Economia

Superbonus, professionisti ostaggio delle banche

La denuncia di Anc e Ungdcec: rischio di rifiuti o ritardi se i clienti non accettano le condizioni

Molti istituti di credito esigono che il cliente si faccia rilasciare il visto di conformità necessario per ottenere il Superbonus dalle società di consulenza con cui hanno sottoscritto convenzioni, escludendo così i professionisti.

Istituti di credito che suggerirebbero ai cliente di farsi rilasciare il visto di conformità necessario per ottenere il Superbonus dalle società di consulenza con cui hanno sottoscritto convenzioni. Una scelta consigliata «che sarebbe una condizione necessaria al prosieguo della pratica di acquisizione del credito da parte dell’istituto oppure, in casi meno gravi, farebbe proseguire la pratica con tempistiche notevolmente ridotte». È la denuncia fatta da Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili (Ungdcec). De Lise era già intervenuto negli scorsi mesi per denunciare le possibili criticità dell’ingresso di grandi realtà nel mercato del Superbonus. E non fu il solo a farlo; già a settembre, il presidente dell’Associazione nazionale dei commercialisti Marco Cuchel aveva denunciato situazioni simili, con clausole contrattuali che prevedevano proprio come l’adempimento venisse svolto da società in convenzione con l’istituto di credito.

«Arrivano numerose segnalazioni dai colleghi», le parole di De Lise, «che ci obbligano a una presa di posizione presso l’Abi, la Banca d’Italia e le Autorità competenti: Agcm e Consob. Troppo spesso, infatti, si verificano situazioni in cui alcuni istituti di credito, a seguito della sottoscrizione di convenzioni con società di revisione, agiscano e insistano, per non dire “obblighino”, affinché il visto di conformità previsto dal comma 11 dell’art. 119 del decreto sia rilasciato esclusivamente dalle stesse società. Questa scelta consigliata», prosegue il presidente dell’Ungdcec, «sarebbe una condizione necessaria al prosieguo della pratica di acquisizione del credito da parte dell’istituto oppure, in casi meno gravi, farebbe proseguire la pratica con tempistiche notevolmente ridotte. Al contrario, se il visto di conformità fosse rilasciato da un professionista, la pratica non sarebbe presa in carico oppure lavorata con tempistiche lunghe sino ai cinque mesi. Tale comportamento è censurabile poiché viola principi fondamentali sui quali è basata la nostra professione e il libero mercato».

Secondo De Lise, in questo modo verrebbe «calpestata la libertà di scelta del cliente, costretto ad annullare il rapporto di fiducia che è intrinseco nel mandato professionale, essendo obbligato ad accettare un nominativo imposto senza averlo visto né conosciuto». Inoltre «viene lesa la concorrenza di mercato: imponendo una scelta, si ottiene come risultato l’esclusione di tutti i colleghi che non appartengono a determinate strutture». Infine, sottolineano dall’Ungdcec, con queste modalità la clientela «non potrebbe avvalersi dei propri consulenti di fiducia per la gestione delle proprie pratiche e per la tutela dei propri interessi. Al di là delle convenzioni, è il cliente che sceglie i suoi professionisti di fiducia (ingegnere, architetto, commercialista, avvocato) nonché l’impresa per eseguire i lavori relativi». L’ingresso dei grandi player nel mercato del Superbonus, come detto, non è stato trattato solo dall’Unione nazionale giovani commercialisti. Già lo scorso settembre (si veda ItaliaOggi del 18 settembre 2020), l’Ordine dei commercialisti di Reggio Emilia aveva organizzato un forum dedicato al 110% dal quale emersero una serie di problematiche legate alla convivenza tra professionisti e grandi società di consulenza e di revisione. Secondo il presidente dell’ordine Aspro Mondadori, oltre alle problematiche legate alle scelte condizionate dagli istituti di credito come nel caso del visto di conformità, potrebbero emergere una serie di criticità per i compensi dei professionisti: «Se una società di consulenza che fa da supporto a una grande banca si rivolge a un singolo professionista per l’asseverazione e offre un compenso basso approfittando del suo ruolo, si perderà qualsiasi minimo beneficio dall’ingresso dei grandi player e, anzi, rimarrà solo la loro concorrenza nei confronti degli studi». (Italia oggi)

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