Archeologia e storia del territorio gelese

Caltanissetta reperto trovato, subito esposto; per quelli di Gela ci rivolgeremo “a chi l’ha visto”

Ogni ritrovamento archeologico suscita sempre emozioni, curiosità e riaccendere speranze di rilancio culturale. I gelesi vivono questa esperienza con regolare frequenza, l’attività di archeologia, preventiva, i rinvenimenti casuali, i sequestri e le regolari campagne di scavo, queste ultime sempre più rare e sporadiche, continuano a restituire reperti di grande valore storico e artistico.
Ogni scoperta archeologica in città continua sempre a stupire e restituire importanti testimonianze storiche e reperti di enorme valore storico e artistico. Alle puntuali scoperte, quando si ha la bontà di farne comunicazione, si ripete sempre lo stesso copione: figure istituzionali, che sullo slancio dell’entusiasmo mediatico, si lasciano andare a dichiarazioni, oltremodo ottimistiche e spesso funzionali all’autopromozione, di rilancio culturale e dell’immancabile ed esageratamente abusato, rilancio turistico, per poi dimenticare il tutto immediatamente dopo.
La reazione della collettività è speculare, ipnotizzata da tanta esposizione di proclami, sovrapposizioni di migliori intenzioni e rumore mediatico, i gelesi passano dalle concrete speranze, alla profonda delusione e mortificazione dei desideri di rilancio in pochissimo tempo.
Le scoperte, dopo tanto sterile strombazzare, vengono ricoperte e i reperti trasferiti chissà in quali depositi, nella migliore delle ipotesi a Gela nei depositi di Bosco Littorio, nella peggiore, come spesso accade, a Caltanissetta. Negli ultimi vent’anni sono venuti alla luce reperti importantissimi, molti cittadini hanno contribuito con spontanee donazioni, molti sequestri sono stati effettuati dalle forze dell’ordine, ma quanti di questi reperti sono stati resi fruibili in città attraverso mostre o restituzioni al suo museo archeologico? Pochissimi e tutti grazie alla sensibilità della soprintendenza del mare, guidata dal compianto Professor Sebastiano Tusa, altri reperti sono arrivati nel museo archeologico di Gela grazie all’impegno di comuni cittadini, dalla soprintendenza di Caltanissetta, nulla, al contrario, consistenti sottrazioni di importanti reperti a beneficio del museo di Caltanissetta, il tutto scavalcando e non tenendo in considerazione ne principi di storicizzazione e musealizzazione, ne tantomeno quelli scientifici della rigorosa e corretta contestualizzazione.
Quale pertinenza storica, e geografica, hanno reperti del Dessueri, Monte Maio, Monte Bubbonia, con Caltanissetta? Quali criteri hanno permesso lo svuotamento dei depositi del nostro museo di ingenti quantità di reperti, con reperti prelevati anche direttamente dalle vetrine, in favore del museo di Caltanissetta?
L’archeologia non può seguire metodi di contestualizzazione legati a principi politico-amministrativi, o al desiderio di possedere a tutti i costi importanti collezioni archeologiche, questi sono criteri ottocenteschi , purtroppo ancora applicati, senza scrupoli, da musei e collezionisti stranieri attraverso il mercato illegale di opere d’arte.
La cosa peggiore dei trasferimenti, oltre all’annullamento dell’originario percorso espositivo del museo di Gela e della sua funzione didattica, è il disinteresse degli enti incaricati alla tutela del bene storico, di porre rimedio al danno provocato da assurde decisioni del passato.
Di pochi giorni fa è la notizia del ritrovamento di una matrice in terracotta, databile tra la fine del VI secolo e gli inizi del V secolo a.C. nel sito archeologico di Gibil Gabib. Un privato cittadino, il Magistrato Francesco Lauricella, in servizio al Tribunale di Caltanissetta, ha, giustamente, consegnato questo reperto alla soprintendenza di Caltanissetta, la stessa lo ha immediatamente girato alla direzione del parco archeologico di Gela. Il reperto si trova già nel museo di Caltanissetta ed è stata annunciata già da ora, dopo opportuna schedatura e dopo essere stato inventariato, la futura esposizione dello stesso nelle vetrine del museo del capoluogo di provincia.
Come giustifica la soprintendenza di Caltanissetta la differenza di trattamento tra il museo di Gela e quello di Caltanissetta? Sentiremo sempre le solite solfe legate alla competenza sui reperti tra diversi enti?
I reperti archeologici, indipendentemente dall’ente a cui spetta, o è assegnata, la conservazione, soprintendenza e parco archeologico nel nostro caso, rimangono beni della collettività, niente impedisce che vengano resi fruibili nel loro contesto di appartenenza, come correttamente è stato fatto in questo caso, se non il disinteresse o la volontà a non procedere in questa direzione.
Molti musei siciliani hanno visto integrare le proprie collezioni con reperti, di recente, o relativamente recente, scoperta, dopo opportuno restauro e studio. Questa circostanza a Gela si è verificata solo grazie alla soprintendenza del mare e all’impegno di privati cittadini, la soprintendenza Caltanissetta ,ormai da molti lustri, non ritiene opportuno scegliere Gela come sede dei reperti ritrovati in città e nel territorio circostante legato intimamente alla sua storia. Reperti gelesi, rinvenuti anni fa e più volte pubblicati, continuano a raccogliere polvere in depositi spesso sconosciuti, al contrario quello che di particolare od interessante viene scoperto nei dintorni di Caltanissetta viene immediatamente catalogato, inventariato ed esposto .
All’interno del museo di Caltanissetta è presente una vetrina contenente reperti sequestrati a Gela, anche in questo caso i reperti, subito dopo il sequestro, trovarono immediatamente spazio nel percorso espositivo del museo nisseno. Che fine hanno fatto tutti gli altri reperti sequestrati in città o donati spontaneamente?
La restituzione spontanea è sempre un un’atto nobile e meritevole di encomio, il riconoscimento maggiore è vedere premiata questa azione con un’atto concreto di valorizzazione, come l’esposizione in un museo, ma allora perché delle innumerevoli restituzioni spontanee fatte dai gelesi e dei sequestri fatti in città, a Gela non abbiamo visto un reperto?
Aspettiamo una risposta dalla soprintendenza, oltre alla rassicurazione che questi reperti non siano già al museo di Caltanissetta. Dalla direzione del parco attendiamo notizie sulla riapertura del museo archeologico, dopo la demolizione del vecchio ampliamento si sono fermati, rimane solo la visione, non proprio gradevole , di un cantiere sospeso e di un prospetto dell’edificio in condizioni pietose.
Al tema delle restituzioni è particolarmente sensibile l’assessore regionale Alberto Samonà, impegnatissimo su vari fonti e protagonista della recente restituzione di un frammento del Partenone al governo greco.

