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Ayrton Senna, moriva in F1 il 1° maggio 1994 a Imola. Il ricordo del pilota brasiliano nelle sue frasi celebri a 28 anni dalla scomparsa

Sono passati 28 anni dalla tragedia di Imola: il 1° maggio 1994 moriva Ayrton Senna, il pilota più amato della Formula 1, un eroe ancora oggi celebrato da chi all’epoca non era neanche nato. Come Charles Leclerc, ispirato dalla leggenda del brasiliano: lo ha conosciuto attraverso i racconti del papà, della gente che sulle curve di Montecarlo lo ha visto costruire la sua leggenda (5 pole e sei vittorie, record ineguagliati). Il ricordo di Ayrton non si è fermato alle 14.17 di quella maledetta domenica dopo lo schianto alla curva del Tamburello con la Williams (il giorno prima c’era stata la tragedia di Ratzenberger), alimenta generazioni di sportivi e non solo, molti dei suoi primati incredibilmente resistono al tempo (le 8 pole di fila, per esempio), eredità del suo straordinario talento.

Senna, il potere dei sogni

«Se una persona non ha più sogni non ha più alcuna ragione per vivere: sognare è necessario, anche nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita».

La generosità, l’impegno sociale di Ayrton

Questa frase aveva illuminato le strade del centro di Imola nell’autunno del 2020, in occasione del ritorno in calendario del Gp e testimonia il grande impegno di Ayrton Senna nei confronti dei bisognosi, un’opera di generosità che continua attraverso la Fondazione che porta il suo nome. «I ricchi non possono vivere su’isola circondata da un oceano di povertà. Noi respiriamo tutti la stessa aria. Bisogna dare a tutti una possibilità».

La fatica di essere numero uno. E di restarci

Questa frase Senna la pronunciò nel 1988 poco prima di vincere il titolo Mondiale, come ricorda Alberto Sabbatini nel bel libro «Senna, la magia della perfezione»: «La mia dedizione, la mia determinazione. Il desiderio di essere numero uno sono la mia forza. Voglio essere il più veloce e dare il meglio. Se sono diventato il numero uno significa che sono migliore di chiunque altro; dunque se riesco a migliorarmi, vuol dire che posso rimanere numero uno. So quanto è difficile diventarlo e so anche quanto è difficile mantenere il ruolo di numero uno».

Spingere sempre

Senna era famoso per prendersi dei rischi, per spingere sempre, ha avuto tanti incidenti per doppiare altri piloti che gli sono costati ritiri e punti. Avrebbe potuto amministrare, come faceva Niki Lauda. Quando gli chiedevano perché, lui rispondeva così: «Perché l’imprevisto è sempre in agguato, se mi capita un guasto o un lieve incidente che mi costringe a rallentare e ho soltanto pochi secondi di vantaggio finisco battuto. Se ho accumulato mezzo minuto o più di distacco, posso approfittare di quel margine per portarmi a casa la vittoria».

Il giro di Ayrton in trance, la pole a Monaco del 1988

È stata una delle pole più belle nella storia della F1. Nel 1988 a Montecarlo Senna tramortì Prost, rifilandogli a parità di macchina quasi un secondo e mezzo di distacco sulla pista più corta del campionato: «Ho fatto un giro veloce, poi un altro, poi un altro ancora. Avevo già la pole ma continuavo ad andare . Era come se la pista fosse diventata un tunnel e io lo stessi attraversando sfiorando i lati. Quando mi fermai ai box ebbi la percezione di avere toccato i miei limiti e quelli della macchina come mai prima».

Guerra e pace con Prost

Ricorda ancora il libro di Sabbatini uno dei tanti tentativi di tregua fra Senna e Prost, nel 1990: «Gli ho dato la mano ma lui dovrà dimostrare che quello che ha detto è quello che il suo cuore pensa davvero. Altrimenti non vale. Dovrà dimostrare con i fatti che vuole la pace, non solo con le parole come ha fatto qui davanti a tutti. Le parole non bastano, aspettiamo i fatti». In realtà solo dopo il ritiro di Alain, Ayrton capì l’importanza e il sentimento che nutriva verso di lui, una delle sule ultime frasi pronunciata nel warm up di Imola nel 1994, poche ore prima di morire, fu: «Alain, mi manchi». (Corsera)

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