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Le esequie di Fabio: “non c’è una parola che spieghi la morte ma c’è una presenza, quella di Gesù ci fa sentire vivi”

Gela – Un folla commossa si è stretta attorno alla famiglia Iudica-Runza stamattina in occasione delle esequie di Fabio Iudica. La comunità parrocchiale della chiesa San Francesco ha pianto la morte di un fratello rubato alla vita. Un lavoratore, marito e padre, attivista cattolico che in poco meno di 30 ore ha subito una virata della vita che lo ha fatto passare al di là del muro, lasciando in lacrime i suoi cari. Le esequie sono state celebrate dal Vicario foraneo don Lino Di Dio, sacerdote – amico.

“Non avremmo mai voluto essere qui oggi in questo giorno di caldo, ultimi giorni di ferie, da trascorrere magari con Fabio a fare un bagno a mare, a Soverato o un passeggiata a Monte Covello o a Girifalco, ma oggi siamo qui nel dolore e nelle lacrime e ci stringiamo alla bella famiglia di Fabio: Oriana, Aurora,  Gaetano, Salvuccio, la cara mamma Francesca e il papà Franco insieme ai suoceri Salvatore e Caterina, i fratelli Gaetano, Salvatore e Maurizio, i fidanzatini dei figli, i cognati, i nipoti, i parenti e i tanti colleghi della Raffineria, amici e fratelli di cammino.

Il silenzio sembra l’unica voce adatta a un dolore così grande, a un mistero così fitto, a una morte che ci lascia attoniti. Se abbiamo l’audacia di rompere il silenzio, in punta di piedi, non è per pronunciare parole terrene e banali o preconfezionate: “come il Signore si prende i fiori più belli o se ne vanno sempre i migliori”… stupidità!   Siamo di fronte ad una immensa tristezza e credo che l’atteggiamento più giusto e autentico per il nostro cuore sia di quello di lasciar risuonare in noi la Parola del Signore che abbiamo ascoltato, senza la pretesa che questa sia la risposta immediata alle domande che vivono in noi. Non abbiamo la pretesa che il Signore ci risponda, ma abbiamo il desiderio che consoli il nostro cuore. Perché sono riassunte in un “perché” con accenti di desolazione, rabbia e sconforto, perché la morte provoca, sempre nella nostra vita, questa reazione, la morte è incomprensibile ed ingiusta soprattutto quando prematura ed improvvisa.

In un momento come questo, è difficile pronunziare parole che possono scendere nel cuore e sostenere i nostri tanti perché che si annidano in maniera insidiosa in ogni cuore. Forse solo il silenzio,  le lacrime e la preghiera sono gli atteggiamenti più giusti per sopportare il peso della morte improvvisa di un giovane marito e padre che con il suo sguardo profondo e intenso e il suo sorriso gioioso ci ha tutti contagiati. Il silenzio e le lacrime, quel fiume di lacrime sgorgate da chi ha conosciuto e amato Fabio e anche di chi, senza averlo mai incontrato, ne ha sentito parlare e letto in questi giorni. Non dobbiamo aver paura delle lacrime; sono come le acque del Battesimo che sgorgano sui nostri volti e ci ricordano le nostre fragilità e ci dicono che siamo umani, ma pensati da Dio per fare continue esperienze di Risurrezione. D’altronde per comprendere il Mistero di Gesù dobbiamo essere sempre più umani.

Non c’è una parola che spieghi la morte ma c’è una presenza, quella di Gesù e quella dei fratelli e delle sorelle, che mostra la vita, ci fa sentire vivi per sempre, condivide e comunica l’esistenza. Tutto questo si fa tra le lacrime. Pianse anche Gesù di fronte alla morte dell’amico Lazzaro, pur sapendo che di lì a poco lo avrebbe riportato in vita. Piangiamo anche noi di fronte alla morte del fratello e figlio Fabio, con la certezza che lo ritroveremo vivo, così come Gesù, il risorto, ha promesso ai suoi e di questo ci offre un segno in ogni pezzo di vita che saremo riusciti a ricostruire in chi ne aveva bisogno, donando noi stessi.

La Santa Parola sembra descrivere lo zelo che Fabio aveva per la casa del Signore. Vedete queste mura, questi lampadari, hanno il tocco di Fabio. Dio rivolge al re Davide queste parole: “Sono stato con te dovunque sei andato”; “ti darò riposo”; “il tuo trono sarà reso stabile per sempre”. Sono parole che osano perforare il velo della morte, che osano dire “sempre”, quando noi diciamo “finché”; osano dire “in eterno”, quando noi diciamo “ieri, oggi, forse domani”; osano dire “do la mia vita e la riprendo”, quando noi diciamo “voglio farmi la mia vita”. Ma sono queste ormai, che superano il tempo, le sole parole adatte, le parole svelate nelle quali Fabio ora è immerso.