L’occasione di questa restituzione è stata accompagnata da una sua dichiarazione: “Un importante ritrovamento reso ancora più prezioso perché la sua consegna alla Soprintendenza è frutto di quella responsabile e proficua collaborazione dei privati cittadini. Siamo tutti custodi di ciò che la storia ci ha consegnato. Avrò il piacere di incontrare il dott. Lauricella che ai nostri occhi è un testimone di bellezza”.

Molti cittadini gelesi sono impegnati in attività,  resa in maniera totalmente volontaria, e sono ugualmente testimoni di bellezza, ma ogni loro aspettativa è puntualmente frustrata e mortificata.
   
Questo rinnovato sentimento di riconciliazione culturale vede esclusa Gela, come sempre. L’assessore tanto sensibile nei confronti della diaspora dei reperti e impegnato attivamente a risolvere annose e imbarazzanti situazioni, ad oggi snobba Gela, le sue problematiche legate all’archeologia e non sembra intenzionato, al contrario di quanto fatto con realtà distanti da quella siciliana, a provvedere al recupero di quanto sottratto, sin dalla sua istituzione, al museo archeologico gelese e al municipio di Gela, sottrazioni, con le dovute differenze, che non differiscono molto dalle vicende legate ai marmi del Partenone.
In ultima istanza ai gelesi non rimane alto che appellarsi, come il comitato per la restituzione dei marmi del Partenone, ad un’organismo internazionale, marcando il fatto che le richieste di restituzione non sono rivolte ad un museo , o musei , esteri, ma ad enti regionali siciliani.
La soprintendente di recente, con la premessa che in fondo siamo un’unica provincia, ha voluto minimizzare sulla questione dei trasferimenti a Caltanissetta: ” pochi cocci , nessun reperto integro o prelevato dalle vetrine del museo di Gela“.
Sorprende che la soprintendente ignori il fatto che una buona parte delle collezioni del museo di Caltanissetta sono composte da reperti integri prelevati direttamente dalle vetrine del museo di Gela, in barba ad ogni principio di storicizzazione e musealizzazione e dai suoi depositi.
Quanto detto dall’architetto Daniela Vullo a proposito di un’unica realtà provinciale, vista la differenza di trattamento tra le realtà di Gela e Caltanissetta, non è credibile.
A breve aprirà i battenti la mostra “Il ritorno di Ulisse “, quale migliore occasione per mostrare volontà, interesse e le migliori intenzioni verso il ritorno , definitivo , dei nostri reperti.
Vedremo la reale consistenza e il reale livello di sensibilità del governo regionale nei confronti delle restituzioni, vedremo se la soprintendenza dopo anni di dirottamento reperti e promesse mai mantenute, ne esiste un elenco sostanzioso, permetterà alla città di riappropriarsi materialmente del proprio patrimonio storico attraverso la restituzione dei reperti al museo di Gela e del nascente Museo a Bosco Littorio.
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