografico e video prodotto da controparte – anche ove le si ritenesse, per mera ipotesi, attendibile – nulla prova in ordine alla non correttezza delle operazioni di raccolta delle firme, anzi comprova la presenza nei fogli sottoscritti di tutti gli elementi necessari per la valida presentazione delle liste.

  1. B) Nessun valore probatorio può riconoscersi alle dichiarazioni sostitutive prodotte dai ricorrenti e con la quale taluni soggetti sostengono di aver sottoscritto i moduli relativi alle liste contestate “senza aver avuto modo di vedere se nella prima pagina fossero presenti i nomi dei candidati” o, comunque, senza avere prima preso visione della pagina recante “i nomi dei candidati” (uno dei dichiaranti, addirittura, sostiene che non essendo indicati nel modulo da sottoscrive le generalità dei candidati lo stesso non ha deciso di non apporre la propria firma). Tali dichiarazioni confermano la presenza nei moduli del contrassegno di lista e asseriscono l’assenza (nella pagine diverse dalla prima) dell’elenco dei candidati al Consiglio Comunale. Ebbene, tali dichiarazioni nulla compravano in ordine alla correttezza delle operazioni di raccolta delle firma giacchè, come detto, la presenza nei moduli del contrassegno di lista è sulla base della normativa regionale condizione necessaria e sufficiente per la presentazione della lista stessa.
  2. C) Nessun valore probatorio può riconoscersi agli articoli pubblicati su giornali o siti internet ovvero ai servizi di TV locali dai quali: 1) emergerebbero presunte irregolarità nella raccolta delle firme (consistenti nella mancanza nei singoli fogli dei nominativi dei candidati); 2) emergerebbe l’assenza, al momento della raccolte delle firme, di un accordo in ordine alla composizione delle varie liste contestate (accordo che, a dire di controparte, sarebbe stato raggiunto solo dopo la sottoscrizione dei moduli). Tali articoli non possono ritenersi attendibili, contengono rumors e illazioni e sono ispirati da esigenze connesse allo svolgimento della campagna elettorale. 

Le illazioni in ordine alle asserite irregolarità verificatesi in sede di raccolte delle firme risultano, inoltre, smentite dalla stessa documentazione prodotta in atti dagli stessi ricorrenti (Doc. 9,10,11,12 prodotto in primo grado da controparte).

Ed invero, dalla documentazione in atti emerge inequivocabilmente che tutti i moduli contenenti le sottoscrizione recassero il contrassegno di lista e fossero uniti tra loro – e con la prima pagina recante l’elenco completo dei candidati – da un timbro di congiunzione apposto dal pubblico ufficiale il quale ha, inoltre, regolarmente proceduto all’autentica.

Non appare, peraltro, superfluo rilevare come debba presumersi che un soggetto il quale acconsenta al rilascio della propria sottoscrizione su di un modulo elettorale prestampato, attraverso formalità che prevedono anche l’autentica della sottoscrizione stessa, sia pienamente consapevole di ciò che sta firmando.

Donde l’infondatezza anche del secondo motivo di appello.

P.Q.M.

VOGLIA CODESTO ECC.MO C.G.A.

Dichiarare inammissibile e, comunque, nel merito rigettare, per le ragioni sopra dedotte, l’appello ex adverso proposto, e per l’effetto confermare la sentenza del TAR Sicilia Palermo n. 260/19 anche con diversa motivazione in accoglimento delle ecezioni sollevate in primo grado e che il T.A.R. adito ha ritenuto assorbite e/o non ha esaminato.

Condizionatamente all’accoglimento dell’appello principale, accogliere l’appello incidentale e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarare inammissibile/irricevibile il ricorso proposto in primo grado, 

Ordinare all’Autorità Amministrativa di eseguire l’emittenda decisione.

Con vittoria di spese per entrambi i gradi di giudizio

Li                                                                                             Avv. Girolamo Rubino

 

Avv. Giuseppe Impiduglia

 

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