A che sono serviti la bontà, l’onestà nel lavoro, avere sempre la battuta pronta, il non avere paura di nulla se non di una puntura, l’attenzione silenziosa e discreta verso i poveri, l’essere sempre disponibili e gentili, i suoi momenti d’intimità davanti a Gesù eucarestia al Santo Padre di mattina presto, la fede di Fabio? A cosa sono servite le tante preghiere salite al cielo da noi, dagli orfani che le nostre Suore assistono nello Sri Lanka, da tante persone sparse ovunque, quando il Signore non ci ha ascoltato? si non ci ha ascoltato! Di fronte a queste domande insidiose e ribelli nate dall’amarezza e dalla delusione, Gesù non indietreggia nei nostri confronti. L’amore di Dio che predilige l’orfano, la vedova e lo straniero, non si allontana dalla nostra vita, anche se in noi c’è l’amaro in bocca per una tragedia che non ci fa essere indifferenti.

Ed a noi viene da dire: “perché tutto questo è finito”, ma il Signore ci dice di cambiare la ‘parola’. Non è finito ma è compiuto, perché per tutti noi, per quanto possa essere unico, il nostro cammino si interrompe ed il problema rimane lo stesso. Il Signore ci assicura che al termine del nostro “pellegrinaggio terreno”, che è sempre comunque breve, c’è il compimento del disegno, che è la sua casa. Possibile che in un attimo svaniscano per sempre progetti, sacrifici, desideri, sogni?

Possibile che in un istante siano annientati l’amore ricevuto e offerto, le gioie e gli slanci di un’intera esistenza? Possibile che un incidente, lui che era così attento e prudente, possa cancellare per sempre la vita di un giovane papà pieno di vita? Noi sentiamo che se la nostra esistenza finisse con la morte, se le nostre speranze fossero destinate al nulla eterno, se i nostri passi terreni, spesso incerti e faticosi, scivolassero in un abisso oscuro, la vita intera perderebbe senso. Non siamo vittime di un ingranaggio che gira a vuoto; siamo dentro ad un immenso abbraccio, l’abbraccio di un Padre che ci attende “per sempre”, “in eterno”, donandoci una “vita” senza fine. Noi non vediamo quaggiù la luce piena, quella celeste in cui confidiamo sia ora avvolto Fabio; noi siamo, quaggiù, viandanti che si inoltrano di notte nei sentieri, ma non camminiamo però alla cieca, ma siamo dotati di una fiaccola, la fede; se non ci permette di vedere il cielo, illumina però i nostri passi; se non ci rende solare il sentiero, ci evita però di cadere nei dirupi; se non ci dà la visione del giorno, ci aiuta però a vincere la solitudine, a vedere altri che camminano con noi, ad avere fiducia che insieme raggiungeremo il traguardo.

È inutile allora cercare di svelare il mistero; la domanda “perché?”. La domanda  “Perché Signore hai permesso questo?”  percorre l’esperienza religiosa umana fin dal suo inizio, attraversa tutta la Bibbia e culmina sulle labbra del crocifisso: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. È umanissima, è autentica e sofferta. Il crocifisso, si il Crocifisso, Fabio amava fare e regalare croci, la croce.. Gesù stesso non ha avuto una risposta immediata sulla Croce: il suo “perché” è rimasto sospeso, tra lui e il Padre. “Perché Signore?”. La domanda rimane per adesso sospesa anche sulle nostre labbra e, come per Gesù, attende l’alba della risurrezione.

Al di fuori della fede non avrebbe senso, del resto, chiedersi “perché”; nella fede il “perché” si trasforma in una domanda diversa: “per chi?”. Il “perché” di Gesù diventa affidamento: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”; e in quel momento Gesù trasforma il “perché” nel “per chi”: per i fratelli e per il Padre.

La domanda vera, quindi, è “per chi”? Per chi ha vissuto Fabio, anzi, nella fede osiamo cambiare il passato in presente: per chi vive Fabio? Vive per noi, vive per la sua amata famiglia, per Oriana, per  Aurora,  Gaetano e  Salvuccio, vive per i suoi genitori particolarmente per suo padre cui puntualmente ogni giorno portava il caffè, vive in ognuno di noi per incidere nei nostri cuori le parole più vere, che resistono alla morte. La sua breve esistenza terrena, interrotta troppo presto, è una scuola per noi.

