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È la Formula 1, ma sembra un videogame: tutti i gran premi con l’occhio del pilota

SAKHIR. Con gli occhi del pilota. In diretta. Cosa vede e che violenza fa, la velocità. Sorpassi, incidenti, pioggia sulla visiera. Come stare sulla Ferrari di Charles Leclerc o di altri. Dal primo gp in Bahrain nel fine settimana, ecco la F1 più immersiva di sempre. Oltre il videogioco, altro che Netflix. Lo spettacolo è live. Tutti i caschi saranno predisposti per installare una telecamera minuscola omologata dalla federazione (Fia). In ciascuna gara, verranno scelti i piloti sui quali montare il “Driver’s Eye”, o helmet camera, il sistema più compatto e leggero al mondo per la trasmissione di immagini in diretta. 8×8 mm per 1,43 grammi. Sta su un polpastrello. Ed è tutto fatto in Italia.

“Siamo alla generazione 2.5, all’inizio era di 21x12mm per 2,5 grammi”, ci spiega Alex Haristos, ingegnere gestionale, 42 anni, italo-inglese nato a Stockport, vicino Manchester, da padre greco di Salonicco. È lui che ha sviluppato a Pisa questo gioiello con la ZeroNoise, azienda di elettronica acquisita poi da Racing Force Group, società ligure (Ronco Scrivia, Genova) che dal 1973 è leader dei prodotti per la sicurezza (“veste” dal 2012 il personale Fia, anche quelli che salvarono Grosjean dall’incendio) con i vari marchi (OMP, Bell Helmets, RacingSpirit e appunto ZeroNoise). Hanno una factory anche sul circuito del Bahrain. E frontiere che si allargano: vinta la gara per realizzare, con la LIFT Airborne Technologies americana, le calotte di carbonio per i top gun dell’Air Force statunitense. Haristos, chief operating officer del gruppo, si occupava di centraline audio per il rally quindi “è grazie al know how dei caschi Bell, indossati da oltre metà della F1, che è nato il Driver’s Eye. Molti ci hanno provato negli ultimi 25 anni, ma per ragioni legate alla sicurezza nessuno ce l’aveva fatta”. Bastava striminzirlo: è più piccolo della massima compressione dell’imbottitura del casco in caso di urto. Inserito in un foro all’altezza degli occhi, ha un supporto in gomma con angoli di correzione predefiniti, inferiori al millimetro, per adattarlo al pilota. Costo del prodotto? “Migliaia di euro. Ma noi lo offriamo come servizio alle varie serie”.

Ci vorrebbero almeno 24 mesi e minimo 30 ingegneri per sviluppare una diavoleria così. Invece gli italiani (6 nella ZeroNoise) lo hanno sfornato in 8 mesi: esordio nel 2019/20 in Formula E. In F1, nel 2021 in Belgio con Alonso. Su un casco di un’altra marca, nel 2022 nelle libere 2 di Abu Dhabi con Verstappen. È solo l’inizio. E all’inizio, un’avventura: “Esistono molte camere che registrano, nessuna che trasmette in diretta. Noi avevamo individuato la tecnologia, dovevamo tradurla per la diretta tv. La difficoltà è stata estrapolare il sensore e farlo lavorare nel casco mentre il resto dell’elettronica operava a due metri di distanza. I marchi più grandi hanno fallito. Ad alcuni ho chiesto aiuto, mi hanno respinto dicendo che era irrealizzabile. Anche grazie al mio sapere poco di telecamere, ce l’abbiamo fatta. La Sony, che prima neanche ci aveva risposto, l’anno scorso a Suzuka ci ha offerto gratuitamente tecnologia che non è sul mercato per collaborare con loro”.

Adesso il micro occhio lo usano in tanti: anche Nascar e Supercars australiane. E piace a molti altri sport: motocross, equitazione, regate e soprattutto sci. “Siamo in uno stato avanzato di discussioni, ma dobbiamo fare un ulteriore salto e rendere la tecnologia indossabile. Nel motorsport ci aiuta la macchina, lo sciatore ha solo il suo corpo”. Il corpo vede eccome, in diretta. (fonte REPUBBLICA)

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