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FOCUS: Ecco dove il Covid uccide di più: la mappa delle Regioni con più vittime I decessi causati dal Covid segnano

I decessi causati dal Covid segnano enormi differenze regionali dovute a molteplici fattori: è quanto emerso da uno studio dell'Osservatorio della Salute. La Lombardia ha sorpreso in negativo, ecco le possibili cause

Non si muore ovunque allo stesso modo: il Covid-19 colpisce diversamente ogni Regione italiana tant’è che esistono differenze significative, anche di quasi cinque volte, tra l’una e l’altra.

Ecco dove ci sono più decessi

È quanto emerso da uno studio approfondito dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica di Roma.

La Lombardia deteniene questo triste primato con un tasso di mortalità che ha toccato il 5,4% dei positivi mentre la Campania è la regione che ha fatto registrare il minor numero di decessi con l’1,3% dei positivi. Dall’inizio della pandemia al 14 dicembre, nel nostro Paese si sono registrati 65.011 decessi dei quali il 36,7% avvenuti in Lombardia, l’11,0% in Piemonte e il 10,2% in Emilia-Romagna. Il rapporto tra decessi e contagi (letalità), si attesta al 3,5% a livello nazionale.

Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità aggiornati al 2 dicembre, l’età media dei pazienti positivi deceduti per Sars-Cov-2 è 80 anni: l’andamento dell’età media dei pazienti deceduti positivi al virus, a partire dalla terza settimana di febbraio, è andata aumentando fino ad 85 anni (prima settimana di luglio) per poi calare leggermente sotto gli 80 anni a partire da settembre. Soffermando l’attenzione sugli ultimi due mesi della pandemia (ottobre-dicembre) che ha coinciso con la seconda ondata, si è evidenziato che i livelli di mortalità per Covid-19 nelle Regioni italiane variano in maniera sensibile a parità di prevalenza dei nuovi contagi e indipendentemente dalla struttura per età della popolazione residente.

Quali motivazioni? Queste analisi confermano quanto già emerso sin dall’inizio dell’emergenza Covid-19, cioè che la pandemia ha avuto intensità e letalità diverse: nel nostro Paese, la prima ondata ha essenzialmente “risparmiato” il Centro-Sud e le Isole rispetto al Nord martoriato (si pensi alla Lombardia ed alla provincia di Bergamo); la seconda, invece, a causa degli spostamenti legati alle vacanze estive, si è sviluppata su tutto il territorio, continuando però a evidenziare significative differenze tra Regioni, soprattutto rispetto al numero di decessi per Covid-19. Queste evidenze dovranno essere analizzate e comprese dalla scienza medica e dagli esperti di organizzazione dei Sistemi Sanitari perché le differenze riscontrate non sono attribuibili soltanto alla fragilità della popolazione anziana, quella più colpita dal virus. Diventa molto complicato capire e stabilire i motivi per queste differenze regionali che andrebbero ricercate tra un ventaglio molto ampio di fattori: carenze organizzative, ritardi iniziali nel comprendere la gravità dell’emergenza, deficit nei sistemi di tracciamento dei contagi, diversi livelli di aggressività del virus, comportamenti individuali e scelte dei Governi centrali e locali.

Il caso Lombardia

Un’altra possibile chiave interpretativa è che alcuni territori sono stati interessati da un livello elevato di mobilità, tutti quei luoghi in cui si svolge la maggior parte delle relazioni sociali ed economiche. Queste aree, con molta probabilità, sono state sottoposte ad un rischio maggiore di contagio: non a caso, la Lombardia è la Regione con la più alta intensità degli spostamenti ed è dove si è registrato un numero elevatissimo di contagi. Ma non è questa l’unica spiegazione.

“Livello di salute scarso”. “Le cause sono molteplici e sarà necessario fare uno studio su tutti i fattori. Alcuni già si sanno, tra cui il livello di salute di base dei nostri anziani: è vero che siamo una delle nazioni più longeve, gli anziani vivono di più ma con molte patologie. Di base, sono più malati rispetto agli anziani tedeschi o a quelli dell’Europa del Nord”: è quanto ci ha detto Roberta Siliquini, Professore Ordinario del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università degli Studi di Torino e membro della Segreteria Scientifica.

