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Il cacao delle nostre terre: la carruba. Non ne mangiate? Peggio per voi.

 

Di dott. Paolo Scicolone

E quando nel bel mezzo di quelle poche passeggiate autunnali in tempi di covid incontro la bottega che espone una cesta di carrube mi si accende il cuore. La Carruba. 

Ormai classificato fra i frutti dimenticati, meritevole senza dubbio di una sorte più dignitosa.

La conoscono bene l’industria alimentare, chimica e farmaceutica. Sono queste le forze esterne che sottraggono conoscenza ai popoli per sequestrarne i segreti, custodirli ed usarli per i propri scopi: rivenderci a caro prezzo e “per il bene della nostra salute” quello che poche generazioni fa era un bene di tutti, uomini ed animali, gratis (o a poco prezzo), e fonte di salute e spesso anche farmaco.

Le carrube rivestono storicamente un ruolo importante anche nell’alimentazione animale. Mangimi a base di carrube sono somministrati a cavalli (notoriamente particolarmente ghiotti di questo alimento), conigli, pollame, pappagalli e altri uccelli granivori, cosi come il bestiame ruminante. Non solo, sul mercato esistono biscotti per cani a base di carruba: i cani non possono mangiare il cioccolato perche contiene la teobromina, quindi alcune industrie hanno ben pensato di sfruttare la farina di carrube per la produzione di biscotti per cani. 

Pianta antichissima, non ancora precisa la sua origine ma senza dubbio mediterranea, appartenente alla famiglia dei legumi. Un albero di straordinaria forza e dall’incredibile resistenza, capace di trasferire queste proprietà, tramite i frutti, al nostro corpo.

Un grandissimo alleato contro l’obesità e il diabete e tutte le conseguenze a queste legate. Il baccello essiccato e i semi vengono utilizzati dalle industrie alimentari per produrre farine, surrogati del cacao, integratori, addensanti naturali.

Consumato tal quale a colazione, o in qualunque altro pasto della giornata, è in grado di limitare l’assorbimento di zuccheri, grazie non solo alla quantità e alla qualità di fibre di cui è ricchissima, ma anche ad altre sostanze.

Di questi legumi si trova traccia in testi antichissimi. Sono chiamate anche pane di San Giovanni perché pare che il Santo durante i lunghi periodi trascorsi nel deserto sopravviveva nutrendosi di carrube.

Andate un po’ in disuso, per le sue ricche proprietà che stanno alimentando numerose ricerche soprattutto in campo nutraceutico, disciplina in forte crescita, sarebbe conveniente riscoprirne l’uso.

Intanto per il particolare sapore, che vagamente richiama il cacao, ma tollerate anche da chi non può mangiare cacao, e per le preparazioni che se ne possono ottenere anche in casa.

Poi per gli aspetti salutistici, perché è una importante fonte di minerali, tra i quali spiccano calcio, magnesio, ferro, potassio. Ma, soprattutto, per la straordinaria qualità e quantità di fibre e sostanze bioattive che le rendono favolose alleate per chi convive col diabete, chi ha problemi di obesità ed ipercolesterolemia. Fra queste sostanze voglio sottolineare l’importanza di una: il D-PINITOLO che, ne sono certo, nei prossimi anni troverete sempre più diffuso fra gli integratori. 

Questa sostanza ha la capacità di abbassare la presenza di insulina nel sangue dopo un pasto e, nel contempo di regolare la glicemia. Questo è un dato rafforzato da recenti ricerche che può far capire l’importanza non solo ai portatori di diabete ma anche agli sportivi e a chi sta seguendo piani alimentari per perdere peso. Ma non finisce qui. Il D-Pinitolo sa ridurre la produzione di un ormone che si chiama Ghrelina. Sapete cos’è? È quell’ormone prodotto da alcune cellule dello stomaco che stimola la fame.

E anche questo fa la carruba: riduce il senso di fame.

Ve lo venderanno il Pinitolo, in comode compresse o gocce. Ma non cascateci, mangiate carrube. Perché nel complesso, con tutte le altre componenti, svolge un lavoro molto più efficace. La presenza di fibre, cellulose ed emicellulose, e di altre sostanze è in grado di limitare l’assorbimento di zuccheri anche nell’intestino. Una sorta di malassorbimento controllato che aiuta a limitare i picchi glicemici. E, straordinario nella straordinarietà, pur essendo un alimento ricchissimo di fibre insolubili è considerato un efficacissimo antidiarroico, per la capacità di eliminare dall’intestino tutte quelle tossine che portano a questi fastidiosi sintomi.

Purtroppo non si possono mangiare i semi (i carati, un tempo usati per la pesatura di sostanze preziose) perché duri, ma da questi si può ottenere una meravigliosa farina, che già l’industria usa abbondantemente e che spesso mangiate a vostra insaputa. Anche questa caratterizzata da sostanze in grado, fra le altre cose, di aiutare il controllo della glicemia e la perdita di peso.

Quindi, a chi vuole perdere peso, a chi vuole controllare la glicemia, a chi vuole ripulire intestino e cellule, a chi cerca fonti di minerali, agli sportivi, consiglio di utilizzare carrube. Non sarebbe bello rivolgersi alla natura per le nostre esigenze e riscoprire il millenario sapere dei nostri avi?.

 

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Un commento

  1. Da sempre amo le piante e la loro storia, già sapevo dei semi di carrubi/ carati usati come unità di misura perché sempre dello stesso peso e dimensione…ma la prima volta che ammirai questa stupenda e generosa pianta mi emozionai tornando con i pensieri ai nostri antenati che ne usarono ombra ,frutti e la loro farina.
    Stetti sotto quelle fronde godendomi tutti i particolari e l antica atmosfera.
    Adesso integrerò nella mia dieta questo dono della natura da lei descritto molto bene.
    Grazie
    Sara

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