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Anniversario Costa Concordia: “Un bimbo salvato dal naufragio ora vuole entrare in Marina”

Nove anni fa l'incidente che costò la vita a 32 persone. Le parole di Gregorio De Falco, nel 2012 capo sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno

Grosseto, 12 gennaio 2021 – “Un bambino che fu salvato quella notte adesso vuole entrare in Marina”. Sono le parole di Gregorio De Falco, ora parlamentare del Gruppo Misto, ai tempi del naufragio della Costa Concordia, nel 2012 capo sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno. Mercoledì 13 gennaio ricorrono nove anni dal gravissimo incidente navale che costò la vita a 32 persone. Per quel naufragio è stato condannato in via definitiva a 17 anni Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia. E De Falco ricorda all’Adnkronos quella notte.

Fu un soccorso estremamente difficile”

“Si è trattato di un soccorso estremamente difficile, complicato, immane. Un soccorso nel quale avremmo potuto salvare tutti se avessimo avuto una minima e doverosa collaborazione dal comando di bordo le tragiche 32 vittime si sarebbero potute evitare. – dice De Falco – Sono comunque convinto che, oltre al grande lavoro svolto da tutti coloro che hanno partecipato ai soccorsi, abbiamo avuto una ‘mano provvidenziale’, altrimenti ci sarebbero state molte più vittime”.

Un bambino salvato ora vuole fare l’ufficiale di Marina

“Gli equipaggi delle motovedette riferirono che avevano visto persone cadere dalla nave o gettarsi allora ordinai di aprire le zattere gonfiabili e di spingerle sotto bordo in modo che chi era in mare potesse avere un appiglio. – prosegue De Falco – In seguito sono venuto a sapere che un bambino era caduto in mare, sfuggendo dalle mani dei genitori, ed era riuscito non so in che modo a raggiungere proprio una di queste zattere. Sono venuto a sapere che quel ‘bambino’ vorrebbe fare l’ufficiale di Marina”.

“Quelle nove ore interminabili”

“Sono state 9 ore di operazioni di soccorso, – prosegue De Falco – lunghe interminabili alle quali hanno partecipato in tanti mettendo a disposizione tutte le loro capacità, abilità e spirito di servizio sono stati tutti bravissimi: chi lavorava in sala operativa, gli equipaggi delle motovedette, degli elicotteri tutti bravissimi in un intervento così difficile tenendo conto che si trattava di una nave di 300 metri, al buio, riversa su un fianco e che nessuno dei soccorritori conosceva la nave. E giustamente sono stati premiati con le medaglie al merito”.

Capimmo che il comando della nave era reticente”

Dalla sala operativa avevamo a che fare con un comando di nave che, in particolare all’inizio, sembrava reticente nel dare informazioni che differivano da quelle che si ricevevano dagli stessi passeggeri. Venivano riferite informazioni mistificatorie, solo quando la situazione si era aggravata cominciarono dalla nave a dare informazioni veritiere. Tanto è vero che, a scapito anche della nostra carriera, dalla sala operativa decidemmo di inviare i soccorsi ancora prima che del sopraggiungere della richiesta. E quindi si mise in moto la macchina dei soccorsi ed è stato bello vedere le prime persone arrivare sull’isola del Giglio”.

“Avremmo voluto fare di più”

“La sensazione che rimane è contrastante perché avremmo voluto fare di più e forse se avessimo avuto la collaborazione necessaria avremmo potuto salvare tutti, non ci sarebbero state quelle 32 vittime. La nave in fondo aveva resistito nonostante una falla enorme e ci sarebbe stato il tempo di soccorrere tutti. – racconta ancora De Falco – Poi ho partecipato alle indagini e per l’inchiesta aperta e ho testimoniato al processo: una testimonianza quella del 9 dicembre 2013 durata sei ore durante la quale ho ricostruito fedelmente quanto accaduto quella tragica notte”.

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