Inquinamento e Sistema sanitario. La Prof.ssa Siliquini mette in luce anche un fattore che, nei primi mesi della pandemia, alcuni studi legavano alla forte circolazione del virus tra alcune province lombarde, emiliani e piemontesi. “Può esserci, e meriterebbe uno studio approfondito, anche un fattore inquinamento: sappiamo che la Pianura Padana è la zona più inquinata di tutta Europa”. A fare la differenza in negativo, però, pesa moltissimo anche e soprattutto il Sistema sanitario di ogni Regione che “ha evidenziato lacune importanti che probabilmente non si erano evidenziate in precedenza grazie all’eccellenza dei professionisti. Lacune strutturali ed organizzative sono emerse in tutta la loro grandezza in negativo in un momento di crisi ed emergenza”, ci ha detto la Siliquini.

Curva dei decessi

“Sistema ospedalocentrico”. Ma perché la Regione Lombardia ha questa letalità? “Ha un servizio sanitario estremamente forte ma molto ospedalocentrico, la gente va a farsi curare per i tumori ed interventi complessi grazie all’eccellenza di Istituti che fanno sperimentazioni ma tutto questo è stato fatto a discapito del sistema sanitario per le cure primarie. Purtroppo, questa malattia necessita anche e soprattutto di una presa in carico estremamente rapida della sintomatologia”, afferma la docente. Attenzione, non è soltanto un problema lombardo: in quasi tutte le Regioni il sistema di cure primario ha totalmente fallito: per un tampone, persone anziane aspettavano anche 10 giorni sperando che i sintomi passassero da soli. “La presa in carico tardiva in soggetti già debilitati e malati, fa si che la prognosi sia decisamente peggiore”.

La differenza tra Regioni

Lo studio dell’Osservatorio sulla Salute mette in luce come la Valle d’Aosta, in rapporto agli abitanti, sia la Regione con il tasso di decessi Covid più alto in assoluto: 3,11 ogni 10mila, a fronte di un tasso di nuovi contagi pari a 150,4 per 10mila abitanti. Il dato sui decessi è particolarmente elevato se lo si confronta con quello della provincia autonoma di Bolzano la quale, per un numero analogo di contagi (151,7 ogni 10mila abitanti), ha una incidenza di decessi pari ad 1,94. Mortalità molto elevata anche in Friuli Venezia Giulia dove, a fronte di una incidenza dell’82,0 ogni 10mila abitanti, si osserva un tasso di decessi pari a 2,82 per 10mila. Anche in questo caso, si tratta di un rapporto tra decessi e numero di contagi elevato se confrontato con quello del Veneto: 88,5 contagi ogni 10mila abitanti e 1,87 decessi e con quello della Toscana, 85,3 contagi e 1,51 decessi sempre ogni 10mila. Le Regioni, invece, che hanno il rapporto più basso tra decessi e contagi nel periodo preso in esame (6 dicembre 2020) sono la Calabria (33,41 contagi e 0,47 decessi per 10mila abitanti), Marche (51,4 e 0,86), Lazio (62,78 e 0,95) e Umbria (77,59 e 1,25). A queste si aggiunge la Campania con 85,3 contagi e 1,1 decessi per 10mila abitanti.

Indicatore di pressione sul Servizio sanitario nazionale

“Evitare errori in futuro”. “La variabilità osservata nel nostro Paese si riscontra anche tra i Paesi europei”, commenta Alessandro Solipaca, Direttore scientifico dell’Osservatorio, che auspica “riflessioni attente sull’esperienza che si sta maturando in tutto il mondo, così da evitare errori e prevenire altre eventuali emergenze sanitarie future. Si dovrà stabilire – prosegue Solipaca – quali dei seguenti fattori hanno condizionato gli effetti e la dinamica della pandemia sulla popolazione: aggressività del virus, performance dei Sistemi Sanitari o dati incompleti a causa del sistema di tracciamento”.

“Non esiste digitalizzazione”

Un problema atavico del nostro Paese è anche una certa arretratezza (per essere gentili) tecnologica rispetto ad altri Paesi europei per non parlare di nazioni come il Giappone, distante anni luce. “Come sistema Paese soffriamo dell’inesistente digitalizzazione, soprattutto della sanità: molte Regioni, se sono ricoverata in un ospedale X, mi fanno una Tac e mi trasferiscono nell’ospedale Y, i medici non riescono a vederla e devono rifarmela”, ci ha detto la Prof.ssa Solipaca. “Non esiste un sistema informatico, di flussi di dati, che seguono il paziente. Quando è accaduto con il Covid, sistema informatico e dati non si parlavano tra di loro: così non so nulla delle patologie pregresse del paziente. Questo impedisce la cura tempestiva, il riconoscimento immediato dei pazienti più fragili, fa perdere tanti soldi per esami ripetuti ed impatta in modo negativo sulla qualità delle cure”, conclude.

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