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1 Maggio: il lavoro per morire

Una festa sulla carta. Non c’era nulla da festeggiare fino all’anno scorso con la crisi del lavoro, men che meno quest’anno con la pandemia che ha atterrato il lavoro di gran parte degli italiani. Poi c’è chi di lavoro muore  eppure ‘Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta’. Abbiamo preso in prestito questo testo pubblicato l’anno scorso da un gruppo di giovani gelesi e ricondiviso quest’anno da Giuseppe Passafiume.

“1° Maggio – Festa dei Lavoratori
Un pensiero, una riflessione, un ricordo di tutti quelli che hanno perso la vita nel mondo del lavoro.
Negli ultimi anni, anche in città si sono susseguite morti bianche.
Molti sono i lavoratori Gelesi che vogliamo ricordare oggi .. Gaspare Maganuco, 32 anni, sposato, padre di due figli, dipendente di una impresa edile gelese vittima da un macchinario mentre lavorava in un cantiere per la costruzione dell’autostrada Siracusa-Catania, C’è Giuseppe Accomando, capo coibentatore vittima mentre manovrava un muletto presso l’Enel di Piombino .. Francesco Romano vittima da una catasta di tubi all’interno della fabbrica eni.
Come dimenticare Carmelo passafiume, gruista dell’indotto, deceduto nel 2000 a priolo a causa di una deflagrazione in impianto o l’elettricista Totò manfre’, lavoratore dell’indotto eni folgorato da un cavo ad alta tensione .. ma ci sono pure Salvatore Vittorioso, travolto da un’esplosione sempre in raffineria, così come nella fabbrica del cane a sei zampe ha perso la vita Antonio Vizzini. C’è poi il lavoro diventato fatale per Giuseppe Fecondo, morto dopo un gravissimo incidente nell’area industriale ex Asi, o ancora per Gaetano Accardi, stroncato nei cantieri per la realizzazione della condotta idrica a Manfria, e per il quarantaquattrenne Massimo Iacona, vittima di una pala meccanica nella discarica Timpazzo. Ma di lavoro muore anche chi parte per cercarlo. La vita del ventisettenne Gianluca Caterini è stata spezzata in un cantiere nei pressi di Ascoli Piceno. Nuccio Pizzardi, invece, lavorava in raffineria a Ravenna quando venne schiacciato da un serbatoio. Lontano da Gela era Emanuele Semplice, il gigante buono sposato e padre di due figli, investito dall’accidentale esplosione di un compressore, il 9 febbraio.
C’è pure Mario Rampulla in questa triste list, morto all’interporto emiliano di Fontevivo, mentre manovrava un muletto. In territorio di Butera, Antonio La Porta, Vincenzo Riccobono e Luigi Gaziano, dipendenti di Rfi, vennero travoli da un treno in transito. La lista nera è ancora più folta se si aggiungono le decine di incidenti non mortali, che spesso comunque segnano la vita di chi li subisce. In città, dove il lavoro muore insieme a chi lo cerca , per loro non c’è nessuna commemorazione.
Sono morti e basta”.

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