Dai Comuni

Ricordando Nino Baglieri, un amico santo

Scrive il poeta Fabrice Hadjadj che il nostro ombelico è la nostra prima ferita che ci ricorda il dono della vita che abbiamo ricevuto. Non dobbiamo temere le ferite. Possono essere offerta di vita…
Questa è l’eredità di Nino Baglieri. La sua tragedia, il suo volo da una impalcatura di 17 metri che lo ha immobilizzato, dopo 10 lunghi anni di disperazione e di maturazione è diventata un canto di speranza per tanti…
Tutti siamo cercatori di felicità. La felicità ha però bisogno di maturazione. La felicità a buon mercato, quella che all’inizio sembra luccicante e seducente spesso porta al fallimento. La felicità è una meta, da trovare dentro e oltre il dolore.
Si, perché il dolore della vita può avere esiti diversi . Può farci diventare distruttivi o autodistruttivi o può renderci persone migliori.
C’è una sofferenza che può diventare maledizione per gli altri e per noi stessi.
C’è una sofferenza che può diventare percorso di pienezza, di bellezza, di ricchezza interiore. È la sofferenza che non ci vede soli e abbandonati, ma consegnati all’abbraccio dell’altro e di Dio. Nino Baglieri per 10 ani si è sentito maledetto da Dio e dalla vita. Il suo dolore non è diventato pazzia distruttiva o autodistruttiva perché ha trovato un grembo paziente e accogliente: prima il grembo della madre e poi il grembo di Dio.
Se il dolore, che la vita ci riserva, trova condivisione e accoglienza, se trova un senso, non impazziamo. Addirittura diventa occasione di beatitudine. Nino Baglieri immobile nella sua sedia a rotelle, con le sue migliaia di lettere scritte con la bocca, con le sue parole ci ha testimoniato che l’ amore e la speranza sono più grandi del dolore. Che la vita nonostante tutto è una grande e buona notizia.

Tonino Solarino

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