Politica

La missione russa del 2020. Conte dice che non sapeva.

Nel marzo del 2020, quando la delegazione russa arrivò in Italia in piena emergenza pandemia, Giuseppe Conte era presidente del Consiglio. Ora, dopo che Mosca ha rinfacciato al nostro Paese l’aiuto di quei giorni, il leader dei Cinque Stelle al Corriere spiega che in quei giorni ebbe «colloqui con i leader di tutto il mondo che mi cercarono per manifestare solidarietà per quello che stava accadendo in Italia e per aiutarci. Tra questi anche Putin, che si offrì di mandare personale specializzato. Mi disse che loro avevano maturato grande esperienza su come affrontare le pandemia perché avevano avuto la Sars. Noi eravamo in grandissima difficoltà. Non avevamo mascherine, non avevamo ventilatori. I nostri esperti non avevano neppure un protocollo di azione e non avevamo neppure sequenziato il virus. Ogni aiuto era ben accetto».

Conte dice che informò il ministro della Difesa Guerini e degli Esteri Di Maio, ma anche «altri ministri». Putin «mi disse che la squadra era autosufficiente. Posso assicurare che tutto si è svolto con il nostro controllo militare». E aggiunge: «I direttori delle agenzie di intelligence Aise e Aisi hanno assicurato che non c’è mai stata attività impropria che ha travalicato dai confini sanitari. Lo hanno riferito anche di fronte al Copasir specificando che l’attività dei russi si è svolta nei limiti e nelle forme che sono poi state concordate con le autorità sanitarie. Le insinuazioni, i dubbi e le perplessità mi sembrano assolutamente fuori luogo».

Secondo Conte, «non c’è alcun elemento per pensare che la loro attività e assistenza abbia travalicato i confini sanitari. Lo ripeto, i militari li hanno sempre affiancati. I riscontri che ho ricevuto sono stati di apprezzamento. Voler rileggere in modo strumentale e senza elementi concreti quello che accadde due anni fa alla luce del conflitto attuale mi sembra fuorviante».

Eppure il capomissione Sergey Kikot propose alla delegazione italiana di sanificare gli edifici pubblici. Se ne parlò in una riunione riservata alla quale parteciparono i vertici militari di Mosca e quelli italiani del Comando Interforze insieme ad esponenti del Comitato Tecnico Scientifico che collaborava con il governo. E alla fine, fa sapere il Corriere della Sera, tra le due delegazioni si arrivò allo scontro. Alla fine i russi eseguirono comunque una serie di interventi in ospedali e Rsa. Successivamente i russi arrivarono in Lombardia e lì rimasero per due mesi, collaborando con le strutture sanitarie e avendo libero accesso ai reparti.

Intanto, lo stesso governo Conte concedeva onoreficenze a personalità russe, compreso Alexei Vladimorovic Paramonov, che ha minacciato l’Italia. «Immagino che nel corso del tempo siano state assegnate onoreficenze a tantissime personalità russe. Non ricordo in particolare il nominativo di questo Alexei Paramonov, ma dai riscontri effettuati risulta che gli sono state consegnate su proposta del ministro degli Esteri e che la consegna della stella d’Italia è stata concessa dal ministero degli Esteri senza coinvolgere la presidenza del Consiglio», risponde. «Per quanto riguarda la revoca non so quali siano i precedenti, ma non sono affatto contrario che sia avviata subito la procedura».

Conte conferma di essere contrario all’aumento delle spese militari: «Dopo due anni di pandemia ci sono caro-bollette, caro-energia, famiglie in ginocchio che non riescono ad arrivare a fine mese e intere filiere produttive che rischiano di soccombere, credo che sia quantomeno fuori luogo programmare incrementi della spesa militare. Non mi sento di presentare ai nostri concittadini un aumento di queste spese senza prima aver risolto queste urgenze».

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