Economia

Crisi Lukoil, l’Abi rifiuta la trattativa. Il ministro: “Potrei nazionalizzare l’azienda”

Le banche non sbloccano la vertenza Lukoil, dopo l’annuncio del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, di un suo pressing sugli istituti di credito attraverso l’Abi (Associazione bancaria italiana) per concedere le linee di credito alla raffineria. Nel vertice romano a Palazzo Piacentini è stato il tema centrale del tentativo di salvare lo stabilimento di Priolo che dal 5 dicembre non potrà più importare petrolio greggio da Mosca ma che da mesi non può più comprarlo da altri Paesi perché nessuna banca è disposta a garantire gli acquisti malgrado Lukoil sia formalmente svizzera e non colpita da sanzioni.

A rassicurare il mondo bancario non è servita la lettera di garanzia del ministero delle Finanze e neanche l’annuncio di Urso sulla disponibilità di Sace, finanziaria del Mef, a fornire garanzie. Secondo le banche, il rischio di sanzioni secondarie rimane e sotto traccia spiegano che né Sace né il Mise hanno chiarito la natura e l’entità delle garanzie offerte. Gianfranco Torriero, vice direttore vicario dell’Abi, si affida a una nota ufficiale in risposta all’intervista rilasciata a Repubblica dal governatore Renato Schifani, che in realtà riprendeva la posizione del ministro Urso che aveva chiamato in causa l’Associazione bancaria. “L’Abi non è stata invitata – scrive Torriero – e non è mai stata invitata a tavoli che affrontano singoli casi aziendali, perché per normativa antitrust deve astenersi dall’essere coinvolta nelle scelte gestionali dei propri associati. L’Abi è un’associazione privata di banche e società finanziarie, tutte private e in concorrenza tra loro e non può, e per legge non deve, svolgere alcuna funzione di vigilanza, indirizzo o controllo verso i propri associati, in particolare con riguardo alle scelte imprenditoriali e alle relative politiche gestionali”.

Le banche non sbloccano la vertenza Lukoil, dopo l’annuncio del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, di un suo pressing sugli istituti di credito attraverso l’Abi (Associazione bancaria italiana) per concedere le linee di credito alla raffineria. Nel vertice romano a Palazzo Piacentini è stato il tema centrale del tentativo di salvare lo stabilimento di Priolo che dal 5 dicembre non potrà più importare petrolio greggio da Mosca ma che da mesi non può più comprarlo da altri Paesi perché nessuna banca è disposta a garantire gli acquisti malgrado Lukoil sia formalmente svizzera e non colpita da sanzioni.

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A rassicurare il mondo bancario non è servita la lettera di garanzia del ministero delle Finanze e neanche l’annuncio di Urso sulla disponibilità di Sace, finanziaria del Mef, a fornire garanzie. Secondo le banche, il rischio di sanzioni secondarie rimane e sotto traccia spiegano che né Sace né il Mise hanno chiarito la natura e l’entità delle garanzie offerte. Gianfranco Torriero, vice direttore vicario dell’Abi, si affida a una nota ufficiale in risposta all’intervista rilasciata a Repubblica dal governatore Renato Schifani, che in realtà riprendeva la posizione del ministro Urso che aveva chiamato in causa l’Associazione bancaria.

 

“L’Abi non è stata invitata – scrive Torriero – e non è mai stata invitata a tavoli che affrontano singoli casi aziendali, perché per normativa antitrust deve astenersi dall’essere coinvolta nelle scelte gestionali dei propri associati. L’Abi è un’associazione privata di banche e società finanziarie, tutte private e in concorrenza tra loro e non può, e per legge non deve, svolgere alcuna funzione di vigilanza, indirizzo o controllo verso i propri associati, in particolare con riguardo alle scelte imprenditoriali e alle relative politiche gestionali”.

 

Un secco no, insomma, alla convocazione annunciata da Urso, prima ancora di averla ricevuta ufficialmente, e che complica ulteriormente la vertenza Isab Lukoil.

Il ministro a questo punto mette sul tavolo anche l’ipotesi di acquisire lo stabilimento. “L’azienda di Priolo – dice Urso in un’intervista a La Stampa – è un asset strategico nazionale sia per l’approvvigionamento energetico del Paese sia per la filiera dell’industria chimica. Stiamo perseguendo tutte le strade per garantire la continuità produttiva e occupazionale. Non escludiamo nemmeno la nazionalizzazione, come in Germania”.

 

 

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