Ci insegna a distinguere l’essenziale dal superfluo, ad impegnare le nostre energie nelle cose che contano, senza disperderle nelle superficialità, nelle invidie, nei litigi, nelle frivolezze, nelle rivalità… come si scolorano, davanti alla vicenda di un giovane che muore, i troppi inutili impulsi che investiamo nelle cose che passano! È incredibile il concentrato di mondi nei quali si è impegnato Fabio, a lavoro, nelle amicizie, in parrocchia, alla Piccola Casa della Misericordia nel direttivo della Cooperativa Raphael: tanti interessi, vivere tante relazioni e svolgere tanti servizi, con dedizione e precisione, così esigente com’era. Sembra quasi che abbia voluto concentrare tutto in così poco tempo, Dio lo ha colmato di tanti talenti che ha saputo far circolare così come ci dice il Vangelo. L’esistenza umana non è impreziosita dalla lunghezza degli anni, ma dall’intensità con cui è vissuta.

Infine, ma soprattutto, Fabio vive per il Signore. Anche in lui ora si realizza la promessa fatta a Davide: “gli conserverò sempre il mio amore”. Quello di Dio è un amore che travolge la morte. Se già gli antichi ebrei erano riusciti a dire: “Forte come la morte è l’amore” (Cantico dei Cantici 8,6), noi cristiani diciamo: “più forte della morte è l’amore”, perché è l’unica realtà che rimane per sempre. Tutto passa, ogni cosa viene sequestrata in questa dogana suprema che è la morte; tutto tranne l’amore, perché Dio è amore (Prima Lettera di Giovanni 4,8.16). È questa la nostra destinazione, il traguardo del nostro sentiero. Mentre scorrono i giorni e cresce la famiglia dei nostri cari e degli amici che hanno oltrepassato la morte penso qui Fr. Antonio, don Spampinato, Antonio, Angioletto, Giovanni, Carmelo, Lilla e tanti altri, deve diminuire in noi la paura di affrontare la morte; il volto stesso dell’Eterno si riempie di volti; e si fa più forte l’attesa di abbracciarli nel Signore. La speranza cristiana si nutre della preghiera dei viandanti di Emmaus: “Resta con noi, perché si fa sera”. Senza di te il buio è fitto; con te le tenebre lasciano trasparire quei raggi di luce che annunciano una vita senza fine.

Ho voluto disegnare una costellazione di relazioni e di legami semplici perché come diceva il nostro San Francesco “Le cose semplici sono le più vere” che insieme fanno lo spessore di una persona. Perché noi siamo i nostri legami: siamo il frutto delle relazioni che riusciamo a costruire e a coltivare. Non è vero quel che ci si vuol far credere da parte di molti, e cioè che una vita per realizzarsi ha bisogno di assoluta autonomia, di illimitata indipendenza, di totale autosufficienza. Pensare questo significa solo creare l’anticamera della solitudine, dell’aridità e della morte. Solo chi non vuole soffrire non deve legarsi a nulla, ma abbiamo invece bisogno degli altri, di essere coinvolti nei progetti di molti, per riempire la nostra vita di significato, nei momenti brutti e nei momenti belli nelle nostre famiglie, nelle nostre  comunità ed io come Padre ne sento tutta la responsabilità. La nostra comunità è più povera perché va via un collaboratore autentico che non amava essere adulato o ringraziato pubblicamente, non litigava per avere i primi posti anche solo per salire brevemente sull’altare, sapeva che doveva farlo, perché questa Chiesa la sentiva la sua casa! Se oggi siamo qui in tanti a piangere Fabio, è perché egli si è legato a tutti noi, si è compromesso con noi, incrociando le nostre storie e spendendo la sua vita per noi, nelle diverse forme dei rapporti che egli ha costruito attorno a sé. Se tanta è la sofferenza, è perché veri sono stati – e sono, anche oltre la morte – questi legami. “Nessuno di noi vive per se stesso. Sia che viviamo sia che moriamo siamo del Signore” (Rm 14,7). A noi stanchi e oppressi Gesù dice: “Venite a me voi affaticati e oppressi e io vi darò sollievo”! (Mt 11,28). Cristo non ci spiega perché Fabio è morto ma non rimane a guardare. Lui è qui, vicino alla sua bara, come lo era nel momento dell’incidente e accanto a Lui nel suo letto così come è accanto ad ognuno di noi. Cristo non spiega, ma si cala nel buio delle nostre considerazioni sussurrandoci: “Io sono la Risurrezione la vita chi crede in me anche se morto vivrà”. (Gv 11,19). Questo sembra inutile, ma in realtà non è inutile. E’ la sua presenza che diventa risposta. È il mistero del seme che muore. Ci si accorge solo con il tempo che il seme che sembra morto in realtà germoglia. Poi da nuovi frutti. La giovane storia di Fabio non morirà mai, il bello che ha costruito rimarrà per sempre nel cuore di ciascuno, “perché la bellezza salverà il mondo”. Il regalo più bello siete voi: Aurora, Gaetano e Salvuccio che vi amava in modo così bello, come padre e amico, per il suo essere perennemente giovane e geloso dei suoi ragazzi, guai chi li toccava.

