PoliticaVerso le elezioni

Conte sfida Renzi ma…senza la scorta.

di Rocco Todero
Come sapete tutti oramai Giuseppe Conte a Palermo ha sfidato provocatoriamente Matteo Renzi a perorare l’abolizione del reddito di cittadinanza senza la protezione della scorta del senatore.
Il riferimento esplicito è alla quasi certezza che Conte avrebbe della reazione violenta dei palermitani percettori del sussidio di fronte a chi vorrebbe abrogarlo.
Le parole di Conte? Lo qualificano per il personaggio per quello che è.
Ma a noi interessa un altro aspetto della vicenda; un aspetto più generale.
Conte, e non solo lui, ritiene che il reddito di cittadinanza sia un diritto talmente fondamentale da giustificare l’eventuale utilizzo della violenza da parte di chi ne resterebbe privo.
Detto diversamente: chi non ha un lavoro avrebbe il diritto di pretendere da chi un lavoro ce l’ha, di essere mantenuto e questa relazione diritto (pretesa)/obbligo (di mantenere) sarebbe così “fondamentale”, assumerebbe un rilievo così marcatamente “costituzionale”, da giustificare anche ”l’appello al cielo”, l’uso della violenza per l’ipotesi del suo scioglimento.
Attenzione non è una boutade di Conte; non è un pensiero isolato. Dell’obbligo di solidarietà risuonano tutte le discussioni giuridiche nazionali (di responsabilità nemmeno a parlarne) e la Corte Costituzionale non fa altro che ricordarci che ciascuno di noi ha l’obbligo di solidarietà nei confronti di una sterminata schiera di soggetti.
Conte, in altre parole non fa altro che ribadire quello che secondo una certa dottrina, che è diventata diritto vivente, rappresenta l’essenza del nostro ordinamento giuridico: il cittadino viene al mondo con un carico di obblighi verso una moltitudine di sconosciuti che stanno peggio di lui e questo cittadino non può sottrarsi dal mettere a disposizione quello che possiede e produce a favore di chi ha meno.
Il nostro patto costituzionale, in altre parole, non è fondato sulla necessità di assicurare a ciascuno di noi la realizzazione della propria vita chiamando in causa lo Stato tutte le volte che i nostri diritti sono violati da condotte violente altrui. No, questo è il patto costituzionale dello Stato liberale.
Il nostro patto costituzionale si regge sulla necessità di far camminare mano nella mano tutti i componenti della comunità nazionale, cosicché ogni cittadino, volente o nolente, deve vivere per supportare gli altri. Un obbrobrio; un’indecenza.
Se ci pensate bene, ciascuno di voi ha una moltitudine di obblighi (e non sono tutti quelli che elencheremo) verso gli altri.
Si va da quelli più comprensibili, come aiutare chi per disabilità congenite non può sopravvivere da solo, al reddito di cittadinanza che dona tranquillità a chi è di sana e robusta costituzione ma deve vivere sulle tue spalle.
Il cittadino deve lavorare per pagare lo stipendio di chi è in cassa integrazione, di chi è disoccupato, di chi lavora solo stagionalmente. Il cittadino deve pagare la realizzazione delle case popolari, gli sgravi alle imprese che non riuscirebbero a stare sul mercato, l’assistenza sociale a migliaia di irresponsabili, i bonus, i contributi, i prepensionamenti; tutto in nome della solidarietà.
Insomma ciascuno di voi/noi non viene al mondo per farsi una vita tranquilla senza disturbare ed essere disturbato dal prossimo; no, veniamo al mondo per mantenere una schiera indefinita di sconosciuti.
Tutto ciò è stato possibile grazie ad un sistema democratico che si regge su una finta Costituzione che assegna alla maggioranza il potere di fare carne da macello dei diritti degli individui.
In un’assemblea in cui il 51% guadagna meno della restante parte, la decisione della maggioranza avrà sempre la forza di depredare la minoranza; il tutto democraticamente.
Quando è diventato legittimo tutto questo? Quando è iniziata questa deriva? Da quando siamo sotto il ricatto di quelli che, ritenendo di avere meno, hanno rivendicato il diritto di sottomettere chi ha di più?
Giuseppe Conte lo sa bene: tutto questo è iniziato quando la borghesia ha ceduto davanti alla minaccia e all’uso della violenza dei barbari. C’è una fase storica precisa ed è quella nella quale alla pressione violenta di alcuni movimenti che rivendicavano “diritti” come fossero caramelle si è risposto col suffragio universale e con la democrazia totalitaria.
Non ci date questo diritto? E noi minacciamo la rivoluzione? Ma il diritto che reclamate è un sacrificio che chiedete agli altri. Non ha importanza: o così o violenza!
Allora facciamo una cosa, è stata la replica, votiamo, discutiamo pacificamente e poi votiamo. E qui è scattata la trappola da cui non usciremo mai più.
La maggioranza può imporre, con una violenza diversa, quella elettorale, quella parlamentare, obblighi di solidarietà senza limiti, a tutti gli altri poveri cristi. Del resto, lo si decide democraticamente, no?
E attenti, perché se non accettate queste decisioni siete anti democratici e quindi giustificate l’eventuale uso della violenza.
Concludendo: il percettore del reddito di cittadinanza ha fame, voi dovete sfamarlo, la costruzione giuridica socialista/democratica dice che siete venuti al mondo per farvi carico di tutti quelli che stanno peggio di voi e che non potete rifiutarvi, pena la rivoluzione civile e la ghigliottina.
Cosa volete? Va così da circa 230 anni e Conte lo sa.
Mostra Altro

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button