Giornalista sei tuRubriche

Cos’è la povertà……?

Ho sentito tante volte la parola “povertà” echeggiare e risuonare come qualcosa di autentico e realmente presente, specialmente a Gela. E finalmente arriva anche un “fondo” che aiuterà tanti bisognosi…bene. Tutto regolare.
Nessun problema.
Anzi, un grande inchino a tanto interesse per i più deboli. Il mio, in prima fila.
Tuttavia, sorge spontanea la più scontata delle domande:
” Cosa è la povertà, per ognuno di noi?”
C’è una definizione uguale per tutti?
Non so.
Io dico la mia…per ora.
Povertà è dignità.
Dignità che non si misura da uno scaldabagno rotto, un portafoglio vuoto o una stanza senza riscaldamento, ma da un volto che soffre, tace e spesso non chiede.
Povertà è silenzio.
Il silenzio di quei tanti invisibili finiti per strada, additati con disprezzo da qualche passante come “morti di fame”, ovvero con l’insulto peggiore che un uomo può pronunciare nei confronti di un altro uomo.
Quello, però, è un uomo.
Un essere umano. Una storia.
Un percorso. Una vita vissuta.
Sembra assurdo, ma è così.
Povertà è differenza.
Il peso del ceto sociale, del conto in banca, della cultura, della ricchezza e del prestigio. Un peso, enorme e lacerante che divide ed emargina.
Povertà è abbandono.
La luce che non c’è, il rubinetto dell’acqua che non scorre, il frigorifero vuoto…e poi ci si chiede come andare avanti e quali soluzioni trovare.
E non sempre le soluzioni sono a portata di mano.
Povertà è assenza.
Assenza che non si quantifica nel cibo o nelle bevande, ma nell’indifferenza generale, nella prospettiva di un cuore che chiede di essere solo ascoltato e non trova amore, né calore.
Povertà è coscienza.
La coscienza di ogni cittadino, che dovrebbe capire il senso delle mie parole, che non desiderano nascondersi in banali moralismi, ma in semplici spunti di riflessione.
Sì, perché occorre riflettere e dare nome alle persone, le quali rimangono persone prima di essere povere.
Non è una colpa essere poveri, perché si può rimanere dignitosi, puliti, corretti e generosi al di là di qualunque condizione economica.
Invito chi ha precise responsabilità a livello istituzionale a creare reti di solidarietà come atto di confronto e dialogo, come possibilità per costruire nuove relazioni, intese come scambio sociale di sicura efficacia.
Ci sono poi povertà peggiori…pensiamo a quelle dettate dalla violenza e dall’ignoranza, dalla prepotenza e dal sopruso, dall’arroganza e dalla mancanza di empatia…la povertà di mezzi, invece, non ha mai danneggiato nessuno.
Aiutiamo con un sorriso, uno sguardo, una mano tesa con gentilezza.
Ricominciamo dai piccoli gesti, perché il servizio sociale parte ha bisogno di emozioni e di colori umani.
Ripartiamo dal “noi” per allontanarci da quell’io spesso sordo a specifici segnali d’allarme, come momenti di sconforto o di depressione.
E saremo gelesi, fino in fondo.
Marco Di Dio
Mostra Altro

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button