A voi carissimi, a te cara Oriana, certamente avete anche il dolore che il distacco da questa vita di Fabio si sia compiuto lontano da voi, senza il vostro abbraccio, affetto e parola. Cara Oriana è rimasto un saluto, un bacio sospeso… quella sottomissione in cui domenica insieme a Fabio abbiamo ascoltato in questo luogo come nel giorno del vostro Matrimonio e Lui ogni volta commentava ironicamente: “voi mogli siete sottomessi ai vostri mariti, voi mariti amate le vostre mogli”… Non vivete con questa afflizione, perché il Signore lo ha sicuramente preparato ed accompagnato in quel passaggio definitivo, facendolo anche per voi. Gaetano non sentire la responsabilità di tutto ma come diceva papà: piano, piano tutto si realizza … Aurora porta avanti i tuoi bellissimi progetti, Salvuccio inizia ad essere responsabile. Continuate, non confondetevi e non abbiate paura , non sentitevi soli, non deludete papà, lui sarà con voi! Perché si realizza in voi la Parola che abbiamo ascoltato: Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. Nostro oggi deve essere l’impegno e la responsabilità che dobbiamo assumerci davanti a Fabio di aiutare questi ragazzi a realizzare i loro sogni, qui veramente si capirà se vogliamo bene a Fabio, anche dopo che si spegneranno i riflettori di questi giorni.

Ricordiamoci che la nostra meta finale è la santità ma dobbiamo realizzare i nostri sogni così come ha fatto Fabio in questi 22 anni di matrimonio e ora stava pensando di realizzare i sogni dei suoi figli, aiutiamolo noi ora, tutti noi. Mai smarrire le coordinate del Paradiso che ci attende, dove ora si trova Fabio e un giorno lieti nel poterlo riabbracciare! Lui ci ha solo preceduto, ha corso più veloce; ora ci vede e ci guarda con i suoi occhioni biricchini, vispi e arguti. Dagli spazi luminosi del Vangelo ancora qualcuno ci dice: “Non cercate tra i morti colui che è vivo, non è qui è risorto” (Lc 24,5). Sapere che risorgiamo non ci toglie un grammo di sofferenza, ma ci apre gli orizzonti alla Speranza, per intravvedere anche nella morte, come attraverso il tempo, saremo capaci di incontrare frutti nuovi e Fabio sarà più presente di prima. Una presenza diversa sempre sorprendente, misteriosa, discreta e gentile, signorile,  così come era Lui sempre con la stessa eleganza nel cuore senza perdersi mai d’animo.

Ora tu caro Fabio non ci dai il permesso di rimanere richiusi nel dolore perché nelle mani forti di Dio ci guardi con il tuo volto luminoso e il tuo ampio sorriso sarà in ogni cuore nuova luce radiosa. Ci consola sapere che ora sei nel Coro degli Angeli, tu che eri di poche parole e ti vergognavi di cantare, lì nel giardino di Dio, dal quale saremo coinvolti da quel profumo che non abbandonerà mai il nostro fragile cammino. E saremo forti nella speranza per riconoscerti nell’eredità che ci lasci! Essere intensamente belli nel cuore, generosi nella casa e uniti nella Comunità! “Vai servo buono e fedele entra nella gioia del tuo Signore” entra in questa armonia del cosmo dove non ci sarà più fatica e dolore.

Caro Fabiuccio, fai sorridere il Cielo, così come sai fare tu, fai sorridere l’Immacolata che hai amato e servito, prega per noi, per tutti noi! Guardaci dal cielo tu che sei corso più avanti a noi e stai nella stanza accanto alla nostra, veglia sulla tua meravigliosa famiglia, sulla tua amata comunità e su tutti noi con la freschezza della tua preghiera che inizia a cantare l’alleluia pasquale che non avrà mai fine”.

Grazie Fratè, Ciao Bello!

don Pasqualino di Dio, Parroco

 

 

LEGGI L’OMELIA PER LE ESEQUIE DI FABIO IUDICA

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