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Conte si candida in tutta Italia. La Raggi attacca: “Vìola le regole”

Di sicuro è l’ennesima mutazione genetica, anche se per alcuni critici che rimarranno fuori dalle liste si tratta di «un golpe». Tra trucchi, postille e deroghe Giuseppe Conte sta costruendo un Movimento a sua immagine e somiglianza. Alla fine dei conti le uniche concessioni a Beppe Grillo sono state la conferma della regola del doppio mandato e lo stop al nome dell’avvocato nel simbolo. Anzi, pure il sì al tetto dei due mandati sta aiutando Conte.

Il regolamento per le candidature dei grillini sembra un involucro vuoto. Lo conferma lo stesso Conte, intervistato su Radio24. «Io ci metto la faccia. I cittadini mi troveranno in più circoscrizioni per cercare di portare avanti i principi e i valori del Movimento», spiega il presidente del M5s. E pazienza se nel regolamento per le autocandidature si legge che «il proponente potrà avanzare una sola proposta di autocandidatura», come gli fa notare Virginia Raggi in serata. Per Conte si parla di una corsa da capolista in cinque circoscrizioni proporzionali, probabilmente alla Camera in Puglia, Campania, Sicilia, Calabria e Lazio. Rischiando così di occupare spazio prezioso nelle regioni più ambite dai parlamentari in cerca di rielezione. Uno di loro si sfoga con Il Giornale: «Conte dovrebbe candidarsi in Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia per cercare di risollevarci dove non abbiamo nemmeno un voto». Tra i grillini circolano proiezioni sconfortanti. Al prossimo giro il M5s eleggerà una quarantina di parlamentari tra Camera e Senato. E, dato che a Conte spetta l’ultima parola sulle liste, sarà lui a decidere i membri della nuova pattuglia. Perciò gli viene in aiuto un’altra deroga, che permette l’autocandidatura in una regione diversa da quella di residenza. Un escamotage per assicurare il seggio a fedelissimi come la sarda Alessandra Todde, il friulano Stefano Patuanelli e il toscano Riccardo Ricciardi, che farebbero fatica a farsi eleggere a casa loro.

Nel proporzionale troveranno posto esponenti della società civile come gli ex magistrati Federico Cafiero De Raho e Francesco Mandoi, intanto il giornalista Michele Santoro smentisce la notizia della sua candidatura con il M5s. Ma il vero problema è nella ricerca dei candidati all’uninominale, che devono essere scelti dal leader. L’impresa è ardua, perché tutti sanno che il M5s non conquisterà nessun collegio maggioritario o al massimo uno in Campania. Così Conte si sta vedendo recapitare sempre la stessa risposta: «Mi candido all’uninominale ma voglio un posto anche nel listino». Via con il paracadute. E ancora, Grillo spinge per consultare la base con le parlamentarie, che secondo i rumors dovrebbero cominciare il 16 agosto, ma Conte punta al colpaccio e a selezionare personalmente le autocandidature. Con tanto di scuse sugli iscritti dimaiani pronti a sabotare la consultazione e sulla mancanza di tempo per organizzare il voto online. Solo la Raggi, componente del Comitato di Garanzia, cerca di stanare le manovre dell’avvocato. «Servono regole, chiare e da subito, per le parlamentarie. Ho posto la questione a Conte e a Grillo, va data una risposta immediata», scrive Raggi su Facebook, sempre più vicina al Garante. Un intervento a gamba tesa, quasi a sottolineare una violazione del regolamento da parte di Conte, che vuole candidarsi in cinque circoscrizioni.

Conte attacca il centrodestra e il Pd. «Hanno deciso così fin dall’inizio, in modo del tutto irrazionale e incomprensibile, dando uno schiaffo anche ai loro elettori, ne risponderanno al loro elettorato», dice sulla fine dell’alleanza con i dem. Quindi accusa Giorgia Meloni: «Io non prendo ordini da Washington, non faccio come la Meloni che va a Washington a farsi raccomandare per governare e poi parla di interesse nazionale». (ilgiornale)

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